DOMENICA III DOPO L' EPIFANIA
La guarigione del lebbroso e del paralitico.
(Mt 7, 2-13).
Due guarigioni piene di simbolo
Abbiamo qui due grandi miracoli: la guarigione del lebbroso e la guarigione del paralitico. Sono due guarigioni piene di simbolo, piene di ammaestramenti.
Sono guarigioni piene di simbolo. La lebbra e la paralisi sono simboli del vizio, ossia delle abitudini cattive che si acquistano con la ripetizione di atti cattivi, superbia, avarizia, lussuria ecc., col quale presentano spiccate analogie.
La lebbra, infatti, rovina tutto il corpo, inquinandone il sangue, e il vizio rovina tutta l'anima; la lebbra sfigura orribilmente il corpo, e il vizio sfigura orribilmente l'anima, togliendole tutta la bellezza; la lebbra consuma lentamente il corpo e lo spinge all'estremo sfacelo della morte, e il vizio consuma l'anima e la spinge all'estremo sfacelo della morte alla vita soprannaturale della grazia; la lebbra è contagiosa pei corpi degli altri, e il vizio contagia le anime spingendole alla rovina.
Altro simbolo espressivo del vizio è la paralisi. La paralisi, infatti, inceppa i movimenti naturali del corpo, e il vizio inceppa i movimenti soprannaturali dell'anima: è una tremenda catena che tiene l'anima avvinta alla terra e alle cose terrene, impedendole di slanciarsi verso il cielo e le cose celesti.
Il vizio, ossia le abitudini cattive, come la lebbra e la paralisi, sono le malattie più orribili dell'anima, ossia difficili e quasi impossibili a curarsi senza la mano di Dio.
Due guarigioni piene di ammaestramenti.
Ma le due guarigioni miracolose, oltre ad essere piene di simbolo, sono piene anche di ammaestramenti. Esse ci insegnano in che modo noi dobbiamo ricorrere a Dio per essere guariti dalle malattie dell'anima, ossia dai vizi.
Il lebbroso e il centurione ricorsero a Gesù con umiltà e con fede.
Ricorsero con umiltà, II lebbroso, infatti, si gettò bocconi per terra, « procidens in terra adorabat eum...». E il centurione, appena osa pregare Gesù; ritenendosi indegno di riceverlo in casa sua, usci in quel grido di umiltà che fu poi raccolto dalla Chiesa nella sua liturgia: « Domine... non sum dignus ».
Ricorsero con fede, senza la minima ombra di dubbio sul potere taumaturgico di Gesù. Ciò apparisce con evidenza dal modo con cui vien chiesto il miracolo. Il lebbroso dice a Gesù: « Signore, se tu vuoi, puoi mondarmi! - Domine, si vis, potes me mundare ».
E il Centurione: « Tantum dic verbo! - Di' una sola parola!... ». Una sola parola! Tanta è la sua fede nell'onnipotenza di Cristo!
Egli stesso ne rimase ammirato, e dinanzi alla fede di questo gentile non potè trattenersi dall'esclamare: « Non inveni tantam fidem in Israël! ».
Una preghiera penetrata da tanta umiltà e da tanta fiducia non poteva non essere ascoltata. E difatti il lebbroso si intese rispondere: « Volo, mundare! ». E il Centurione: « Va, e come tu hai creduto, ti avvenga! ».
Ricorriamo a Gesù con umiltà e con fiducia!
E' con questa profonda umiltà, è con questa viva fiducia che noi, gemendo sotto il peso delle nostre miserie, dobbiamo ricorrere a Gesù per chiedere la guarigione dai vizi, ossia dalle abitudini perverse, vere malattie dell'anima nostra.
Prostrati bocconi per terra, noi dobbiamo ripetere con la più viva fiducia: Se vuoi, puoi mondarmi! Di' una sola parola e sarò sanato! E anche noi ci sentiremo rispondere: Lo voglio, sii mondato!... Va, e siccome hai creduto, ti avvenga.
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 29 -30)
Guarigione del paralitico