DOMENICA PRIMA DI QUARESIMA
Le tentazioni di Gesù nel deserto.
(Mt 4,1-11).
Dopo aver ricevuto il battesimo di penitenza sulle rive del Giordano, Gesù, guidato dallo Spirito Santo, si ritirò nel deserto onde prepararsi, col digiuno e con l'orazione, alla predicazione del Vangelo. Ed ivi, dopo aver digiunato per quaranta giorni e quaranta notti, fu tentato dal diavolo, il quale voleva accertarsi in questo modo della sua divinità.
Non essendovi in Gesù passioni sregolate, queste tentazioni provenivano unicamente dall'esterno, ossia da suggestioni diaboliche, e non già dall'interno. Il demonio lo tentò di gola, di superbia e di avarizia: i tre generi di tentazione che trascinano maggiormente gli uomini al male. Egli permise di essere tentato da Satana, per dirci che la vita è una prova e per insegnarci il modo di superarla.
I nostri tentatori.
La tentazione non è altro che una sollecitazione al male. Ma da chi proviene questa sollecitazione al male?... Non certamente da Dio. « Nessuno dica quando è tentato: E' Dio che mi tenta; poichè Dio non è tentato al male, nè tenta » (Gc. 1, 13). Chi ci tenta sono i nostri spirituali nemici, ossia, il mondo, il demonio, la carne.
Ci tenta il mondo, con le sue massime perverse, diametralmente opposte alle massime di Cristo, e con i suoi tristi esempi, diametralmente opposti agli esempi di Cristo. Il mondo, infatti specialmente oggi - è tutto immerso nel male: « Mundus totus in maligno positus est » (1 Gv. 5, 19).
Ci tenta il demonio, il quale come dice S. Pietro - a guisa di leone che ruggisce fa la ronda attorno a noi cercando di divorarci: « adversarius vester diabulus tanquam leo rugiens, circuit quaerens quem devoret » (1 Pt 5, 8-9). Egli, da buon generale, studia i punti più deboli e poi li attacca. Con astuzia, non presenta un'azione evidentemente malvagia; presenta qualche cosa che ha un 'apparenza di bene.
Ci tenta, sopratutto, la carne; ossia la nostra carnalità col suo peso. E' il più terribile e insidioso fra tutti i nostri nemici, poiché è un nemico familiare, un nemico che abbiamo sempre con noi, di giorno e di
notte. « Unusquisque tentatur a concupiscentia sua abstractus et illectus » (Gc.1, 14).
Da questi tre grandi nemici, e non già da Dio, provengono tutte le sollecitazioni al male che noi proviamo, ossia le tentazioni.
Perchè Dio permette le tentazioni ?...
Iddio, però, quantunque non le causi, potrebbe indubbiamente impedirle, e invece non le impedisce ma le permette. Perche?… E' la domanda agosciosa che si rivolgono tanti. Perché?... Per diversi e sapientissimi motivi.
Le permette per provare la nostra virtù, il nostro cuore, come l'oro si prova col fuoco. E' ben vero che Egli la conosce, ma è utile che essa sia conosciuta anche da noi o da altri. « Tentat vos, Dominus, ut palam
fiat, utrum diligatis eum an non, in toto corde et in tota anima vestra » (Deut. 13, 3).
Le permette per offrirci tante occasioni di meritare il cielo, quel cielo che Egli vuol darci non già come semplice dono, ma come premio. « Beatus vir qui suffert tentationem; quoniam cum probatus fuerit accipiet coronam vitae » (Gc 1, 12). Superare una forte sollecitazione al male, è uno degli atti più meritori che noi possiamo compiere; e dopo una di queste vittorie possiamo davvero ripetere con l'Apostolo: « bonum certamen certavi... reposita est mihi corona iustitiae » (2 Tim. 4, 8).
Le permette per purificarci dalle nostre colpe, poiche la tentazione obbliga a continui, vigorosi e penosi sforzi per non soccombere.
Le permette per tenerci umili, poichè dinanzi alla tentazione si sente, si tocca quasi con mano la nostra grande debolezza, e quindi svanisce la nostra superbia, e ci sentiamo spinti a diffidare di noi, a ricorrere a Dio, gettandoci fra le sue braccia, e gridando al Signore: « Salvaci! ».
« Ne magnitudo revelationum extollat me, datus est mihi stimulus carnis meae, angelus satanae qui me colaphizet. Propter quod ter Dominum rogavit ut discederet a me, et dixit mihi: Sufficit tibi gratia
mea » (II Cor., XII, 7-9).
Molti, quindi, sono i vantaggi che derivano dalle tentazioni, ed è per questo che Iddio le permette : « Quia acceptus eras Deo, necesse fuit ut tentatio probaret te » (Tob. 12, 13): « Perchè eri caro a Dio - disse l'Angelo a Tobia - fu necessario che la tentazione ti provasse ».
Nelle nostre tentazioni, quindi, piuttosto che rivolgerci a chiedere a Dio : « Perchè? », dobbiamo subito rivolgerci a pensare al modo con cui dobbiamo resistere.
La tattica per vincere.
In che modo dobbiamo noi comportarci, di fronte alla tentazione. per superarla ?... Distinguiamo, innanzitutto, tre tempi: prima, durante e dopo la tentazione.
Prima della tentazione, noi dobbiamo cercare di prevenirla. E' meglio prevenire che guarire, dice un noto proverbio. Per prevenire la tentazione è necessario vegliare e pregare : “ Vigilate et orate - disse nostro Signore agli Apostoli - ut non intretis in tentationem » (Mt. 26, 41).
E' necessario vigilare, innanzitutto, ossia, far la guardia attorno all'animo proprio, attorno alle porte e alle finestre dell'anima (i sensi esterni ed interni) tenendole ben chiuse, e specialmente sul punto debole dell'anima, poichè di la viene ordinariamente l'assalto, servendosi dell'esame particolare; schivare l'oziosità, le occasioni pericolose e tutto ciò che può suscitare in noi tempeste spirituali.
Alla vigilanza bisogna poi aggiungere la preghiera che, mettendo Dio dalla parte nostra, e conciliandoci l'aiuto suo, ci rende invincibili, ossia tetragoni a qualsiasi assalto: « Si Deus pro nobis, quis contra nos? ». Iddio, infatti, è naturalmente interessato alla nostra vittoria, poiché è l'opera sua che il demonio vuol distruggere in noi. Nei momenti, quindi, di calma, è necessario pregare con più grande fiducia pei momenti di tentazione, ripetendo: « Et ne nos inducas in tentationem ».
Ecco ciò che dobbiamo fare prima delle tentazioni: prepararsi ad esse, vigilando e pregando.
Durante la tentazione, poi, noi dobbiamo combatterla, secondo la gravità della medesima. Quelle frequenti e poco gravi, combatterle col disprezzo, voltando altrove la faccia.
Quelle gravi, invece, è necessario combatterle prontamente, energicamente, costantemente:
a) prontamente, senza esitazione, senza mettersi a discutere col nemico, affinché la tentazione non prenda piede nell'anima; giova molto a ciò associare l’idea del cattivo diletto a ciò che vi ha di più ripugnante: « Quasi a facie colubri fuge peccatum » (Eccl. 21, 2); è necessario applicare subito la mente ad altre cose;
b) energicamente, ossia, non già con fiacchezza o a malincuore, ma sdegnosamente, con forza, ripetendo con Cristo: « Vade retro Satanal » (Mc 8, 33);
c) costantemente, vale a dire non per qualche momento o per qualche tempo soltanto, ma ripetutamente, tutte le volte che la tentazione si affaccia.
Dopo la tentazione, è bene evitare di fermarsi a considerare minuziosamente, se si è acconsentito o no, poichè queste minuziose considerazioni potrebbero suscitare nell'anima nostra nuove tempeste, nuove tentazioni. Basta prestare un tantino l'orecchio alla voce della propria coscienza per conoscere se uno è stato vittorioso o è rimasto sconfitto. Nel primo caso è necessario ringraziare umilmente il Signore, attribuendo a Lui solo il successo; nel secondo, invece, è necessario risorgere subito , ricordando la cordiale accoglienza fatta dal padre al figliuol prodigo, e cercando di diventare « ex casu humiliores, cautiores, ferventiores » (S. Agostino, De corrept. et grat., c. 1).
Diportandoci in questa maniera, noi faremo si che la tentazione, invece di essere un ostacolo al raggiungimento della méta, diventerà un mezzo potentissimo per poterla raggiungere.
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 48 -51)
Gesù nel deserto