Mia madre che legge

i sveglio e non so dove mi trovo. So dove mi trovavo, nel sogno. In primis, c'era il sole. E poi c'era mia madre, seduta come al suo solito sul divano di velluto color oro, con le gambe tirate su, raccolte, che leggeva un libro.

Mio padre guardava la televisione, mio fratello ed io litigavamo (sempre), mia nonna brontolava qualcosa (continuamente) e lei leggeva.

Mia madre lavorava come segretaria a ritmi da schiava (12-14 ore al giorno), mandava avanti la famiglia, la casa, la spesa, il bucato e quant'altro, ma in ogni momento libero, ivi compreso quando andava al bagno, leggeva.

Leggere era per lei importante quanto respirare, al punto che, a casa nostra, a volte mancavano i soldi per fare la spesa, ma mai per i libri. Avevamo il conto aperto in libreria come altri dal salumaio.

Mi raccontava sempre della biblioteca in una delle case patrizie in cui lavorava mia nonna come cuoca o cameriera, a cui aveva avuto accesso nelle volte in cui l'accompagnava.

Quello era il suo sogno di ricchezza, il suo sogno borghese: una stanza con le pareti coperte da una libreria di legno di ciliegio alta fino al soffitto e piena di libri, tanti da sapere che non avrebbe mai fatto in tempo a leggerli tutti, ma che erano lì, a sua disposizione, per aprirli e compulsarne qualche riga ogni qual volta avesse voluto.

Oggi, giorno in cui cade il mio compleanno - e speriamo non faccia troppo rumore - voglio regalarmi questa immagine. Mia madre che legge, e mi insegna l'altrove.

M