«Va all'inferno!»
La sua faccia era trasfigurata dalla rabbia. Il volto che avevo tanto amato, irriconoscibile. Le vene giugulari si gonfiavano sul collo. La bocca, con cui aveva sibilato quelle parole, era contratta, ridotta ad una linea tirata con forza da una matita rosso sbiadito.
Non lo sapeva che all'inferno c'eravamo già, noi due? E da un bel po' di tempo ormai. Non riuscivamo più a parlare di niente senza litigare. Litigavamo su tutto, persino su come trattare il nostro cagnolino, Red.
Già, il nostro cagnolino. La nostra casa, i nostri libri, la nostra macchina, i nostri amici... Tutto era, anzi è nostro.
Marina e Marco, la coppia perfetta.
Fino a qualche mese fa. Poi si era aperto un baratro di incomprensione. Avevamo cominciato a discutere per una banalità, non ricordo nemmeno più su cosa... Poco dopo siamo passati dalla discussione alla lite, finché tutto è diventato incomprensibile ed impronunciabile. Colpa mia, colpa sua. Non lo so. So solo che era un inferno e che l'unica cosa che volevo era che finisse.
Così stamattina gli ho detto: «Marco, va bene. Finiamola qui. Non è possibile andare avanti così. Facciamo qualcosa, smettiamola.»
«Stronza. Sei proprio stronza. Lo sapevo che avevi un altro!»
Sono rimasta di sasso. Ho balbettato qualcosa sul fatto che non intendevo smettiamo di stare insieme, che non aveva capito, che non mi ero spiegata, che non volevo... Non mi ha lasciato finire.
«Ah, non volevi! Era esattamente quello che volevi, questo. Smettila di prendermi in giro. Sei proprio stronza. Dovevo capirlo subito, quando ci siamo conosciuti. Una stronza egoista.»
Mi sono avvicinata a lui, per cercare di calmarlo con un gesto affettuoso, di quelli che avevamo dimenticato, una carezza, un abbraccio...
Ma lui mi ha preso per le spalle e mi ha scosso con violenza, poi mi ha spinto via, con forza, con rabbia...
Ed eccomi qui. Devo aver sbattuto la testa sul tavolo di marmo. Non so bene cosa sia qui, ma mi dica solo una cosa: non siamo all'inferno, vero?