4a DOMENICA DI AVVENTO - ANNO B
“Eccomi sono la serva del Signore”
(Lc 1,26-38)
Siamo alla quarta domenica di Avvento, antivigilia del S. Natale e basta questa parola per farci trasalire di gioia, pensando alla nascita del nostro Salvatore, in una piccola grotta di Betlemme. In queste domeniche d’Avvento ci hanno aiutato a prepararci a questa solennità delle figure importanti: il profeta Isaia, S. Giovanni Battista, precursore del Signore, San Giuseppe e un posto assoluto l’occupa la Santa Vergine, dalla quale è nato Gesù. Per tutta la settimana, la proclamazione del Vangelo farà perno attorno a Lei e questa domenica, abbiamo sentito proprio il brano del Vangelo dell’Annunciazione, con l’Incarnazione del Verbo, dove in Lei, Dio pone la sua dimora, la sua casa, realizzando in pieno la profezia rivolta a Davide, come abbiamo sentito nella prima lettura, promettendo a Davide una dinastia eterna. Tale promessa costituisce un punto cardine nella storia della salvezza, non inferiore - per importanza - alla vocazione ed elezione di Abramo. Storicamente siamo intorno al 1000 a.C. Davide ha ormai consolidato il suo regno: all'interno è riconosciuto unico capo politico delle dodici tribù d'Israele; all'esterno egli ha sconfitto definitivamente i filistei; conquista Gerusalemme che viene eretta a nuova capitale, politica e religiosa, della dinastia. davidica. In questo contesto storico, del tutto favorevole, Davide pensa di costruire una «casa» (un tempio) a Dio, dove depositare l'arca dell'Alleanza, simbolo della fedeltà di Jahvè alle sue promesse. Costruendo una casa al Signore, Davide vorrebbe dare una dimora stabile a Dio, racchiudendo la sua presenza in uno spazio sacro, dove possa essere incontrato dal popolo.
L'idea sembra buona e lodevole. Anche Natan, profeta di corte, la approva. Ma il Signore rovescia il progetto del re, ne capovolge ogni aspettativa. Infatti non sarà Davide a costruire una «casa» (un tempio) a Dio; sarà invece Dio stesso che farà una «casa» (una dinastia) a Davide: «Una casa farà a te il Signore» (2 Sam 7, 11) e la permanenza della discendenza davidica sul trono d'Israele. Nel chiaroscuro della promessa s'intravede la venuta di un díscedente che avrà una relazione del tutto particolare con Dio: «Io gli sarò padre ed egli mi sarà figlio. La tua casa e il tuo regno saranno saldi per sempre davanti a me e il tuo trono sarà reso stabile per sempre » (vv. 14.16). Questa promessa di Dio è il vero centro della storia di Davide, è il culmine della sua regalità. L'oracolo costituisce una delle pagine più importanti della Bibbia, scandisce un'ora decisiva nella storia della salvezza. (Dopo l'elezione di Abramo e le promesse ai patriarchi, dopo l'alleanza sul monte Sinai, tale promessa di Dio fonda l'alleanza definitiva del Signore col popolo eletto attraverso la dinastia davidica). In termini di alleanza questa promessa viene interpretata anche dal Salmo 88 (Salmo responsoriale):
«Ho stretto un'alleanza con il mio eletto, ho giurato a Davide mio servo: stabilirò per sempre la tua discendenza, ti darò un trono che duri nei secoli. Egli mi invocherà: Tu sei mio padre, mio Dio e roccia della mia salvezza. Gli conserverò per sempre la mia grazia, la mia alleanza gli sarà fedele» (Sal 88, 4-5.27-28).
Quest'oracolo è il primo anello delle profezie sul Messia, «figlio di Davide». Nonostante tutte le vicissitudini storiche del popolo eletto, l'annuncio sarà tenuto vivo e presente nella memoria religiosa degli ebrei. Per circa mille anni, grazie soprattutto all'ispirazione profetica sul Messia futuro, quella promessa di Dio sosterrà la speranza d'Israele anche nei momenti più oscuri della sua storia. Gesù di Nazaret attuerà definitivamente la promessa di Dio: egli sarà il Messia (il Cristo) non solo per il popolo d'Israele, ma per il mondo intero.
Maria, fiore di Nazaret, Madre del Messia
La grande e fondamentale promessa di Dio - attraverso il profeta Natan - al re Davide e dal profeta Isaia, trova la sua attuazione in Maria. La stupenda pagina di Luca (1, 26-38; Vangelo) ci fa incontrare l'evento promesso nella sua realizzazione storica. Il passo è un intreccio di riferimenti espliciti alle promesse di Dio fatte nell'Antico Testamento: echeggia qui il richiamo alla profezia messianica di Isaia (7, 14), alla profezia di Natan al re Davide (1a lettura; 2 Sam 7, 1-15); anzi, con la menzione della «casa di Giacobbe», vengono rievocate implicitamente tutte le promesse di Dio ai patriarchi Abramo, Isacco, Giacobbe e Giuseppe. Ciò significa che con la nascita del bambino da Maria è finito il tempo dell'attesa: ogni promessa ora si adempie; è giunta l'ora del compimento. Il bambino che nasce da Maria è il Messia promesso ed ella è la Madre del Messia di Dio. Il contenuto della risposta dell'angelo a Maria è molto chiaro anche sulla natura divina e umana del figlio che ella concepirà e darà alla luce: Gesù è «il Figlio di Dio» (1, 35).
Non si tratta di una semplice adozione di Gesù da parte di Dio Padre, ma della sua vera figliazione divina, generato dall’eternità dal Padre. Il motivo ultimo e sufficiente per poter affermare questo è comprovato da un fatto trascendente: il bambino che nascerà da Maria viene concepito per opera dello Spirito Santo (v. 35), la forza onnipotente e creatrice di Dio. La potenza di Dio «stenderà la sua ombra» su Maria. C'è qui un'allusione alla «nube», simbolo della presenza di Dio, che si posava sull'arca dell'Alleanza e sul tempio. A partire dal concepimento verginale sarà invece su Maria che Dio stabilirà la sua presenza nel mondo, facendo di lei «l'arca» che porta la nuova Alleanza della salvezza: il Messia, il Figlio eterno di Dio.
Prepararci al Natale con la fede obbediente di Maria
Tutti gli elementi dell'Annunciazione tendono a sottolineare che le promesse si compiono per dono gratuito di Dio, non per merito dello sforzo umano. La maternità di Elisabetta, vecchia e sterile, è un «segno» ulteriore della gratuità del dono di Dio e che nulla è impossibile a lui (v. 36-37). Ma Dio opera liberamente nella storia e nel mondo servendosi della collaborazione umana; alle attese di Dio Maria risponde con prontezza e con la disponibilità sponsale: «Eccomi, sono la serva del Signore, avvenga di me quello che hai detto» (v. 38). L'angelo aveva chiamato Maria «piena di grazia»; Maria risponde invece definendosi «la schiava (serva) del Signore». Tutto il suo atteggiamento è corrispondenza pronta e gioiosa alla parola di Dio, è docilità incondizionata alla volontà divina. Alla fedeltà assoluta di Dio nella storia della salvezza Maria risponde e corrisponde col suo «Sì» (fiat), compendio di tutta la sua disponibilità a Dio nella fede, nella vita e nella sua missione storica di vergine, sposa e madre. Il « fiat » di Dio ha creato dal nulla tutte le cose; il « fiat » di Maria ha dato corso alla redenzione di tutte le creature.
Cosi, Maria diventa la nuova terra-virgo: «In quanto estremamente arrendevole a Dio, plasmata da Dio, ricapitola nella sua personale risposta la prima donna, Eva, contrapponendo obbedienza a disobbedienza».
«Eva disobbedì, e fu disobbediente mentre era ancora vergine - commentava già il grande Ireneo di Lione - [ ... ]; come Eva dunque, disobbedendo divenne causa di morte per sé e per tutto il genere umano, così Maria [ ... ], obbedendo divenne causa di salvezza per sé e per tutto il genere umano». «Il nodo della disobbedienza di Eva trovò soluzione grazie all'obbedienza di Maria. Ciò che Eva aveva legato per la sua incredulità, Maria l'ha sciolto per la sua fede» (SANT' IRENEO, Adv. baer. 111, 22, 3)
Ecco, in definitiva, il vero significato del Natale, che stiamo per rivivere. Dio vuole che questo augusto mistero, vissuto per prima dalla Madre divina, si realizzi anche nella vita di ogni uomo. Il Figlio di Dio che ha trovato tutta la sua compiacenza nel rinchiudersi nel seno purissimo di Maria, prendendo da Lei la sua carne verginale, desidera entrare, dimorare e prendere possesso anche della nostra anima. Siamo destinati anche noi a diventare dimora santa di Dio se, seguendo l’esempio fulgidissimo della Madre Celeste, saremo capaci di dare, in ogni circostanza della vita, il nostro pieno consenso alla Volontà di Dio. In tal modo permetteremo al Figlio di Dio di rinnovare anche in noi il mistero della sua incarnazione e della sua nascita. Preghiera, ascolto della Parola di Dio, compimento dei nostri doveri quotidiani, osservanza dei comandamenti, purificazione dell’anima specie con la confessione, nutrirci dell’Eucarestia.
Ma non sempre il Signore trova cuori aperti a riceverlo, forse anche il nostro. Il rifiuto dell’uomo alla venuta nel mondo del Figlio di Dio rappresenta l’aspetto più drammatico del mistero dell’Incarnazione. Il dramma continua ancora oggi. In quanti cuori Gesù oggi non trova più posto; in quante famiglie non è più presente; da quanti popoli è ignorato e sconosciuto. Per noi non dev’essere così. Spalanchiamo, invece, con gioia il nostro cuore al Salvatore che viene, con l’aiuto di Maria, nostra Madre, contemplando e imitando con fede e generosità il suo SI a Dio.
Annunciazione (Leonardi da Vinci)