(Gv. 8, 46-59)
Abbiamo qui un quadro meraviglioso (uno dei più belli di tutto il Vangelo); un quadro pieno di luci e di ombre.
La perfidia degli avversari di Cristo (ossia degli Scribi e dei Farisei) dà un meraviglioso risalto alla sapienza, alla mansuetudine e al coraggio di Lui, come le ombre danno maggior risalto alle figure di un quadro.
La sapienza di Cristo.
Da risalto, innanzitutto, alla sapienza. Più volte quei perfidi avevano tentato di accusarlo come violatore del sabato, come amico dei pubblicani e dei peccatori, ma erano rimasti sempre confusi. Sapientemente, quindi, Gesù si rivolge a loro e dice: « Chi di voi può rinfacciarmi un solo peccato?.... ».
È la sfida più audace che sia stata mai lanciata nei secoli. Nessun uomo, sia prima che dopo Cristo, ha mai osato lanciarla, poichè ogni uomo, per quanto sia retto, si sente sempre impastato di miserie morali; ogni uomo si sente costretto a ripetere umilmente ciò che scrisse il De Maistre: « Io non so quello che sia la coscienza di un assassino, perchè non lo sono mai stato; ma io so quello che è la coscienza di un uomo onesto: e vi ripeto che è una cosa orribile! ».
Sono quindi veramente stolti coloro i quali dicono di non aver peccati.
Solo Gesù, santità per essenza, si erge nello sfondo dei secoli pieno di candida luce, senza la minima ombra di colpa. Solo Lui, quindi, potè lanciare con la più grande sicurezza la sfida : Chi di voi può convincermi di un solo peccato ?..
Ed aggiunse: « Se io vi dico la verità, perchè non mi credete?... Chi è da Dio, ascolta la parola di Dio: per questo voi non mi ascoltate, perché non siete da Dio ». Era come se dicesse: « Se ammettete - e vi sentite voi stessi costretti ad ammetterlo - che in me non vi è la benché minima ombra di colpa, allora dovete anche ammettere che io dico il vero, e quindi dovete credermi, perchè altrimenti io sarei bugiardo, e perciò peccatore. Ma voi non mi ascoltate e non mi credete perchè non siete guidati da Dio, non siete veri figli di Dio ».
Quanta luce di sapienza nelle parole di Cristo!...
La mansuetudine di Cristo.
Ma erano troppo deboli gli occhi dei Farisei per tollerare tanta luce! A conto di ragioni, quei forsennati - come del resto tutti i vinti - impugnano vilmente l'arma dell'oltraggio, ed esclamano: « Sei un Samaritano, ossia, un eretico! Sei un indemoniato, ossia, uno guidato dal diavolo... ».
Che insulti atroci, sanguinosi per Cristo! Eppure Nostro Signore non perde la sua imperturbabile serenità... E con la più grande mansuetudine si limita a dire:
1) che non è un indemoniato, ma che onora il Padre suo, mentre essi lo disonorano, insultando Colui dal quale Egli era stato mandato.
2) Protesta, con la massima calma, che Egli non cerca affatto la sua propria gloria, poichè il Padre, che essi chiamano loro Dio, ma che di fatto non hanno mai conosciuto, prenderà le sue difese.
3) E conclude : « Chi osserverà la mia parola non vedrà la morte in eterno »
Che mirabile dolcezza e monsuetudine in Cristo!... Egli ci insegna praticamente il modo con cui dobbiamo diportarci con coloro che non condividono le nostre idee; anche se empi ed ipocriti come i Farisei, noi non dobbiamo perdere, nel disputare con essi, la calma... Alle provocazioni, agli insulti, anche i più sanguinosi, noi dobbiamo opporre la più serena dolcezza. Poichè è questa serena dolcezza quella che convince e trionfa. Se tante spose, madri e sorelle, non ottengono mai nulla dai loro rispettivi mariti, figli e fratelli, ciò si deve quasi sempre al fatto che le loro ammonizioni, i loro giusti richiami non sono a base di serena dolcezza, ma a base di acredine e di improperi...
Il coraggio di Cristo.
Gli Scribi e i Farisei, accesi dall'odio, interpretano malignamente le parole di Cristo: « Chi osserverà la mia parola, non vedrà la morte in eterno! ».
Gesù parlava della morte spirituale; essi, invece, l'intendevano della morte materiale, e per gettare sopra di Lui il ridicolo, per esporlo al ludibrio del popolo, gli fecero insensatamente osservare che Abramo e i Profeti - i quali, senza dubbio, custodirono la parola di Dio - erano morti…
E gli dicono: « Se Abramo e i Profeti sono morti, come puoi tu pretendere di dare l'immortalità a coloro che crederanno alla tua parola?...Chi pretendi di essere tu?... ».
Gesù allora prendendo occasione dalle loro parole, manifesta con giuramento, nel modo più solenne ed esplicito, la sua divinità - quella divinità che Egli aveva mostrato coi più strepitosi prodigi - ed esclama :
« In verità, in verità vi dico: prima ancora che Abramo fosse fatto, io sono...». lo sono!... Che parola sublime!... E' un'eco della risposta che Iddio diede a Mosè: « Ego sum qui sum ».
Non dice: io era, ma: io sono. E a ragione. Poichè « benchè come uomo sia misurato dal tempo, ed abbia perciò un certo numero di anni, come Dio non è misurato che dall'eternità » (SALES, Vangeli, pag. 391).
Egli è sempre stato e sempre sarà e può dire con grande ragione: « lo sono! ».
Dinanzi a questa chiara ed esplicita affermazione della sua eternità, e quindi della sua divinità, quei perfidi, invece di cadere ginocchioni per terra ed adorarlo, diedero di piglio ai sassi per lapidarlo, come bestemmiatore. Ma Gesù si rese invisibile. E rimasero li, coi sassi in mano e... - come si suol dire - con un bel palmo di naso.
Con questo contegno, Gesù ci insegna ad avere il coraggio di dire sempre e dovunque la verità, anche se scottante, allorchè l'onore di Dio e il bene dei nostri fratelli la esigono e reclamano, costi quel che costi, anche se dovesse sollevare contro di noi una vera sassaiola morale. Dio verrà in nostro aiuto !.
A questa condizione soltanto saremo degni cristiani, ossia veri seguaci di Cristo, che si defini: la verità
« Ego sum veritas! ».
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 60 -62)
Gesù con gli scribi e i farisei