Lc 16,19-31
Stiamo meditando ancora il cap. 16 del Vangelo di San Luca dedicato all’uso delle ricchezze.
La scorsa domenica, dalla parabola dell’Amministratore disonesto Gesù aveva preso spunto per esortarci ad essere impegnati in questa vita e a servirci delle ricchezze per fare del bene, per procurarci degli amici in cielo.
Oggi, con la parabola del ricco epulone, ci fa intravedere le terribili conseguenze di colui che fa delle ricchezze lo scopo della vita, dimenticandosi o chiudendosi a Dio e al prossimo.
La parabola è semplice e lineare, riassumiamo…
Quindi come conseguenza di questa chiusura a Dio e al prossimo, il ricco epulone cade nell’inferno mentre il Lazzaro va in Paradiso.
Esistenza dell’inferno
Quindi l’inferno esiste, è una verità di fede: Gesù ne parla in questa parabola e ne parla ancora, anzi ha tanto insistito ed è venuto per salvarci da esso. Ha parlato di supplizio eterno, di fuoco inestinguibile, di luogo tenebroso dov’è pianto e stridore di denti.
Oggi, purtroppo, si crede o si pensa poco all’inferno, soprattutto alla sua eternità, si pensa che è una storiella per bambini per tenerli buoni. Invece è una verità di fede divina e cattolica, da credersi da tutti i fedeli.
L’inferno è una tremenda realtà da non sottovalutare, ma da prendere con estrema serietà; è una tragica possibilità, un rischio di fallire l’esistenza per sempre, quando ci si chiude a Dio e al prossimo, quando ci si chiude alla salvezza, quando si muore in peccato mortale.
L’inferno è una verità da meditare frequentemente e seriamente, come del resto gli altri novissimi, morte – giudizio – Paradiso, perché è una verità salutare, che ci aiuta a stare lontano dal peccato, che ne è la causa, e a vivere nel santo timor di Dio.
“Scendiamo nell’inferno da vivi”, raccomandava Sant’Agostino, “per non scenderci da morti”.
Alcuni si appellano alla misericordia di Dio per negare l’esistenza o la sua eternità: si risponde che l’inferno è la misericordia di Dio rifiutata.
Natura dell’inferno
Ma precisamente, che cos’è l’inferno?
Il catechismo lo definisce come: “Il patimento eterno della privazione di Dio, nostra felicità, e del fuoco, con ogni altro male senza alcun bene” (Cat. San Pio X, n. 17), è “l’auto-esclusione dalla comunione con Dio e con i beati” (CCC, n. 1033), quindi separazione da Dio e per sempre.
Noi siamo stati creati da Dio per conoscerlo, amarlo e servirlo in questa vita e poi goderlo nell’altra in Paradiso. L’inferno è il fallimento di questo fine, il crollo, il collasso dell’esistenza umana che precipita in quel buco nero, rimanendo per sempre nel regno delle tenebre e dell’odio.
Il tormento del dannato è quindi la privazione di Dio, il fuoco che lo brucia, al vista dei demoni e dei dannati. Egli vede lucidamente di essere stato creato per il Signore, per vivere eternamente con Lui nell’amore e nella gioia. Ora invece sa di averlo perduto per sempre e questo pensiero lo getta nella disperazione più cupa. Disperazione che si tramuta in odio contro tutti e contro tutto. Il dannato non ama più nessuno, nemmeno se stesso, un odio che diventa una sua seconda natura che lo rende incapace di amare e di pentirsi.
Si sente dire da qualche teologo che l’inferno c’è ma è vuoto. A parte che non è vuoto, perché ci sono gli angeli ribelli, i demoni. Ma dal Vangelo sappiamo che, purtroppo, ci sono e ci saranno delle creature umane: lo rivela Gesù nella profezia del giudizio finale allorché dice a quelli alla sua sinistra: “Via lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno”. Sono parole terribili che ci fanno tremare e nessuno può prendere alla leggere.
La Madonna, poi, nel luglio del 1917 fece vedere ai tre pastorelli l’inferno, dove molte anime cadono; così l’esperienza di tanti mistici …
Ci conforta tuttavia il pensiero che nessuno va all’inferno contro la propria volontà: è il peccatore impenitente che si autocondanna, che rifiuta Dio e la salvezza.
Comprendiamo allora la serietà e l’importanza della vita presente. Oggi stiamo costruendo il nostro futuro eterno, di felicità o infelicità. Ogni nostro atto, quaggiù, assume valore incalcolabile, in quanto ha risonanza nell’eternità: in bene e quindi in merito, o in male e quindi alla condanna.
Sta a noi oggi scegliere, con la nostra vita, quello che vogliamo essere per l’eternità e affidiamoci alla Madonna, al suo Cuore Immacolata, affinché ci aiuti, ci custodisca ed interceda per la nostra salvezza eterna.
Amen
Audio Omelia
Parabola del ricco epulone e del povero Lazzaro