«Ne parleremo dopo.» «Dopo quando, quando avrai salvato il mondo?»
Luca scosse le spalle, insofferente allo sguardo e alle parole di Paola. Erano giorni che andava avanti così. Lui stava tracciando i cambiamenti climatici per cercare di trovare soluzioni per un'umanità alla deriva, a volte in senso letterale, e lei lì, che insisteva a riportarlo ai problemi di una quotidianità che fra poco avrebbe potuto non esistere più.
Non che non la capisse. Era sempre più difficile "portare avanti la casa", come si dice. L'acqua che scarseggiava, le lunghe code per il cibo, la vista della miseria che incombeva su tutti, il caldo umido che non faceva respirare. Ma lui era proprio di questo che si stava occupando, della possibilità di trovare una via d'uscita.
Certo, lo faceva dal suo laboratorio ben condizionato e non fra le strade polverose e sporche della città, come Paola, sempre a caccia degli ultimi limoni venduti a peso d'oro o dell'ultimo litro di latte. Però, chiaramente il suo lavoro era più importante.
Era lui che avrebbe potuto contribuire a dare una svolta alla loro vita, non lei, che si limitava a tenere duro e mandarla avanti.
Se ne andò sbattendo la porta, lasciando Paola a piangere lacrime di frustrazione e rabbia.
Se le asciugò con un gesto furtivo della mani quando i bambini si svegliarono. Quel giorno niente scuola, c'era un'epidemia di scabbia. Avrebbe dovuto portarli con sé, poveri bimbi. Li vestì rapidamente, con pochi gesti bruschi. Nico e Aurora già piagnucolavano, la vedevano nervosa e reagivano. Ma non poteva farci niente, bisognava uscire.
C'era un caldo terribile, nonostante fossero solo le otto di mattina. Davanti al camion cisterna dell'acqua si era già formata una lunga fila. Paola sospirò e si mise in coda. I bambini la tiravano da tutte le parti e doveva tener d'occhio il carrello con le taniche, diventate preziose come l'oro. Li strattonava, sgridandoli, ma niente. Nico a un certo punto sfuggì alla sua presa e dovette corrergli dietro, tenendo Aurora con una mano e il carrello con l'altra. Lo riprese, ma quando tornò indietro e cercò di riprendere il suo posto nella fila, quelli arrivati dopo le urlarono dietro e la minacciarono, così finì ultima. Le spettò l'acqua limacciosa del fondo della cisterna e solo una tanica.
La scena si ripeté più e più volte, per il pane e gli altri cibi che le riuscì di trovare. Tornò a casa esausta. «Mamma, guarda, c'è papà alla TV!» gridò Aurora. Luca spiegava quello che stavano facendo al Centro di ricerca. «Siamo lontani da una soluzione, ma non smetteremo di provarci,» disse, cercando di suonare rassicurante.
Lei, la soluzione ce l'aveva già. Smise di ascoltare suo marito e fece quello che doveva fare.
Luca tornò a casa a notte inoltrata e la trovò immersa nel silenzio. Con le luci tutte spente, si orientò grazie al lucore proveniente dall'esterno. Entrò in camera da letto in punta di piedi ma Paola non c'era. Forse era andata a dormire nella camera dei bambini, qualche volta lo faceva, quando erano particolarmente irrequieti. Ma non era neanche lì e non c'erano nemmeno Nico e Aurora.
Vuota, la casa era vuota. Sul tavolo, la lettera che la madre di Paola aveva scritto qualche giorno prima e che li invitava ad andare da loro, in un piccolo paese sulle Alpi dove c'era ancora acqua in abbondanza e la temperatura era sopportabile. Le discussioni fra loro erano iniziate da lì. La prese in mano e scoprì che sua moglie aveva aggiunto una postilla di poche righe indirizzata a lui. «Luca, se e quando avrai salvato il mondo, forse vorrai venire a vedere se si è salvata anche la tua famiglia. E se così non sarà, chiediti a cosa sia servito, salvare il mondo.»