DOMENICA OTTAVA DOPO PENTECOSTE
Il fattore infedele, ma astuto.
(Lc, 16, 1-9)
V'è chi ha definito la parabola evangelica d'oggi « la più strana parabola del Vangelo ». A me sembra, invece, « la più saggia fra tutte ». Essa, infatti, nella persona del fattore infedele si, ma astuto, ci insegna tre cose degne di tutta la nostra considerazione, vale a dire: noi siamo gli amministratori di Dio; noi dovremo un giorno rendergli conto della nostra amministrazione; noi dobbiamo cercare di renderci propizio il Giudice supremo, Iddio.
Siamo gli Amministratori di Dio.
Dice Gesù: « C'era un ricco che aveva un fattore, il quale fu accusato come uno sperperatore dei beni suoi ». Il velo della parabola è assai trasparente: quel ricco rappresenta Iddio, creatore e quindi l'unico Padrone, vero e proprio, di tutto e di tutti; quel fattore, invece, rappresenta ciascun uomo, poiché tutto ciò che ha ciascun uomo, il corpo coi suoi sensi, l'anima con le sue facoltà, i suoi beni di natura, di grazia, tutto egli l'ha ricevuto da Dio. Egli deve amministrare temporaneamente, e far fruttare per Iddio e per la sua gloria tutto ciò che ha da Lui ricevuto, ricordandosi che un giorno dovrà renderne a Lui stretto conto. Sono veramente stolti coloro che si considerano padroni assoluti di ciò che hanno ricevuto da Dio e che da un momento all'altro possono perdere. In un museo di Leningrado si conserva ancora la scheda del censimento dell'anno 1897. Lo Zar e la Zarina di Russia avevano risposto dichiarandosi, rispettivamente, padrone e padrona di tutta la Russia. Illusi! Misera padronanza è davvero la nostra, dal momento che non siamo padroni neppure del nostro respiro.
Noi tutti, dunque, siamo i fattori, siamo gli amministratori di Dio Ma quanti di noi, nell'amministrare questi beni di Dio, hanno seguito l'esempio del fattore infedele, dissipando questi beni, facendoli fruttificare per l'io e non già per Iddio, ossia per le proprie passioni e soddisfazioni e non già per la gloria di Dio!...
Dovremo un giorno rendere conto della nostra amministrazione
Il fattore infedele fu chiamato improvvisamente a rendere conto della sua amministrazione. Altrettanto avverrà anche a ciascuno di noi, in un giorno non lontano, nell'istante stesso della morte, nel giudizio particolare: In quel momento ci sentiremo ripetere : " redde rationem villicationis tuae! »: rendi conto della tua amministrazione! Rendi conto di tutti e singoli i giorni, anzi di tutti e singoli gli istanti della tua esistenza. Rendi conto di tutti i doni, di tutti i talenti, delle ricchezze materiali e spirituali che ti ho dato Rendi conto di tutte le grazie di cui sei stato arricchito! Rendi conto di tutto, di tutto, di tutto, fino all'ultimo centesimo!...
Mio Dio! Che cosa sarà di noi in quel momento?.. Se il Signore ci chiamasse ora, all'improvviso, a questo tremendo rendiconto della nostra amministrazione, come ci troveremmo?... Il registro della nostra vita si troverebbe in regola?.. Questo pensiero del giudizio è di una efficacia singolarissima per far mettere giudizio. « Maestà diceva Gregorio XVI allo Zar di Russia Niccolò I, persecutore dei cattolici — Maestà, ricordatevi che io e voi dovremo presto comparire innanzi al tribunale di Dio per rendergli conto di tutte le nostre azioni!». Il tremendo monito fu efficace. Il despota tacque, rimase pensoso e mitigò la iniqua persecuzione.
Pensiamo, anche noi spesso al tremendo momento del rendiconto finale! E siccome potremo essere chiamati al medesimo in ogni istante della nostra esistenza terrena, cerchiamo di tener sempre in regola il registro della nostra vita, non dissipandola ma facendola fruttificare per Iddio e per la sua maggior gloria.
Rendiamoci propizio il Giudice!
Il fattore infedele riconosce la sua colpevolezza, sente la sua impotenza a rimediare al suo avvenire, e ricorre all'astuzia, cercando di vivere a spese dei suoi amministrati. Egli se li rende in certo modo obbligati prodigando loro dei grandi benefici, rimettendo loro, a danno del padrone e a suo futuro vantaggio, una parte rilevante del debito contratto col suo padrone. E il padrone lodò l'accortezza del fattore infedele. Notate : lodò l'accortezza non già la scorrettezza. Ed aggiunge, con un evidente senso di rammarico: i figlioli di questo secolo ossia i seguaci del mondo, nel procurarsi i beni terreni che passano, sono più accorti dei figli della luce, ossia dei seguaci di Cristo, nel procurarsi i beni celesti che non passano. Quanto è tremendamente vera questa sentenza! Che, cosa non fa, per esempio, un avaro, per accumulare quelle ricchezze che da un momento all'altro dovrà lasciare?. Mentre tanti cristiani si mostrano cosi indolenti nell'assicurarsi i beni celesti!
Gesù conclude la parabola dicendo: Ed io dico a voi: Fatevi degli amici per mezzo delle ricchezze che spesso sono frutto o strumento di iniquità affinché quando verrete a morire, i poveri dà voi beneficati e dei quai è il paradiso, vi diano ricetto nei cieli.
Ascoltiamo il grande monito di Cristo! E per mezzo della elemosina cerchiamo di renderci propizio il Giudice divino il quale secondo ci ha assicurato Egli stesso - riterrà come fatto a se stesso ciò che avremo fatto ai poveri, che sono le mistiche membra del suo corpo morale.
Le ricchezze - osserva Mons. Bonomelli - troppo spesso sono frutto di iniquità, se non degli attuali possessori, dei loro antenati, e perciò si dicono inique: E' terribile la frase che S. Girolamo (Epist 150 ad Heliod.) osò scrivere : « omnis dives, aut iniquus, aut iniqui heres ». E' una frase oratoria, se si vuole, troppo sfruttata dai socialisti, ma non senza un fondo di vero.
Nelta vita del B. Claudio de la Colombière v'è un episodio che fa molto a proposito. Un ricco signore francese era morto dopo aver menato una vita galante di società. Il 1° marzo 1680 un umile e santa Suora della Visitazione, mentre pregava in coro, vede quel signore ed ascolta le sue parole: « Ah! quanto è grande Iddio, e giusto e santo!-
Nulla è piccolo ai suoi occhi, tutto è pesato, punito, ricompensato». « Avete ottenuto misericordia? », domanda la Suora. «Si, per le elemosine ai poveri », rispose quel signore. E disparve. Con le ricchezze vane e periture della terra; costui aveva comprato le ricchezze vere ed imperiture del cielo. Imitiamolo nella sua avvedutezza!
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 116-118)