DOMENICA II D'AVVENTO
Sei tu Colui che ha da venire?
(Mt 11, 2-11).
Tre momenti.
Per prepararci degnamente a commemorare la venuta di Cristo, la Chiesa, dopo aver richiamato alla nostra mente - Domenica scorsa - il gran di del giudizio, nelle tre domeniche susseguenti che ci separano dal Natale, mette sotto i nostri sguardi la poliedrica figura del Battista, il suo Precursore. E a ragione.
Colui il quale aveva preparato gli Ebrei alla venuta, del Messia, è indubbiamente la persona più indicata per preparare anche noi, coi suoi esempi e con la sua predicazione, a commemorare la venuta di Cristo.
Nel Vangelo di questa domenica si distinguono nettamente tre momenti: l'ambasceria di Giovanni, la risposta di Cristo, e l'alto elogio che Gesù fa di Giovanni.
L'ambasceria di Giovanni.
Era il primo anno della vita pubblica di Cristo. Il Battista, l’austero precursore di Cristo, dopo aver annunziato e chiaramente indicato nella persona di Cristo il Messia, vale a dire, Colui che doveva venire (come usavano chiamarlo gli Ebrei), era stato gettato da Erode Antipas nel fondo della prigione di Macheronte (oggi Makaur) ad est del Mar Morto, nella Perea, perché aveva osato stigmatizzare la sua vita scandalosa.
Siccome i detenuti potevano facilmente parlare con gli amici, Giovanni, dalla prigione, venne a sapere per mezzo dei suoi discepoli le opere prodigiose operate da Cristo. Mandò quindi due dei suoi discepoli chiedergli: Sei tu il Messia?.
Dubitava forse Giovanni della messianità di Cristo?... Affatto ne era stato certificato, infatti, non molto prima, con un segno soprannaturale. Allorché vide - come egli stesso asserì - lo Spirito Santo scendere su di Lui sotto forma di colomba (Io., 1, 33-34).
Perché dunque egli mandò a Gesù una simile ambasceria?…
Evidentemente, egli non lo fece per sé ma per i suoi discepoli i quali, accecati dall'amore per il proprio maestro, vedevano poco di buon occhio che la crescente fama di Cristo venisse ad ecclissare, in qualche modo, quella del loro maestro.
Li mandò quindi da Cristo affinché, dopo aver constatato de visu i miracoli che Egli operava, avessero creduto anch'essi in Lui.
Che bell'esempio per tutti coloro i quali lavorano nel campo dell'Azione Cattolica!.. Giovanni non cerca e non fa cercare se stesso, ma Cristo. Anche noi, nel nostro apostolato, non dobbiamo cercare e far cercare il nostro io, ma il nostro Dio, solo Dio!
La risposta di Gesù.
I messi di Giovanni si presentarono a Gesù: lo trovarono circondato da gran folla e da molti malati. E gli chiesero: « Sei tu colui che deve venire, o dobbiamo aspettare un altro? ».
E Gesù, invece di rispondere con le parole : « Si, sono io.», rispose coi fatti, operando vari prodigi alla loro presenza. E poi disse : « Andate e riferite a Giovanni ciò che avete udito e veduto : i ciechi veggono, gli zoppi camminano, i lebbrosi sono mondati, i sordi odono, i morti risuscitano e la buona novella è annunziata ai poveri».
Era come se dicesse: " Io - come avete voi stessi udito e veduto faccio tutto ciò che i profeti avevano predetto del Messia; dunque; sono il Messia!». Le parole possono ingannare, ma le opere no!
I prodigi, ai quali si appella Gesù, sono il sigillo di Dio.
Il miracolo, infatti, è un fatto sensibile superiore alle leggi ed alle forze della natura. Solo Dio, l'Autore della natura, può derogare alle leggi della natura. Solo una forza increata può superare le forze create. Allorché dunque Iddio opera prodigi per confermare la missione di una data persona, bisogna necessariamente concludere che la missione quella persona è verace, è divina.
Concluse Gesù « Beato è colui che non si sarà scandalizzato di me! ».
Vale a dire : « Beato colui la fede del quale non rimane scossa dalla mia umile povertà, e specialmente dalla mia futura passione e morte ».
L'elogio del Battista.
Tutti coloro che avevano udito l'ambasciata di Giovanni, ignorando il vero motivo per cui egli l'aveva inviata, avrebbero facilmente potuto pensare che Giovanni, dopo aver additato solennemente Gesù come Messia, si era poi lasciato agitare da qualche dubbio sulla sua missione. Gesù previene questo falso giudizio sulla instabilità del suo Precursore, facendone il più grande elogio. Egli mette in piena luce, con una triplice interrogazione retorica, piena di enfasi, la triplice caratteristica del Battista, vale a dire:
la fermezza del suo carattere,
l'austerità della sua vita,
la sua qualità di profeta, anzi più che profeta.
Giovanni Battista non è una banderuola, o meglio - come dice Gesù - una canna dondolata dal vento; no, ma è una quercia annosa che non si muove e non si piega a nessun vento. Egli è un carattere fermo, una tempra adamantina, e non già un volgare opportunista. Se fosse stato un opportunista, non si sarebbe trovato là dove ora si trova, in prigione.
Giovanni Battista non è un effeminato, un molle, vestito alla moda; no, ma un uomo austero, cinto di una veste di peli di cammello stretta ai fianchi da una cintola di cuoio. Se fosse stato un effeminato non si sarebbe ritirato in un deserto, ma sarebbe stato nella reggia.
Giovanni Battista è un profeta, anzi più che profeta, poiché mentre tutti gli altri profeti hanno annunziato il Messia da lungi, a lui è toccata la sorte di mostrarlo a dito. Egli è l'araldo del Messia, mandato da Dio stesso a preparargli la via.
Che figura meravigliosa quella del Battista !... E' l'ideale del perfetto cristiano. In questi giorni d'Avvento, specialmente, cerchiamo di non perderlo mai di vista, ispirandoci ad esso, sforzandoci di ricopiare la fermezza del suo carattere, acquistando una volontà energica, conseguenza di una convinzione profonda. Sforziamoci di ricopiare l’austerità della sua vita, rifuggendo non solo dal seguire ma anche dall'accarezzare le nostre passioni.
A queste condizioni soltanto potremo dirci veri cristiani, ossia veri seguaci di Cristo.
Si narra che l'imperatore Alessandro Magno, ad un soldato che portava il suo nome e che, aveva mancato di rispetto verso un tempio pagano, fece questa intimazione: « Aut muta nomen, aut muta mores!» O cambia nome, o cambia costume! »,
A quanti, che pur si dicono cristiani, N. S. Gesù Cristo potrebbe ripetere una simile intimazione!..
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 8-10)