Omelia della 24a Domenica TO - Anno C
Dio ricco di misericordia ci perdona
Dalle letture bibliche di questa domenica emergono alcuni insegnamenti fondamentali che ci portano ad una conoscenza più approfondita del mistero di Dio: il Signore è ricco e infinito nella sua misericordia, che ci ama di amore gratuito e che, malgrado le nostre infedeltà, ci perdona sempre fino a rallegrarsi ogni volta che pentiti torniamo a Lui.
Come abbiamo sentito nella prima lettura, già il popolo d’Israele, nell’A.T., poté sperimentare questa misericordia: mentre Mosè era sul monte Sinai, il popolo peccò gravemente di idolatria, abbandonando il Dio vero per prostrarsi davanti a un vitello d’oro costruito dalle sue mani. Il Signore, sdegnato per quella infedeltà, minacciava di distruggere il popolo, ma poi si lasciò vincere dall’ardente e accorata supplica di Mosé. Dio desisté dal suo proposito e perdonò ancora una volta. L’intercessione di Mosè che riuscì a placare la collera divina è figura di quella immensamente più grande operata da Cristo quando, pagando con il suo sangue divino il riscatto dei nostri peccati, compì quella mirabile opera di riconciliazione tra noi e Dio, che san Paolo sintetizza oggi nella seconda lettura con queste incisive parole: “Cristo Gesù è venuto nel mondo per salvare i peccatori” (1 Tm 1,15). E’ in Gesù quindi che si realizza pienamente il mistero ineffabile della misericordia divina. Il brano della lettera a Timoteo è un inno alla misericordia di Dio, sgorgato dal cuore traboccante di riconoscenza di san Paolo. Questi, volgendo lo sguardo al passato, ricorda di essere stato “un bestemmiatore, un persecutore, un violento” (ivi, 13) e confessa con umile e commossa riconoscenza “che Gesù ha voluto dimostrare in me, per primo, tutta la sua magnanimità, a esempio di quanti avrebbero creduto in lui” (ivi, 16). L’esame di coscienza e la confessione di S. Paolo è un richiamo per ciascuno di noi a considerare i nostri peccati e la misericordia di Dio verso di noi, e soprattutto le tre parabole del Vangelo di oggi da Gesù mettono in evidenza la profondità e la grandezza di questa misericordia, e il ritorno a Dio Padre.
Un dato fondamentale che emerge è che agli occhi di Dio ogni persona è importante, preziosa, unica, e quindi oggetto di amore infinito, di ricerche e preoccupazioni continue, di attese lunghe e pazienti. Non possiamo mai immaginare con quanta tenerezza di amore misericordioso il Signore ci accompagna, ci ricorda, ci segue e ci dimostra il suo amore fino a rallegrarsi di indicibile gioia e a far festa ogni volta che, pentiti, ritorniamo a Lui
La parabola del figlio prodigo
Le tre parabole sono strutturate con i seguenti elementi: il peccato o la perdita, la conversione o il ritrovamento, il perdono e la gioia. Questi elementi appaiono però più diffusamente e chiaramente nella terza parabola, che gli esegeti chiamano il compendio del Vangelo, la regina delle parabole, la pagina principale dei libri sacri.
Viene descritto anzitutto il peccato del figlio. Si tratta di un’offesa ignominiosa del figlio ingrato e insolente verso il più affettuoso dei padri. Alla ribellione seguono l'abbandono della casa paterna, la fuga in regione lontana (v. 13), lo sperpero dei beni paterni nei vizi, la povertà e miseria, la servitù, la degradazione e l'abiezione (v. 13-16).
Segue con pennellate toccanti il racconto della conversione (17-20) L'occasione è offerta dalla desolazione e dalla tristezza; l'inizio è la riflessione, con cui il figlio, rientrato in sé, pensa ai beni perduti e al triste stato in cui si trova. Le tappe della conversione sono pure indicate: rimorsi della coscienza; tristezza per il peccato commesso; proposito di rialzarsi e di ritornare al padre; umile confessione della colpa; volontaria accettazione dell'espiazione dovuta.
Ed ecco il commovente epilogo: il perdono (v. 20-24).
Il padre aspetta premuroso il ritorno del figlio, gli muove incontro con compassione, previene col suo abbraccio e bacio soavissimo la confessione del figlio; a lui, che umilmente confessa la sua colpa, non muove alcun rimprovero; subito lo riammette nel possesso di tutti i beni perduti e sfoga la sua immensa gioia per il ritorno del prodigio con un festoso convito. Degne di nota anche le parole con cui il padre risponde al figlio maggiore, che per invidia mormora contro il padre, accusandolo di eccessiva indulgenza: “Figliolo, tu stai sempre con me e tutto il mio è tuo; ma era giusto fare un banchetto e rallegrarsi, perché questo tuo fratello era morto ed è tornato in vita; era perduto ed è stato ritrovato” (v. 31-32).
Il nostro cammino verso il Padre
Quel figlio prodigo, che riceve dal padre la porzione di patrimonio che gli spetta e lascia la casa per sperperarla in un paese lontano, « vivendo da dissoluto », è in certo senso l'uomo di tutti i tempi, cominciando da colui che per primo perdette l'eredità della grazia e della giustizia originaria, e ogni peccatore, quindi ciascuno di noi, con i nostri peccati personali. Quando l’anima pecca, si allontana da Dio Padre, lascia la sua amorosa compagnia e si abbandona agli stravizi, distruggendo in se stessa la grazia e tutte le buone qualità che Lui le ha donate; il peccato le porta la miseria più squallida, ed essa da serva di Dio diventa serva, anzi la schiava delle passioni più immonde, patendo la fame di uno stato di infelicità spirituale e corporale. Sotto l’impeto dei castighi il peccatore rientra in se stesso ed ha un primo movimento di ritorno a Dio; considera la brevità e la nullità delle sue false gioie, considera la pace e la felicità di chi opera il bene, si vergogna di sé e decide di ritornare al Padre Celeste, andando da chi in terra lo rappresenta. Padre, ho peccato, ecco l’umile confessione che il peccatore fa a Dio ai piedi del Confessore.
Dio è infinita misericordia ed accoglie subito al suo cuore chi si pente sinceramente; ordina ai suoi servi, cioè ai Sacerdoti, di mettergli con l’assoluzione, la veste della grazia; non gliela pone Lui direttamente, ma chiama i suoi servi, e da essi gli fa porre al dito l’anello di nuove grazie ed ai piedi i sandali della libertà, ordinando poi il banchetto dell’amore, il banchetto Eucaristico perché si sazi di beni, del sommo Bene, del Corpo del suo Figlio, di Gesù, nella S. Comunione. E “mangiamo e facciamo festa, perché questo mio figlio era morto ed e tornato in vita, era perduto ed è stato ritrovato” (Lc 15,22-24); Ci sarà più gioia in Cielo per un peccatore convertito che per novantanove giusti che non hanno bisogno di conversione” (vv. 7.10)
Ed è gioia, grande gioia. Una gioia che deve essere partecipata, condivisa anche dagli altri, senza recriminazioni (pensiamo al figlio maggiore che protesta) così che le nostre famiglie, le nostre comunità, le nostre parrocchie, la nostra Chiesa, diventino sempre più comunione di persone, luoghi di incontro tra il Padre e i suoi figli, e tra fratelli.
Rimanere sempre nella Casa del Padre
Dobbiamo sempre rimanere nella Casa del Padre, cioè in grazia di Dio, non allontanarci mai da Lui col peccato, cioè dobbiamo essere sempre fedeli al Signore, dobbiamo perseverare. Per questo fine dobbiamo pregare ogni giorno e dobbiamo essere molto devoti della Madonna, perché ogni grazia scorre attraverso le sue mani, quindi anche la grazia della perseveranza. La Madonna stessa promette questa grazia a tutti coloro che la servono fedelmente in questa vita, secondo queste parole che la santa Chiesa mette sulle sue labbra: "Quelli che operano per me, non peccheranno; quelli che mi mettono in luce, avranno la vita eterna" (Sir 24,30-31). Perciò san Filippo Neri ammoniva sempre i suoi penitenti e diceva loro: "Figli, se desiderate la perseveranza, siate devoti alla Madonna". Allo stesso modo S. Giovanni Berchmans della Compagnia di Gesù diceva: "Chi ama Maria, avrà la perseveranza". A questo proposito S. Alfonso M. De Liguori, nella sua grande opera “Le glorie di Maria” cita l'abate Ruperto che fa una bella riflessione proprio sulla parabola del figlio prodigo. "Se il figlio scapestrato avesse avuto ancora sua madre, o non avrebbe mai lasciato la casa paterna o sarebbe tornato molto più presto". Vale a dire: chi è figlio di Maria, o non si allontana mai da Dio, o se per disgrazia ciò accade, ritorna subito, per mezzo di Maria. Affidiamoci quindi alla Madonna, per non allontanarci mai dal Padre Celeste o per ritornare prontamente a Lui.