Oddio, i miei capelli... - aveva detto lei guardandosi allo specchio. Li aveva appena lavati ed erano lucenti e ricci e belli. Se li accarezzo' con delicatezza, attenta a non sciogliere i boccoli con le dita - e non ce la fece piu'. Scoppio' in un pianto dirotto e sconsolato, ripiegandosi sul lavandino perche' non riusciva a reggersi, squassata com'era dai singhiozzi.
Quella era stata la prima volta che aveva pianto da quando le avevano detto quello che le avevano detto e adesso, tre giorni dopo, quando tutto si era rivelato solo frutto dello zelo di un'ecografa ansiogena, non riusciva a crederci che di fronte alla prospettiva di un cancro alle ovaie l'unica cosa che l'avesse fatta piangere fosse l'idea, neanche fosse un Sansone femmina, che i suoi capelli sarebbero caduti per via della chemioterapia.
Non il precipitare della morte, o della sofferenza, che certo ci sarebbe stata - ma l'immagine dei suoi capelli che venivano via a mazzi, come aveva visto succedere a sua madre, e il pensiero di come avrebbe potuto fare poi - se indossare una parrucca o un cappello - e questo, questo si', le era sembrato insostenibile.
Lei riflette' a lungo su questo, cercando di scorgervi un qualche tipo di segno, ma era incapace di trovare una spiegazione, e quindi sospiro', come faceva sempre di fronte all'insondabilita' dell'animo umano - e ando' dal parrucchiere.