I Capelli

Sulla "Enciclopedia della Fanciulla" c'era scritto: quando salite in autobus legatevi i capelli, perche' altrimenti potreste dar fastidio a qualcuno. Pero' erano cosi' belli, lunghi, neri, ricci, appena lavati. E lei, che in genere li portava stretti in crocchie o trecce, questa volta aveva detto: no, li voglio sciolti. Con quel cielo azzurro, i primi vestiti leggeri - c'era come una voglia di amore nel suo scuotere la testa e lasciare che i capelli le accarezzassero le spalle. Una volutta' minore, ma intensa.

Per cui sali' sull'autobus con un sorriso sulle labbra, senza pensare ai moniti di quei tomi che aveva compulsato da ragazzina. Spesso la colpiva come uno stupore a pensare quanti anni fossero passati da quelle letture. Aveva ormai quasi cinquant'anni, ma se pur conosceva questa cifra, le sembrava quasi priva di significato, come se non avesse niente a che fare con lei e specialmente in giorni come questi, quando c'era il sole ed aveva i capelli sciolti sulle spalle.

Non c'era tanta gente sul "60" che prendeva ogni mattina per andare al lavoro, anzi, c'era addirittura un posto a sedere, vicino ad un ragazzo magrolino. Cosi' gli sorrise, chiese permesso e fece per sedersi. Ma un'improvvisa frenata del mezzo nel traffico romano le fece perdere l'equilibrio ed i suoi capelli finirono sulla faccia del vicino.

Questi sembro' quasi colpito da una frustata, comincio' a soffiare, sbuffare ed agitare le mani come se lo avesse avvolto un nugolo di zanzare, ma tutte queste mosse convulse ebbero solo l'effetto di far impigliare i capelli di lei nei suoi occhiali e sui bottoni della sua camicia.

La situazione era veramente ridicola: lei stava piegata, quasi come se fosse abbracciata al ragazzo, ogni movimento del quale le provocava la spiacevole sensazione che le stessero strappando i capelli. Gli chiese scusa e disse, aspetti, adesso provo a districarli. Ma il tizio sembrava veramente sconvolto, incapace di accettare quello che stava succedendo.

La gente intorno aveva cominciato a ridacchiare, ed anche a lei veniva da ridere. Ma a lui no, proprio per niente. Chissa' cosa avra' reso questo ragazzo cosi' severo con se stesso al punto di non saper ridere di una situazione come questa?, si chiese lei. E venne invasa da una sorta di tenerezza nei suoi confronti, anche se lui continuava a farla soffrire dibattendosi come faceva. Gli disse, passando improvvisamente al tu, stai calmo, vedrai, adesso risolviamo tutto in un attimo, e gli fece una carezza, poi comincio' a srotolare i capelli da dove si erano impigliati.

Ma lui non ce la faceva piu', e comincio' a strapparle i capelli, con rabbia. Il dolore non era fortissimo, ma quanto basto' a farla piangere. E' come non e', la tortura' fini'. Il giovanotto, liberatosi, scatto' in piedi come una molla e scese di corsa dall'autobus, inseguito dagli sguardi di riprovazione della gente, che pero' si era ben guardata dall'intervenire per aiutarli.

Lei anche scese, piuttosto scossa dall'avventura. Si vide riflessa in una vetrina: il vestitino leggero era ridotto ad un cencio. E i capelli, i capelli, i suoi bei capelli neri - tutti spettinati, con alcune ciocche strappate: un orrore.

Le lacrime cominciarono a scivolarle sul viso: piangeva senza ritegno, la gente la guardava e scuoteva la testa, prendendola per una povera pazza. Nessuno pero' si avvicinava. Tra un singhiozzo e l'altro comincio' a camminare, nemmeno lei sapeva verso dove. I suoi passi la portarono davanti all'ingresso di un parrucchiere. Entro'.

D'altronde c'era scritto sulla "Enciclopedia della fanciulla": per le signore di mezza eta', il taglio piu' adatto e' quello corto.