DOMENICA VENTIQUATTRESIMA DOPO PENTECOSTE
La distruzione di Gerusalemme e la fine del mondo.
(Mt 24, 15-35).
Due domande e due risposte.
Il Vangelo di questa Domenica - che è l'ultima dell'anno liturgico - ci offre una pagina veramente tragica in cui ci viene descritta - anticipatamente - la fine ossia la distruzione del mondo (con la seconda venuta di Cristo e il giudizio universale) simboleggiata appunto dalla fine ossia dalla distruzione di Gerusalemme.
Per comprendere bene questa pagina, è necessario notare che due domande avevano rivolto gli Apostoli a Nostro Signor Gesù Cristo.
Prima domanda: Quando avverrà la distruzione di Gerusalemme e del Tempio?…
Seconda domanda: Quando avverrà la tua venuta e la fine del mondo?...
E siccome nella mente dei discepoli la fine di Gerusalemme era strettamente congiunta con la fine del mondo, Gesù rispose a tutte due le domande, descrivendo i segni che precederanno sia la fine Gerusalemme, sia la fine del mondo.
La distruzione di Gerusalemme.
Il segno della imminente distruzione di Gerusalemme è costituito dalla desolazione abominevole posta nel luogo santo, ossia nel Tempio, predetta già da Daniele. Questa desolazione abominevole, assai probabilmente deve ricercarsi nelle stragi e negli eccidi commessi nel recinto del Tempio dagli Zeloti i quali, dopo essersi impossessati con le armi del Tempio, per tre anni e mezzo- come racconta Giuseppe Flavio (Guerr. Giud., VI, 3) vi commisero le più orrende scelleratezze facendo perire più di 8.500 uomini. (SALES, Vangeli, Atti, pp. 106-107).
A questo segno i cristiani dovevano comprendere la fine immediata di Gerusalemme. E quindi dovevano fuggire subito ai monti. E così fecero i cristiani di Gerusalemme i quali, prima che le armi di Tito muovessero l'assedio, abbandonarono la città e si rifugiarono nelle montagne di Galaad, al di là del Giordano. Questa profezia della distruzione di Gerusalemme e del Tempio, si verificò nell'anno 70, sotto Tito, allorché la città fu assediata dalle milizie Romane. Gli orrori di quell'assedio - secondo Giuseppe Flavio furono superiori a qualsiasi immaginazione. Egli afferma che nessuna città, da che mondo è mondo, ebbe mai a soffrire tante calamità. I Romani, infatti, crocifiggevano quanti Giudei incontravano, e durante l'assedio ne uccisero oltre un milione, e novantottomila ne fecero prigionieri.
Così la città deicida scontava il suo fallo.
La fine del mondo.
Dato il segno della fine di Gerusalemme, Nostro Signore passa a parlare dei segni che precederanno la fine del mondo, simboleggiata appunto dalla fine di Gerusalemme. Il mondo, prima di finire, avrà la sua straziante agonia, ossia, vivrà giorni terribili, derivanti dalla persecuzione dell'Anticristo; dopo la quale si avrà una perturbazione violenta nel sistema planetario, poiché le forze che mantengono l’equilibrio tra i corpi celesti saranno profondamente scosse. Allora il segno del Figlio dell'uomo, ossia la croce, strumento della redenzione, comparirà nel cielo. E tutte le genti vedranno Gesù, pieno di maestà e di potenza, scendere in un istante dal cielo come giudice supremo di tutti gli nomini, radunati, al suono dell'angelica tromba, dai quattro punti cardinali, ossia dall'Oriente all'Occidente.
« Quando vedrete tutte queste cose, ossia questi segni, sappiate - dice Gesù - che, sia la fine di Gerusalemme, sia la fine del mondo, sarà vicina ». E conclude: « La stirpe giudaica non sarà distrutta finché siano compiute tutte queste cose sia riguardo alla fine di Gerusalemme, sia riguardo alla fine del mondo. Il cielo e la terra passeranno, ma le mie parole non passeranno! ».
Come si è adempiuta la prima profezia, ossia la fine di Gerusalemme, così si adempirà anche la seconda, ossia la fine del mondo, poiché la parola di Cristo non passa. Essa è l'ultima parola della storia dei secoli.
Prepariamoci fin da questo momento a quel momento supremo, distaccandoci col cuore dal mondo che passa, e anelando con tutte le forze a Dio, bene supremo, che non passa e che sarà in eterno la nostra felicità. A questa condizione soltanto, l'apparizione della croce sfolgorante di Cristo nel cielo e la sua seconda venuta a giudicarci, non ci atterrirà non ci farà versare lagrime di dolore ma lagrime di gioia: A questa condizione soltanto, la spaventosa tragedia descritta con sì vivi colori nel Vangelo di oggi si muterà in un divino poema.
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 197-202)