(Gv. 3,14-21)
Domenica Laetare
Oggi è la domenica laetare. La Chiesa ci invita a gioire, pregustando il dono della salvezza che si attuerà nel mistero pasquale della Morte e Risurrezione di Cristo. Siamo in un percorso di gioia perché viene ogni giorno ricordato il grande mistero del dono di Dio, la «ricchezza della sua misericordia» (2a lettura), mostrandoci un volto che non ha mai contraddetto la sua volontà di liberarci, di farci felici, di non lasciarci soggiogare dalla tristezza. Ci ha garantito la sua azione prodigiosa, lui che ha liberato Israele dalla schiavitù di Babilonia, in Gesù ci libera noi dal «pungiglione della morte», del peccato e da ogni legaccio, invischiamento, ambiguità a cui rischia di condannarci la società e la cultura in cui viviamo. Dio è «la nostra gioia» (salmo respons.) se aderiamo a Lui.
Le letture della S. Messa di oggi ci richiamano a questo grande dono, a questo amore di Dio. Dio è sempre fedele a noi nonostante le nostre infedeltà, i nostri peccati. In fondo, tutta la storia del rapporto di Dio con l'umanità ci dà la garanzia di ciò. E questo fin dalla prima vicenda del mondo, la creazione gratuita nel segno della bellezza e della bontà, quando Dio fece il cosmo, mise al suo centro gli uomini e vide che tutto era molto «bello e buono». Ci furono poi le vicende di un popolo scelto e curato dal Signore come un bambino dalla propria madre; mille volte soccorso, consolato e anche orientato.
L'amore di Dio per noi
La prima lettura, tratta dal libro delle Cronache, interpreta e sintetizza quasi un secolo della storia del popolo di Israele, un secolo emblematico per la storia di sempre. Possiamo parlare di «durezza di cuore» del popolo di Israele. La ripetuta infedeltà del popolo, sordo e sprezzante dinanzi agli ammonimenti di Dio attraverso i profeti, ha determinato il castigo. Il castigo, tuttavia, non è per la distruzione ma per la conversione e il ravvedimento. L'amore di Dio è capace di trasformare la vita di tutto un popolo, liberandolo non solo dall'esilio, ma soprattutto da quella schiavitù che si chiama «durezza del cuore». «Mandò, infatti, premurosamente e incessantemente i suoi messaggeri ad ammonirli, perché amava il suo popolo e la sua dimora» (la lettura).
Ancor più il Vangelo di oggi ci parla dell’amore di Dio, della sua misericordia: Gesù infatti, parlando con Nicodemo, un dottore della legge mosaica, dice che «Dio ha tanto amato il mondo da dare il Figlio unigenito perché chiunque crede in lui non vada perduto, ma abbia la vita eterna» (Gv 3,16). Il Padre ha tanto amato l'umanità da mandare il Figlio suo su questa terra. Egli, il Figlio unigenito, si è fatto uomo, ha condiviso la nostra condizione in tutto fuorché nel peccato. Già questo ci deve far comprendere la grandezza del suo amore. Ma, non contento di questo, il Padre ha voluto che il Figlio morisse per noi sul legno della croce, per la nostra salvezza. Gesù ha fatto sua questa Volontà del Padre e ha dato la sua vita per noi con infinito amore. E, non pago di tanto amore, Egli ha voluto rimanere con noi tutti i giorni della nostra vita, sino alla fine del mondo, nel sacramento dell'Eucaristia, per essere il nostro sostegno e il nostro nutrimento. L'amore si misura con il dolore. Quanto più si ama, tanto più si è disposti a soffrire per la persona amata. Il dolore diventa come la prova inconfutabile del vero amore. Diversamente ci si illude di amare, ma, in realtà, si cerca solo il nostro tornaconto.
La Croce segno di amore e di salvezza
Perciò Gesù nel Vangelo di oggi parla della Croce (non poteva mancare questo riferimento proprio ora che siamo nel cuore della Quaresima e ci prepariamo a celebrare la Passione e la Risurrezione di Nostro Signore Gesù Cristo) prendendo spunto da un episodio dell'Antico Testamento: «Come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell'uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna» (Gv 3,15). Durante l'esodo attraverso il deserto, gli Ebrei si resero infedeli a Dio, e allora essi furono puniti con l'invasione di serpenti velenosi i quali penetrarono nell'accampamento e un gran numero di israeliti morì. Il popolo supplicò Mosè di intercedere e questi innalzò un serpente di bronzo su di un palo e tutti quelli che venivano morsi dai serpenti, se guardavano al serpente di bronzo, avevano salva la vita.
Questo episodio nasconde un significato molto profondo: il serpente, che con il suo morso uccide il corpo, simboleggia il peccato che dà morte all'anima; il serpente di bronzo innalzato sull'asta, in modo misterioso, simboleggia Gesù, il quale per nostro amore si è addossato tutti i nostri peccati ed è stato appeso al legno della croce, fino a versare tutto il suo Sangue per la nostra salvezza. Chiunque guarda a Gesù, ovvero chi crede in Lui, sarà salvato e avrà la Vita eterna. Non si tratta certamente di una fede astratta e sterile, ma di una piena adesione a quanto Dio ci ha rivelato. Dunque, per conseguire la salvezza, noi dobbiamo mettere in pratica quanto abbiamo conosciuto per mezzo della fede. Concretamente, dobbiamo rinnegare le opere delle tenebre, ovvero il peccato, e operare secondo quanto Gesù ci ha insegnato nel suo Vangelo.
Così Gesù parla anche del Giudizio: verremo giudicati e il nostro Giudice sarà Gesù stesso. Il testo dice: «Chi crede in lui non è condannato; ma chi non crede è già stato condannato, perché non ha creduto nel nome dell'unigenito Figlio di Dio» (Gv 3,18). «Il giudizio è questo: la luce è venuta nel mondo, ma gli uomini hanno amato più le tenebre che la luce, perché le loro opere erano malvagie. Chiunque fa il male odia la luce» (Gv 3,20).
Se opereremo sempre il bene, non avremo nulla da temere nel giorno del nostro Giudizio. Abbiamo inoltre a nostra disposizione il sacramento della Confessione: per suo mezzo si purificheranno le nostre anime e diventeranno luminose con la grazia di Dio. Proprio per mezzo del sacramento della Confessione che noi sperimenteremo tutta la ricchezza della Misericordia divina, e l'anima, umile e pentita, ritroverà la luce della vita.
Chiediamo alla Madonna, la Madre della Misericordia, di aiutarci ad accogliere sempre e fedelmente la Misericordia di Dio.
Il Vangelo commentato dai Santi Padri della Chiesa
Gesù Crocifisso dono d'Amore