« Andiamo con gioia incontro al Signore » (Rit. al Salmo 121)
In questo versetto che abbiamo ripetuto nel salmo responsoriale (Sal 121) della S. Messa, detto di ascensione o di pellegrinaggio, troviamo enucleato tutto il senso dinamico dell'Avvento, primo grande periodo dell'anno liturgico, inizio dell'anno nuovo nella vita e nel culto della Chiesa. Il sacerdote indossa la casula viola, come segno di preparazione e di penitenza; non si canterà il gloria (eccettuato la solennità dell’Immacolata Concezione) fino a Natale.
«Avvento» (Ad-ventus) propriamente vuol dire attesa, venuta e ritorno: è tempo di attesa, tempo di speranza gioiosa, è attesa della venuta del Signore, considerata sotto diversi aspetti. Le venute del Signore sono propriamente tre:
1) la venuta nella carne nel suo Natale;
2) la venuta nello Spirito, nella grazia, nel cuore di ogni uomo e
3) alla fine della nostra vita terrena (nostra morte) e nella Parusia alla fine del mondo (incontro definitivo con Cristo)
La prima venuta
Anzitutto la venuta del Messia nella carne, attesa dai popoli dell'Antico Testamento. Ne parlano le profezie che la Liturgia presenta in questo tempo alla nostra considerazione per ridestare nei nostri cuori quel profondo desiderio e bisogno di Dio tanto vivi negli scritti profetici, e nello stesso tempo per invitarci a ringraziare l'Altissimo per il dono immenso della salvezza. Questa infatti non si profila più all'orizzonte come un avvenimento futuro, soltanto promesso e sperato ma, con l'incarnazione del Figlio di Dio e la sua nascita nel tempo, è da secoli diventata realtà. Il Redentore è venuto e in lui si sono colmate le speranze dell'Antico Testamento, ma si sono aperte quelle del Nuovo. (In queste prospettive dobbiamo ascoltare e meditare le letture dell'Avvento.)
La venuta nello grazia
Ecco dunque la nuova attesa: la venuta del Salvatore deve compiersi nel cuore di ogni uomo, mentre la storia dell'umanità intera punta ormai verso la parusia, cioè il ritorno glorioso di Cristo alla fine dei tempi. Nel cuore di ogni uomo ci deve essere l’accoglienza nella fede, nell’amore, accogliendo la grazia divina in modo particolare i sacramenti (battesimo, confessione, comunione), facendo parte della Chiesa cattolica, dove solo c’e salvezza..
Isaia parla con enfasi dell'era messianica, nella quale tutti i popoli convergeranno a Gerusalemme per adorare l'unico Dio: « Verranno tanti popoli dicendo: “ Venite saliamo sul monte del Signore, al tempio del Dio di Giacobbe perché ci ammaestri sulle sue vie” » (Is 2, 3). Riuniti nell'unica vera religione, tutti gli uomini diventeranno fratelli e' «non impareranno più l'arte della guerra» (ivi 4). Gerusalemme è figura della Chiesa, costituita da Dio «universale sacramento della salvezza» (LG 48); essa apre le braccia a tutti gli uomini per condurli a Cristo e perché seguendo gli insegnamenti di lui vivano come fratelli nella concordia e nella pace. Ma quanto cammino resta ancora da fare perché ciò si realizzi pienamente! Pensiamo purtroppo ancora ai 6 miliardi e mezzo di non cattolici, non battezzati; pensiamo ai milioni di cristiani senza la grazia divina, che sono ancora nelle tenebre. Ogni cristiano dovrebbe essere una voce che con l'ardore di Isaia richiami gli uomini all'unica fede e all'amore fraterno. Il brano del profeta si chiude con un suggestivo invito: « Venite, camminiamo nella luce del Signore » (2, 5).
S. Paolo nella seconda lettura dice appunto che cosa si deve fare per camminare in tale luce: «gettare via le opere delle tenebre» (Rm 13, 12), ossia il peccato in tutte le sue forme, e «indossare le armi della luce » (ivi), ossia rivestirsi delle virtù, soprattutto della fede e dell'amore, con la grazia dei sacramenti. Ciò è quanto mai urgente «perché la salvezza ci è più vicina» (ivi 11); la storia infatti va verso la sua ultima fase: il ritorno finale del Signore.
La venura gloriosa
Il terzo incontro è la venuta definitiva del Cristo nella sua gloria, quale Giudice dei vivi e dei morti, nella pienezza dei tempi o alla «fine del mondo». Nella prima venuta (nascita a Betlemme) Dio è entrato nella nostra storia nella forma più umile e dimessa: si è rivestito della forma umana, facendo propria la nostra natura peccatrice. Egli, che era Dio, si è fatto come uno schiavo (Fil 2, 6-7) per salvarci. Nella venuta finale, (non ne conosciamo l'ora ma Dio, Signore della storia, ne conosce tempi e modi di realizzazione) sarà pubblica e manifesta: tutti dovranno riconoscere che c'è un solo Dio e un solo Salvatore: Gesù Cristo, morto e risuscitato. E’ Lui che alla fine giudicherà il mondo.
È Gesù stesso che ha parlato di una sua seconda venuta al di là della sua morte e della sua risurrezione: una venuta alla fine dei tempi, al termine della realtà di questo mondo. Nel suo insegnamento Gesù suggerisce a noi credenti di avere atteggiamenti di vigilanza, senza lasciarci imbrigliare e imprigionare da sentimenti legati soltanto alla dimensione terrestre: «Come fu ai giorni di Noè, così sarà la venuta del Figlio dell'uomo» (Mt 24, 37). Il diluvio venne improvviso sul mondo e sull'umanità. Anche la venuta del Figlio dell'uomo, nella sua gloria, sarà altrettanto improvvisa. Essa sarà un giorno decisivo, di giudizio: nell'«arca», cioè nella salvezza, entreranno soltanto coloro che hanno saputo attendere con fede e con vigilanza l'incontro col Signore, riconoscendo in lui il Salvatore. L’arca è figura della Chiesa: solo nella chiesa c’è salvezza, perché costituita dal Signore quale sacramento di salvezza.
Vigilanza
L’aspetto del giudizio, che pone al vaglio gli uomini, è espresso con immagini semplici, ma scultoree: «Allora due uomini saranno nel campo: uno sarà preso e l'altro lasciato. Due donne macineranno alla mola: una sarà presa e l'altra lasciata» (vv. 40-41). Queste immagini così immediate significano che Dio, col suo giudizio infallibile, farà giustizia su tutti. «Due uomini sono nel campo»; esternamente fanno lo stesso lavoro, però nel loro cuore sono diversi: e Dio, che ne conosce i pensieri segreti, dà il premio ai buoni e il castigo ai cattivi. Così anche le due donne, che nell'intimità domestica svolgono lo stesso lavoro, avranno un giudizio diverso, secondo il loro operato: «Una sarà presa», in certo senso, sarà tirata fuori e scaraventata fuori di casa; mentre «l'altra sarà lasciata», cioè entrerà nella dimora del Padre celeste. Ritorna qui l'ammonimento della parola di Gesù, affinché noi vegliamo, non sapendo appunto in quale giorno il Signore verrà.
Questa «vigilanza» non è una scoperta recente nella vita dell'uomo. Essa accompagna la storia del mondo e l'esperienza di ogni giorno. Chiunque possiede dei beni materiali o artistici di particolare pregio si premunisce contro i ladri, che irrompono improvvisi nella casa o nelle banche. Gesù stesso ha parlato di tale atteggiamento di vigilante aspettativa che deve caratterizzare tutta la vita del cristiano: «Vigilate dunque perché non sapete in quale giorno il vostro Signore verrà » (Mt 24, 42). Non si tratta solo della parusía, ma anche di quella venuta del Signore che si realizzerà per ogni uomo al termine della vita, quando s'incontrerà a faccia svelata col suo Salvatore; e quello dovrà essere il giorno più bello, inizio della vita eterna. «Perciò... state pronti, perché nell'ora in cui non lo pensate, il Figlio dell'uomo verrà » (ivi 44).A un simile atteggiamento di vigilanza, quindi, Gesù ci esorta, per non essere colti alla sprovvista dalla sua venuta improvvisa, soprattutto per quanto riguarda il bene più grande e cioè la vita divina in noi (la grazia) e la salvezza dell’anima. Dobbiamo vigilare perché il Signore, quando viene, trovi la nostra casa adorna, pulita, cioè ritrovi in noi un cuore pieno di bene, cioè ci trovi in grazia di Dio, senza peccato mortale. Ricorrere subito alla confessione. Fare la confessione frequente, ogni settimana. Ricevere la comunione frequente, ogni settimana, sarebbe meglio anche ogni giorno) per nutrirci di Cristo, viatico per il nostro cammino e pegno della gloria futura.. E il tempo che separa da tale meta deve essere impegnato con alacrità nelle opere buone e sante, secondo i voleri del Signore.
Avvento con Maria Immacolata
In questo tempo di Avvento guardiamo alla Madonna, che è il modello di attesa e di accoglienza del Signore. Modello che la Chiesa ci raccomanda. Pensiamo all’attesa nella preghiera, nella penitenza, nella carità, nella purità ed è stata proprio Lei che ha accelerato la venuta del Messia ed è stata Lei che per prima l’ha accolto nel suo grembo, all’Annunciazione. Ella ancora ha il compito di portare Gesù nel mondo, quale Madre e Mediatrice. Madre dell’umanità non smette la sua funzione fin quanto non verrà accolto e nascere Cristo in noi, fino alla sua pienezza. Mediatrice: nutrendoci del suo latte delle grazie, necessario per corrispondere ai voleri del Signore e ottenere la salvezza. Di questa ne abbiamo prova ed esperienza: pensiamo alle sue continue assistenze ed apparizioni. La Medaglia miracolosa: segno della sua assistenza, protezione e mediazione. (festa liturgica 27 novembre - spiegare storia – significato telogico – importanza di portarla sempre indosso, al collo e diffonderla - l'Immacolata Concezione 8 dicembre richiama alla purezza e alla santità).
Tramite Lei accoglieremo sicuramente degnamente Gesù; sia celebrando santamente il S. Natale, sia accogliendolo nel nostro cuore sia saremo pronti, con gioia all’incontro finale. Affidiamoci quindi totalmente a Lei alla nostra Madre e Regina.
La venutà di Gesù