Era stata una giornata relativamente tranquilla, compatibilmente con lo stress del suo lavoro. E poi c'era questo incredibile e a tratti un po' inquietante prolungamento dell'estate: sembrava di essere nel mezzo di un incantesimo, sospesi sull'orlo di un inverno che non arrivava mai.
Prese l'autobus che l'avrebbe portata a casa e la buona stella di quel giorno sembro' averla seguita anche li'. Non era come al solito stracolmo di gente nervosa e sbuffante: posti a sedere non ce n'erano, ma si poteva stare in piedi in relativa comodita'. Cosi' si lascio' andare a pensieri vaghi, uno stream of consciuosness meno angoscioso del solito che le fece affiorare un sorriso alle labbra.
Che cazzo, ridi, stronza? - si senti' apostrofare da una voce femminile. Si guardo' intorno perplessa, dubitando che si rivolgessero a lei, ma curiosa di capire cosa stesse succedendo.
Dico proprio a te, stronza - le disse una signora dai capelli bianchi appena lei incrocio' il suo sguardo.
Era una signora molto distinta, con un impeccabile tailleur grigio, camicia di seta con fiocco annodato al collo, collana di perle: insomma, il prototipo dell'anziana di buona famiglia. La guardava con un paio di occhi neri duri come l'ossidiana, inferociti, come se avesse commesso chissa' quale colpa.
Lei, che i sensi di colpa li aveva sempre avuti a prescindere e se qualcuno le veniva addosso chiedeva scusa per prima, lo fece anche questa volta e disse: mi dispiace, non volevo...
Non volevi cosa, figlia di puttana? Mi guardavi e ridevi e dici che non volevi? - Lei, che la signora non l'aveva proprio notata prima che la apostrofasse con cotanta veemenza penso': sara' una povera pazza. Meglio lasciar perdere. Ma poi riflette' che se non le avesse risposto la signora avrebbe potuto ritenere che lei veramente aveva voluto deriderla e sentirsi ancora piu' ferita, cosi' prevalse comunque la sua voglia di comunicare e disse: Ma no, signora, a dire il vero non stavo guardando lei, mi era venuta in mente una persona e...
Sara' stato un altro stronzo fottuto come te - la interruppe la signora. Lei la guardo' a bocca aperta e si rammarico’ di aver violato, come sempre le succedeva, d'altronde, il primo comandamento di un cittadino: no eye contact. Cosi' abbasso' gli occhi - come avevano prudentemente gia' fatto tutti gli altri passeggeri dell'autobus - e non aggiunse piu' nulla.
Ma la signora non aveva intenzione di lasciar perdere. Che fai, non mi guardi piu', non parli piu'? Prima mi offendi e poi ti giri dall'altra parte? Tutti cosi', tirate il sasso e poi nascondete la mano - grido'.
Lei non resistette: signora, mi spiace (ancora!), ma non ho tirato nessun sasso. Comunque se vuole le chiedo scusa lo stesso, anche se non ho fatto niente.
Questa volta fu la signora a restare a bocca aperta: probabilmente non era abituata a che qualcuno continuasse ad interloquire con lei. La trafisse di nuovo con quel suo nero sguardo di pietra e poi, improvvisamente, fu come se il suo viso crollasse e comincio' a piangere - o almeno, a fare qualcosa di simile: le lacrime le scorrevano sul volto seguendo la fitta trama di rughe che lo segnava, ma non emetteva nessun suono, stava cosi', rigida, con lo sguardo fisso - e questi goccioloni che scendevano.
Lei si senti' morire. Non sapeva resistere a questo muto, inaccessibile dolore. Si avvicino' alla signora, la tocco’ lievemente con una mano e le disse di nuovo, Signora, mi spiace, ma davvero... Quella si scrollo' la sua mano dalla spalla, suono' il campanello, si alzo' come una furia e scese dall'autobus.
Cosi' lei resto' come pietrificata a meta' di quel gesto di conforto, con la confusa consapevolezza di aver tentato l'impossibile ed il rammarico di non esservi riuscita. Ma era arrivata anche la sua fermata.
Appena usci’ fuori, si accorse che aveva cominciato a piovere.