Il fatto.
«Assumptus est in caelum, sedet a dextris Dei»: Salì al cielo e siede alla destra di Dio (Mc 16, 19).
Con queste poche parole, l'Evangelista S. Marco racconta il mistero che oggi celebriamo: l'Ascensione.
Nell'epistola della Messa di oggi vengono riportate dagli Atti le varie circostanze di questo fatto grandioso. Gesù salì al cielo il quarantesimo giorno dopo la sua gloriosa resurrezione. Salì al cielo la sul Monte Oliveto: dove Gesù aveva dato inizio alla sua umiliazione, diede inizio alla sua esaltazione....
Sali là, alla presenza degli apostoli. Egli alzò le mani, li benedisse, e mentre li benediceva fu visto sollevarsi in alto, per virtù propria: una nube lo avvolse, ed egli disparve nelle azzurre profondità dei cieli.
I perché del fatto.
Si potrebbe chiedere: perché Gesù volle salire al cielo?.. Non sarebbe stato meglio se egli si fosse trattenuto visibilmente qui sulla in mezzo a noi, fino alla consumazione dei secoli?...
Molteplici ragioni desunte sia da parte di Cristo che da parte nostra rendono conveniente l'Ascensione di Cristo.
Da parte di Cristo era conveniente che egli salisse al cielo. Con la risurrezione, infatti, Egli aveva iniziato una vita incorruttibile e immortale: orbene, il luogo proporzionato per una tale vita giustamente S. Tommaso - non è già la terra, ma il cielo (S. Theol.,p. III., q. 57, a. 1). La terra è il luogo dei patimenti e della morte. Il cielo, e solo il cielo, è il luogo della gioia e della vita. Fu dunque conveniente che egli ascendesse al cielo.
Inoltre, con la sua gloriosa ascensione, Gesù terminava la sua missione terrena e dava inizio alla sua missione celeste, che è quella di essere il nostro avvocato presso il Padre al quale mostra le sue cicatrici « semper vivens ad interpellandum pro nobis ».
Conveniente da parte di Cristo, il mistero dell'Ascensione non lo è meno da parte nostra. Esso, infatti, serve ad orientare in modo mirabile la nostra mente, il nostro cuore, tutta la nostra vita intera al cielo, dove si trova di già il nostro capo, dove un giorno sono destinate ad andare anche le sue membra. « Quo praecessit gloria capitis, illic spes vocatur et corporis » (S. Leone M., Serm, 1 de Ascensione). L'ha detto chiaramente Gesù: « Vado parare vobis locum... » : « Vado a prepararvi il posto ». Il nostro posto è già preso. Poiché - come osserva S. Agostino - se fu giustamente detto al peccatore: « Tu sei terra, e alla terra tornerai », fu anche detto al giusto: «tu sei cielo e al cielo salirai ».
Le membra non possono essere divise dal capo... Gesù Cristo nostro capo, attende noi, sue membra, nel cielo. Ciascun cristiano, degno di questo nome, può esclamare col poeta di fronte alla morte: « Cadrò ma con le chiavi - di un avvenir meraviglioso, il nulla - a più veggenti savi: - io nella tomba troverò la culla » (ZANELLA, La religione materna).
La vita senza la speranza è come una notte senza stelle, è come una primavera senza verde e senza fiori: « Spento il sereno fior della speranza - che rimena la stanca anima a Dio, - quello che al mondo avanza - è notte sconsolata, è freddo oblio » (ZANELLA).
Ascendiamo!..
Ascendiamo!.. Eleviamoci!.. E' questa l'aspirazione continua di tutte le anime nobili... Questa aspirazione all'ascesa, già nobile in se stessa, rendiamola ancora più nobile nel suo oggetto, sollevandoci al di sopra della terra e delle misere cose terrene, fino al cielo e alle cose celesti. « Illic nostra fixa sint corda ubi vera sunt gaudia ».
« Saliamo ora con la mente nel cielo - esclamava S. Agostino - e vi saliremo, a suo tempo, col corpo... Ascendamus interim corde... sequemur et corpore... ». Ma ricordiamoci che con Gesù nessun vizio sale al cielo: « nullum vitium nostrum ascendit cum medico nostro ».
Il pensiero, la nostalgia della patria, ossia di una ricompensa eterna, pervada tutto l'animo nostro, E' questo pensiero che deve scuotere il nostro torpore spirituale, deve moltiplicare le nostre energie. E' questo pensiero che deve spingerci a sopportare tutte le tribolazioni della vita, riflettendo che ciò che soffriamo passa, ma ciò che attendiamo non passa... E' questo pensiero che deve animarci a superare tutti gli ostacoli, che incontriamo nel cammino che conduce alla patria, costi quello che costi. « Romam petentibus - diceva Annibale ai suoi soldati che muovevano alla conquista di Roma - nil arduum esse potest...». A chi tende alla conquista del cielo - potremo ripetere con maggior ragione - non vi può essere nulla di difficile...
Ascendere!... elevarsi!… alzare, sollevare il tono della nostra vita religiosa e morale... Salire su, sempre più in su, fino al cielo, a Dio! E' il sublime significato, è la grande parola d'ordine della festa di oggi.
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 187-188)
Commento dei Padri della Chiesa al Vangelo di Mc 16,15-20
Ascensione di Gesù