«Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele» (Is. 7,14)
(Mt 1,18-24)
La liturgia dell’ultima domenica di Avvento è tutta orientata alla nascita del Salvatore, ormai imminente, e ci aiuta a celebrare santamente il Natale. Lo vediamo anche nella tradizione della novena: la Chiesa, come una madre premurosa, ci accompagna passo dopo passo verso il mistero che sta per compiersi.
Questo è particolarmente importante per noi cristiani, perché la società attuale, fortemente secolarizzata, tende a vivere senza Dio o come se Dio non esistesse. Così anche il Natale rischia di essere snaturato: non è più celebrato come la nascita di Qualcuno, del Salvatore, ma ridotto a una festa di luci, di baldorie, di consumo e di vetrine. Si festeggia, ma il festeggiato è sempre più assente; anzi, spesso non si sa nemmeno più chi sia. Come diceva con fine ironia il cardinale Biffi: “si festeggia, ma non c’è nessun festeggiato”.
Eppure quel Bambino ha segnato in modo decisivo la storia dell’umanità, non solo quella religiosa, ma anche quella civile. Che cosa significa, per esempio, dire che siamo nell’anno 2025? Significa dire: 2025 dopo Cristo. Se Cristo non fosse nato, non saremmo certo qui a contare gli anni così, ma forse in un’epoca imprecisata di qualche impero sconosciuto. Continuiamo a celebrare la domenica, ma che cosa significa “domenica”? È il giorno del Signore. Se Cristo non fosse morto e risorto, non esisterebbe la domenica. E invece oggi, andando avanti di questo passo, rischiamo di non celebrare più il giorno del Signore, sempre più lavorativo, ma solo i giorni intitolati a divinità pagane. Poveri noi!
Nel tempo di Avvento la Chiesa ci propone tre grandi figure che ci aiutano a prepararci alla venuta del Signore:
– Isaia, il profeta lontano, vissuto circa sette secoli prima di Cristo, che da lontano intravede e annuncia la gioia e la pace messianica;
– Giovanni Battista, il profeta vicino, che indica il Messia presente e proclama che lui non è la luce, ma che la luce vera è Cristo;
– Maria Santissima, che porta nel suo grembo il Salvatore.
Il Vangelo di questa domenica ci pone davanti soprattutto Maria, la Madre per eccellenza: totalmente Madre perché totalmente Vergine; Madre dell’umanità perché totalmente appartenuta a Dio. Il tempo di Avvento è particolarmente adatto per contemplare la tutta pura, l’Immacolata, la primogenita della redenzione, come Cristo è il primogenito della nuova umanità.
Di Lei già parlava l’Antico Testamento: come la Donna che schiaccia la testa al serpente e come la Madre del Salvatore. Nella prima lettura abbiamo ascoltato la profezia di Isaia rivolta al re Acaz, che si rifiuta di confidare nell’intervento di Dio. Il profeta lo rimprovera e annuncia un segno straordinario:«Ecco: la Vergine concepirà e partorirà un figlio, che chiamerà Emmanuele».
Questa profezia si compirà sette secoli dopo nella nascita di Gesù. San Matteo lo afferma chiaramente, concludendo il racconto della concezione verginale: «Tutto questo avvenne perché si adempisse ciò che era stato detto dal Signore per mezzo del profeta… Emmanuele, che significa Dio con noi». (Mt 1,23-24)
Tracciando la genealogia, Matteo dimostra che Gesù è vero uomo, figlio di Davide e figlio di Abramo; narrando la sua nascita da Maria per opera dello Spirito Santo, attesta che Egli è vero Dio; richiamando Isaia, proclama che Gesù è il Salvatore promesso, il Dio-con-noi.
La seconda lettura si muove nella stessa linea: san Paolo proclama Gesù «nato dalla stirpe di Davide secondo la carne» e nello stesso tempo «Figlio di Dio». In poche parole l’Apostolo riassume tutto il mistero della salvezza: incarnazione, passione, morte e risurrezione sono un unico mistero che ha inizio a Betlemme e il suo vertice nella Pasqua. Il Natale illumina la Pasqua, perché rivela chi è Colui che morirà per noi: il Figlio eterno di Dio fatto uomo.
Questo Vangelo, però, non ci parla solo di Maria, ma anche di san Giuseppe, che ci aiuta in modo particolare a preparare i nostri cuori alla venuta del Salvatore. Dei suoi Vangeli non è riportata neppure una parola: è il santo del silenzio. Ma la sua vita parla con forza attraverso la fede, l’obbedienza, l’umiltà e la fedeltà alla missione ricevuta.
A questo umile falegname di Nazaret Dio affida un compito unico: essere il padre putativo del Figlio di Dio e lo sposo della Vergine Maria. Il Vangelo di oggi ci svela uno dei momenti più drammatici della sua vita: la scoperta della misteriosa maternità di Maria. Giuseppe soffre, è angosciato, perché conosce la santità della sua Sposa e nello stesso tempo non riesce a spiegare ciò che vede: si trova davanti ad un mistero. Da uomo giusto decide di non esporla alla vergogna, ma di lasciarla in segreto.
È allora che Dio interviene: l’angelo lo rassicura e gli rivela il mistero. Quel Bambino viene dallo Spirito Santo. La paternità non è umana, ma divina. Al Bambino viene imposto un nome che racchiude la sua identità e la sua missione: Gesù, “Dio salva”. Egli infatti salverà il suo popolo dai peccati. Salvare significa liberare dal male, donare la grazia, rendere l’uomo figlio di Dio. Giuseppe comprende così la grandezza della missione affidatagli. E davanti alla volontà di Dio non esita: obbedisce prontamente, accoglie Maria e con Lei accoglie Gesù nella sua vita. La sua fede si unisce a quella di Maria e insieme cooperano al mistero della redenzione. La vita del Salvatore fiorisce così custodita dalla fede, dall’umiltà e dalla dedizione del falegname di Nazaret.
Quanto è diverso, spesso, il nostro atteggiamento! Di fronte alle difficoltà della vita, invece di accogliere la volontà di Dio, ci ribelliamo, ci scoraggiamo, ci allontaniamo da Lui. Eppure proprio nell’obbedienza fiduciosa alla volontà divina il Signore ha compiuto le opere più grandi. I santi lo hanno sperimentato: nella fedeltà a Dio hanno trovato pace, gioia e vera perfezione.
In questi ultimi giorni che ci separano dal S. Natale, invochiamo la Madonna e S. Giuseppe affinché ci aiutino ad accogliere santamente Gesù!
Profezie sulla nascita del Salvatore da una Vergine