Io pietra

Quando l'uomo la raccolse dal greto di quel torrente - era una pietra giovane, relativamente parlando (parlando di pietre). Lucida tonda e venata di bianco era arrivata fin lì con una certa fatica, sbattuta da un masso all'altro senza alcun riguardo. A volte - va detto - era stato anche divertente e poi le aveva fatto venire una superficie bella liscia, ma nel complesso una gran faticata - e piuttosto rude, anche.

Poi, appunto, arrivò quell'uomo. E la raccolse.

Sentì questa materia morbida e pulsante e calda che la avvolgeva e carezzava e il suo reticolo ebbe come… Ah, impossibile spiegarlo. Ecco, come un ammorbidimento. Per fortuna, però, i legami tra le sue molecole non si ruppero, come quell'improvvisa tenerezza le aveva fatto temere. Perché in tal caso all'atto successivo dell'uomo, quel suo repentino scagliarla via, essendo una pietra, ne sarebbe morta.

Non la rimise al suo posto, quell'uomo, ma la ributtò nel torrente e lei, la pietra, dovette ricominciare a rotolare, sobbalzare, rimanere incastrata e poi essere liberata - ma con violenza, per una piena o un fulmine o un tronco che le sbatteva contro. Dopo un viaggio durato chissà quanto tempo - perché le pietre non sanno misurarlo - uscì da quel tunnel di rimbalzi e sobbalzi. Si ritrovò posata su una materia granulosa e morbida, che era sabbia. Davanti a lei, splendeva il mare.

NB: devo l'idea di questo breve scritto a Marco M., mio amico e maestro.