(Mt 11,2-11)
Con la terza domenica di Avvento, la Liturgia è pervasa da un’atmosfera festosa, poiché il Natale si avvicina. Il Natale è una festa di gioia, poiché celebra l’Incarnazione, la nascita del Figlio di Dio, il Verbo di Dio che assume la nostra natura umana. Questo evento segna l’inizio della nostra salvezza e l’adempimento delle antiche promesse. Oggi abbiamo ascoltato la prima lettura, tratta dal profeta Isaia, vissuto sette secoli prima della venuta di Cristo, che ci ricorda queste promesse consolanti.
Davanti alla desolazione di Gerusalemme, devastata dai nemici, il profeta Isaia esorta Israele a confidare e sperare nel Signore. Egli promette di riportare i suoi figli dalle terre d’esilio: “Coraggio! Non temete; ecco il vostro Dio, (…) Egli viene a salvarvi” (Is 35,4). Le immagini vibranti del profeta sembrano infondere giubilo in tutto il creato: “Si rallegrino il deserto e la terra arida, esulti e fiorisca la steppa” (ivi, 1). Tuttavia, è l’uomo a gioire maggiormente per le grandi opere del Signore: “Allora si apriranno gli occhi dei ciechi, e si schiuderanno gli orecchi dei sordi. Allora lo zoppo salterà come un cervo, griderà di gioia la lingua del muto” (ivi, 5-6).
Queste parole di Isaia, pensate per confortare i deportati d’Israele, risuonano profondamente per tutti coloro che, desiderosi di una conversione più profonda a Dio, si sentono imprigionati dal peccato, dalla mediocrità e dalle vanità terrene. Le sue parole li incoraggiano a confidare nel Salvatore. Egli verrà, infonderà forza, sosterrà i deboli, guarirà le ferite del peccato e porterà la salvezza a tutti. Queste parole alludono chiaramente ai segni straordinari che caratterizzano il tempo messianico, che si avverano pienamente in Gesù, Messia e Salvatore, venuto a guarire, salvare e guidare l’umanità smarrita nel suo ritorno a Dio.
Il Vangelo di oggi ci riporta alla figura di san Giovanni Battista. Dalla prigione, dove Erode lo ha confinato, egli osserva le azioni di Gesù. I discepoli del Battista notano che il comportamento del Salvatore differisce da quello descritto dal loro maestro. Giovanni aveva annunciato Gesù come il Messia presente nel mondo, l’Agnello di Dio venuto a togliere i peccati dell’uomo. Nella sua predicazione, lo aveva presentato con la scure in mano, pronto a distruggere i malvagi e a spazzar via i nemici. Gesù, invece, afferma di essere venuto sulla terra a convertire i peccatori, a riversare sull’uomo l’amore divino, ad instaurare il tempo del perdono e della misericordia di Dio. I discepoli del Battista sono perplessi e hanno bisogno di essere illuminati, per questo il Precursore li manda a interrogare il Signore: “Sei tu colui che deve venire o dobbiamo attenderne un altro?” (Mt 11,3). Il Salvatore risponde citando Isaia come prova della sua messianicità: “Andate a riferire a Giovanni ciò che udite e vedete: I ciechi ricuperano la vista, gli storpi camminano, i lebbrosi sono guariti, i sordi riacquistano l’udito, i morti risuscitano, ai poveri è predicata la buona novella” (ivi, 4-5)
I grandi prodigi compiuti da Gesù sono segni inequivocabili affinché il mondo creda che Egli è il Figlio di Dio, il Messia, il Salvatore dell’umanità. Chi interpreta correttamente le sue opere non ha dubbi e non trova in Lui motivo di scandalo. Eppure, dopo secoli di cristianesimo, dobbiamo constatare con rammarico che la maggior parte degli uomini non conosce o non accetta Gesù, ed è ancora alla ricerca di messia e redentori.
Noi, al contrario, crediamo fermamente che Gesù sia il Messia atteso, Colui che è venuto e che tornerà alla fine dei tempi. Crediamo che dimori nei nostri cuori e continui a venire in noi attraverso i Sacramenti e la preghiera. La sua presenza ineffabile è la nostra gioia più grande, il nostro amore, la nostra speranza e la nostra forza.
Chiediamo alla Madonna di aiutarci ad accogliere sempre Gesù in noi e a farlo accogliere anche dagli altri!
Audio Omelia
S. Giovanni Battista in prigione e suoi discepoli