(Mt 28,19)
Il mistero dei misteri.
Con la festa della SS. Trinità noi abbiamo raggiunto il culmine dell'anno liturgico. Tutte le varie feste dell'anno, infatti, come del resto tutti i misteri, derivano, a guisa di altrettanti rivi, da quell'oceano luminoso, infinito che è Dio uno e Trino.
La SS. Trinità è indubbiamente il primo, il più augusto e fondamentale mistero della religione cristiana. Esso la differenzia nettamente da qualsiasi altra religione, anche monoteistica.
Questo mistero lo troviamo espresso luminosamente in quelle parole di Cristo agli Apostoli: « Battezzate tutte le genti nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.». Le tre divine persone (il Padre, il Figliuolo, lo Spirito Santo) non potrebbero essere più chiaramente designate. Ma insieme alla trinità delle persone, viene anche chiaramente indicata l'unità dell'essenza (ossia dell'essere assoluto); si dice, infatti: «battezzare nel nome » (in singolare) e non già « nei nomi » (in plurale) del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
È un mistero, non si può negare. E' anzi il mistero per antonomasia, il mistero dei misteri. E' quindi qualche cosa di impenetrabile. Nessuna meraviglia: Sia fuori che dentro di noi, non è forse tutto un mistero?.. Il mistero ci circonda, ci avvolge da ogni parte. Mistero, infatti, la nostra mente; mistero il nostro cuore così perverso e inscrutabile; mistero la nostra stessa esistenza; mistero la natura che ci circonda con le sue varie leggi; mistero il cielo, la terra, il mare, tutto!.. Che meraviglia dunque che vi siano dei misteri nella vita intima di Dio, essere infinitamente superiore alla nostra limitatissima intelligenza?...Cantava egregiamente il nostro divino Poeta: « Matto è chi spera che nostra ragione - possa trascorrer l'infinita via - che tiene una sustanzia in tre persone » (Purg., 3, 34 e ss.).
Superiore alla ragione, non contrario.
Quantunque l'ineffabile mistero della SS. Trinità sia necessariamente superiore alla ragione, esso non è affatto contrario alla medesima, non includendo nel suo concetto alcunché di contraddittorio.
A torto, quindi, il poeta scettico Heine, facendo dello spirito fuor di luogo, raccomandava di non insegnare ai bambini il catechismo insieme alla tavola pitagorica. Poiché - diceva egli - mentre la tavola pitagorica insegna che l'uno non è il tre e il tre non è l'uno, il catechismo invece insegna l'identità dell'uno col tre. Sciocchezze sorte sul rude tronco dell'ignoranza religiosa! II poeta Heine - e con lui tanti altri - doveva forse conoscere bene la tavola pitagorica, ma non doveva certo conoscere ugualmente bene i primi elementi del catechismo cattolico.
II dogma della SS. Trinità, infatti, non ci spinge affatto ad identificare l'uno ed il tre, e quindi ad ammettere una contraddizione. Si avrebbe una vera e propria contraddizione, e quindi una cosa contraria alla ragione, se la fede ci insegnasse che il tre e l'uno sono una medesima cosa sotto il medesimo aspetto. Ma la nostra fede è lontana le mille miglia da una simile affermazione
Allorché diciamo che tre persone sono un Dio solo, riferiamo il tre ad una cosa (ossia alle persone), e l'uno ad un'altra (ossia all'essenza o essere assoluto). Non vi è quindi la minima contraddizione, non vi è nulla che non possa essere accettato anche dalla mente più esigente.
Nella SS. Trinità abbiamo un Essere assoluto (l'essenza), esistente in tre Relativi necessariamente distinti (le tre divine persone), per l'opposizione propria delle relazioni. Dal Padre, infatti, procede (per via di generazione intellettiva) il Figlio; dal Padre e dal Figlio procede (per via di spirazione o d'amore scambievole) lo Spirito Santo.
Una pallida immagine.
Una qualche pallida immagine della SS. Trinità, noi possiamo riscontrarla in noi stessi, o meglio, nell'anima nostra la quale - come dice Bossuet - « è una trinità creata a somiglianza della Trinità increata ».
L'anima nostra, infatti, nonostante la sua unità, può considerarsi sotto un triplice aspetto: Ella è, ella si conosce, ella si ama. Ella è, ossia ella è qualche cosa di reale, principio di conoscenza e di amore; ella si conosce, ossia, genera, nel suo intelletto, se stessa, come oggetto conosciuto (il verbo mentale); ella si ama, ossia produce, in certo qual modo, se stessa nella sua volontà, come oggetto amato.
La nostra mente, dunque, nonostante l'unità del suo essere, si può considerare nel suo essere reale, nel suo essere conosciuto e nel suo essere amato. Ed in questo, precisamente, l'anima nostra presenta una immagine della SS. Trinità, in quanto che essa, simile al Padre, ha l'essere esistente nella sua natura; simile al Figlio, è concepita nell'intelletto; simile allo Spirito Santo, è amata nella sua volontà. Come la nostra duplice operazione immanente, ossia l'operazione intellettiva e volitiva, costituisce tutta la nostra vita intima; così queste due operazioni costituiscono la vita intima di Dio (le operationes ad intra).
Ma è necessario notare che questa grande somiglianza dell'anima nostra colla SS. Trinità è accompagnata da una non meno grande dissomiglianza. Ed è precisamente in una tale smisurata dissomiglianza che è riposta la misteriosa ed impenetrabile profondità di questo dogma. Le nostre operazioni intellettive, infatti, ossia l'atto della cognizione e l'atto dell'amore, sono in noi accidentali (ossia, non sono l'essere stesso dell'uomo), imperfette, transitorie. In Dio, invece, queste due operazioni immanenti sono sostanziali (ossia sono l'essere stesso di Dio), perfette, eterne; di modo che una persona non è superiore all'altra, una persona non è prima dell'altra, una persona non è senza l'altra.
Per questo, la somiglianza dell'anima nostra con la Trinità sacrosanta, ci può fornire soltanto una pallida immagine, una idea enigmatica dell'alto mistero.
Glorifichiamo la SS. Trinità col pensiero, con le parole, con le opere!...
Ma anziché sforzarci a penetrare l'impenetrabile, è assai più utile per noi considerare alquanto quale dev'essere il nostro atteggiamento dinanzi alla SS. Trinità. Esso si può sintetizzare e concretizzare in una sola parola: glorifichiamola!... « Benedicamus Patrem et Filium cum Sancto Spiritu! Laudemus et superexaltemus eum in saecula! ». Glorificare la SS. Trinità col pensiero, con le parole, con le opere. « Gloria tibi Trinitas! ».
Dobbiamo glorificare, innanzitutto, la SS. Trinità col pensiero, credendo fermamente e adorandola profondamente « con le ginocchia della mente inchine ». La fede è il raggio più fulgido della infinita sapienza di Dio, comunicato all'uomo. Noi dobbiamo sentirci felici di sentire. alla luce della fede, tutta la nostra piccolezza e ignoranza per onorare la infinita grandezza e la infinita sapienza divina.
Dobbiamo glorificare, in secondo luogo, la SS. Trinità con le parole, ripetendo spesso la ben nota dossologia: « Gloria Patri el Filio et Spiritui Sancto! ». Si sa che alcuni santi eremiti passavano lunghi anni in questo solo esercizio. S. Caterina da Siena la ripeteva quasi di continuo. Il beato Pier Giorgio Frassati, colpito dall'esempio della Serafica Vergine Senese, la ripeteva di tanto in tanto, sia in casa che fuori, per le strade, sulle vetture, nel lavoro, nel divertimento, nella notte, allorché si destava... Imitiamolo!...
Dobbiamo glorificare, infine, e sopratutto, la SS. Trinità con le opere, ossia con tutta la nostra vita, indirizzandola tutta alla sua maggior gloria. Essa dev'essere non indegna della SS. Trinità, ad immagine e somiglianza ella quale noi siamo stati creati.
Dall'alba al tramonto della vita, noi dovremo ripetere continuamente, Beati del Cielo: « Al Padre, al Figlio, allo Spirito Santo…. gloria!» (Par. 27, 1).
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 90-93)
Commento dei Padri della Chiesa -Mt. 28,16-20
SS. Trinità