Le portulache si erano finalmente aperte al sole, mostrando i fiori rosa, rossi, gialli e bianchi. Lei non sapeva se le piacesse più la loro oculatezza - aprirsi solo quando c'è luce sufficiente, non sprecare a mostrarsi in una brutta giornata - o la magnificenza sfrontata della buganvillea, che si offriva comunque allo sguardo, incurante delle possibili conseguenze di un temporale o, addirittura, di una grandinata improvvisa.
Comunque, in quella bella giornata di maggio convivevano entrambe sul suo balcone in apparente perfetta armonia.
C'era una lieve piacevole brezza che temperava il sole già caldo, e lei stava lì e si beava di quella quiete mattutina. Essendo domenica, non c'era il solito rumore del traffico, solo qualche sporadica macchina attraversava i suoi pensieri leggeri ed inconsistenti - proprio come corolle di fiori, pensò, e da lì venne la riflessione sulla diversa natura di quei due tipi di piante, che entrambe tanto le piacevano.
E le veniva da dire, ma sempre in qualche modo lievemente, senza pesantezza, che ciò che la natura aveva separato in due specie, in lei era stato riunito. Non che si sentisse magnifica, ma a volte non disdegnava mostrarsi orgogliosamente, incurante di azioni e reazioni. Altre, invece, si teneva da parte, aspettava che ci fossero le condizioni più favorevoli prima di appalesarsi.
Solo, non aveva mai capito perché prevalesse una volta l'uno una volta l'altro di questi atteggiamenti ne' quale fosse il più consono. Sembrava, per lei come per la portulaca o la buganvillea, non esserci mai scelta, mai decisione. Ma questo, lo sapeva, l'avrebbe portata lontano - ed oggi era così bello il sole che davvero non ne aveva voglia, così smise di occuparsi delle due piante e si volse verso l'edera - verde, rigogliosa e - si sa, assolutamente senza fiori.