(Lc 17, 5-10)
La Liturgia del giorno è tutta imperniata sul tema della fede, la prima delle virtù teologali e fondamento della vita cristiana. La Fede è come la radice di una pianta: anche se vive nell’oscurità dà vita alla pianta. Se togli le radici, secca tutto, cioè se perdi la Fede non hai più la speranza e la carità. Per questo “l’uomo giusto vivrà di fede” e “senza la fede è impossibile piacere a Dio” (Eb. 2,6).
Cosa è la fede
Umanamente, aver fede significa “credere”, cioè fidarsi, ritenere per certo che quanto qualcuno ci dice, anche se non lo vediamo e non lo possiamo costare. Abbiamo una “fede umana” che riguarda le cose naturali, e questi atti di fede ne facciamo ogni giorno (ad es. già quando ci nutriamo ci fidiamo del cibo che compriamo o ci viene portato a tavola, o ci fidiamo quando qualcuno ci dice qualcosa, ad esempio attraverso i notiziari o leggiamo ecc).
La “fede divina”, soprannaturale, invece riguarda il rapporto con Dio come origine (viene da Dio ed è dono di Dio) ed ha Dio come fine, perché ci porta al Signore per possederlo per sempre. La Fede, basandosi sull'autorità dì Dio, ci porta a credere fermamente tutte le verità che Egli ha rivelato e che la Chiesa ci insegna. Quando parla Dio, sapienza e bontà infinita, non è possibile dubitare della verità del Suo insegnamento. Dubitare o non credere significa offendere Dio, come s'offende un padre se si accorge che suo figlio non crede a quanto egli dice, o un maestro se un alunno non crede a quanto egli insegna. Oggetto della fede sono le verità rivelate da Dio: alcune di queste sono facilmente comprensibili dalla ragione umana; altre, i misteri della fede, racchiudono verità altissime, che riguardano la natura di Dio, la Trinità delle persone, ecc. e non le possiamo comprendere per la limitatezza dell'intelligenza umana.
Supponete che ci sia un cieco, qui sulla predella dell'altare. Non vede. Gli dico: Attento che c'è un gradino. Egli, anche se non lo vede, crede a quello che gli dico, perché sa che vedo e perciò scende di un gradino. Se invece non mi crede; se vuole camminare senza tener conto di quello che gli ho detto, non avverte che c'è il gradino e cade per terra e magari si rompe una gamba. Applichiamo sul piano della fede. Ci sono delle verità e realtà importantissime che noi non vediamo, di fronte alle quali siamo ciechi; esse superano la nostra capacità di vedere; ma sono realtà realissime, anche se noi non le vediamo, così come il gradino è una realtà realissima, anche se il cieco non la vede. Queste realtà e verità realissime e importantissime Dio, che è luce infinita, le vede e ce le manifesta, perché noi le accettiamo e ne teniamo conto nella nostra vita.
Dio stesso ci ha detto che Egli esiste, che è la fonte della vita non solo naturale, ma soprattutto soprannaturale, che Egli è unico, ma in tre Persone, il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo. Gesù Cristo, il Figlio di Dio, fatto uomo, è venuto proprio per farci conoscere il Padre che è nei cieli, per farci diventare figli di Dio mediante la grazia del Battesimo, per insegnarci a vivere da figli di Dio, evitando il male e facendo il bene, tutto il bene che ci è possibile e che è richiesto dal nostro stato di vita e dalle nostre responsabilità, io come prete, voi come buoni cristiani, nella vostra famiglia. Il Signore ci ha parlato delle verità del giudizio, del premio e del castigo eterno, l’Inferno, del Paradiso. A tutte queste verità noi dobbiamo aderire, credere, basandoci proprio sull’autorità di Dio.
Vivere di fede
Impegno nostro è quello di conoscere verità rivelate (San Girolamo diceva: "Ignorare le Scritture ignorare Cristo"), di approfondirle sempre più, con l’ascolto degli insegnamenti della Chiesa, con lo studio del catechismo che non è qualcosa riservato ai bambini ma è per tutti. Approfondire, quindi, le verità di fede.
Con la fede bisogna anche giudicare anche gli avvenimenti della storia e della vita, e abbandonarsi tutto a Dio liberamente, e fidandoci di Lui, vivendo di fede. Nella prima lettura c’è il richiamo del Signore a vivere di fede e di abbandonarsi a Lui. Il profeta Abacuc (1, 2-3; 2, 2-4) si lamenta con Dio per le condizioni desolate del suo popolo. Nell'interno iniquità perché Israele è infedele al suo Dio e all'esterno prepotenza e violenza perché il paese soggiace all'opera devastatrice dei nemici; essi sono strumenti della giustizia divina per la punizione degli Ebrei, ma non meno peccatori di loro. È lo scandalo del trionfo del male che sembra distruggere ogni bene e coinvolgere nella rovina anche i buoni. Finalmente Dio risponde al suo profeta con una visione che vuole scritta con chiarezza ad ammaestramento di quanti verranno; anzitutto Dio esorta alla costanza perché la giustizia verrà fatta, ma a suo tempo: « Se ritarda, aspettala, perché senza dubbio verrà ». Ed ecco come: « soccombe chi non ha l'animo retto, mentre il giusto vivrà per la sua fede » (ivi 3-4). L'insegnamento è per l'israelita, come per il cristiano, per il credente di tutti i tempi. Valido in ogni circostanza della vita dei singoli, dei popoli, della Chiesa. Anche quando tutto si svolge come se Dio non vedesse o non esistesse, occorre rimanere saldi nella fede. Dio può tardare a intervenire, ma è certo che interverrà a favore di quelli che credono in lui e a lui si affidino. « Dio collabora in tutte le cose al bene di coloro che lo amano » (Rm 8, 28).
La seconda lettura (2 Tm 1 6-8.13-14) richiama l’aspetto della fede professata e testimoniata nella vita. La fede bisogna anche testimoniarla e professarla anche con la vita, tra le prove e le persecuzioni devo dimostrare che accetto la verità cristiane, non ne ho vergogna e le difendo.
S. Paolo scrive a Timoteo: «Cerca di non arrossire della testimonianza per nostro Signore, né di me, suo prigioniero; ma soffri anche tu con me per il Vangelo, con la forza di Dio» (ivi 8). L'Apostolo intrepido, che per la fede aveva affrontato battaglie e rischi senza numero e riteneva sua gloria l'essere incatenato per Cristo, a buon diritto poteva esortare il suo discepolo e collaboratore a non intimidirsi per le difficoltà, ma a soffrire con lui per il Vangelo.
Noi professiamo la fede con le labbra ( ad es. il Credo che fra poco reciteremo) questa professione deve trovare corrispondenza anche col cuore e quindi anche con la vita. Il cristiano che non è disposto a soffrire qualche cosa per la sua fede, non può essere vero discepolo di Cristo. È umano che in certe circostanze insorga la timidezza o la paura, ma queste vanno, vinte «con la forza di Dio » e « con l'aiuto dello Spirito Santo che abita in noi » (ivi 8.14). Lo Spirito infatti è stato dato ai fedeli per sostenere la loro debolezza (Rm 8,26) e per renderli capaci di confessare il nome del Signore (1 Cr 12, 3).
Crescere nella fede
Dopo queste riflessioni circa le caratteristiche della fede sorge spontanea la preghiera che si legge nel Vangelo del giorno: «Signore, aumenta la nostra fede! » (Lc 17, 5-10). E’ una stupenda petizione che potremmo spesso utilizzare come giaculatoria durante il giorno, soprattutto nei momenti di difficoltà, poiché anche noi, come gli Apostoli, ci troviamo a volte con poca fede nei momenti di pericoli, di tentazione, di debolezza spirituale o di dolore. Alla richiesta degli Apostoli, il Maestro risponde: “se aveste fede quanto un granellino di senapa, potreste dire a questo gelso: sii sradicato e trapiantato nel mare, ed esso vi ascolterebbe” (ivi). Queste divine parole del Salvatore ci lasciano profondamente stupiti e ci fanno capire che tutto è possibile a chi crede. La fede, come dono di Dio, ha in sé una forza straordinaria capace di operare cose impossibili all’uomo.
Certo per esercitare la fede così, occorre umiltà, dobbiamo ritenerci sempre servi inutili perché appunto il Signore opera soprattutto quando ci riteniamo suoi poveri servitori, delle nullità. I superbo non vuol credere perché si fida solo della propria limitata intelligenza e non ammette che ci siano verità superiori a quelle che non può capire. Anche in questo mondo ci sono tante realtà che sono incomprensibili alla mente umana, eppure si accettano senza difficoltà. L'umile che si fida di Dio, vale immensamente più del presuntuoso scienziato che si fida solo di se stesso. Peccano perciò contro la fede coloro che non vogliono credere.
Esempi
Guardiamo, invece, alla fede dei santi che hanno operato cose impossibile e guardiamo soprattutto alla fede della Madonna. Ella non solo ebbe la fede dei martiri e dei dottori della Chiesa, ma li superò di gran lunga singolarmente e anche tutti insieme. Ella è Beata proprio per la sua fede, all’Annunciazione ha accolto la Parola del Signore ritenendosi la Serva, la schiava del Signore. Tutta la vita della Madonna fu una sublime vita di fede in crescita ardente e continua, sia nella gioia che nel dolore e nella prova.
Insegna molto bene S. Alfonso de' Liguori con la sua solita luminosa semplicità: « Vedeva ella il suo Figlio nella stalla di Betlemme, e lo credeva il creatore del mondo. Lo vedeva fuggire da Erode, e non lasciava di credere ch'egli era il Re dei re. Lo vide nascere e lo credè eterno. Lo vide povero, bisognoso di cibo, e lo credette signore dell'universo: posto sul fieno e lo credette onnipotente. Osservò che non parlava, e credette ch'egli era la sapienza infinita. Lo sentiva piangere, e credeva essere egli il gaudio del paradiso. Lo vide finalmente nella morte, vilipeso e crocifisso, ma benché negli altri vacillasse la fede, Maria stette sempre ferma nel credere ch'Egli era Dio ».
Chiediamo alla Madonna di aumentare la nostra fede, di rafforzarla e perfezionarla, di renderla simile alla sua. Preghiamola soprattutto col S. Rosario (mese del Rosario): tra le promesse che Madonna fa a chi recita il Rosario quotidiano è proprio quella di conservare e accrescere la fede.
Chiediamo alla Madonna anche di ottenere il dono della fede a tanti uomini che non ce l'hanno. Ripetiamo anche noi spesso la breve preghiera che l'Angelo insegnò ai tre pastorelli di Fatima: « Mio Dio, io credo, adoro, spero e vi amo. Domando perdono per tutti quelli che non credono, non adorano, non sperano e non vi amano».
Video catechesi
Gesù e la pianta di gelso (Lc 17,5)