Omelia Domenica XXXII - Anno C
La risurrezione dei nostri corpi e la vita eterna, con il Dio dei vivi.
Siamo nel mese di novembre, mese dedicato ai fedeli defunti e mese in cui siamo chiamati a riflettere sul mistero della morte e della vita oltre la morte. La liturgia della Messa di oggi, molto opportunamente, ci propone alla nostra considerazione questi temi e ci richiama soprattutto ad una delle verità di fede che professiamo nel Credo: la risurrezione dei corpi e l'esistenza di una vita eterna per la quale siamo stati creati.
La prima lettura, tratta dal libro dei Maccabei, ci parla di sette fratelli che, insieme alla madre, preferirono morire piuttosto che trasgredire la legge del Signore. Mentre venivano torturati confessarono con fermezza la loro fede in una vita oltre la morte: «E bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati». E’ da notare che questa confessione di fede avveniva ancor prima della venuta di Cristo e che gli Ebrei credevano. Infatti, questa verità fondamentale rivelata da Dio viene proclamata anche in altri passi dell'Antico Testamento.
Anche ai tempi di Gesù, era una convinzione universalmente diffusa tra gli ebrei, solo il partito dei Sadducei non credevano alla resurrezione, né all'immortalità dell'anima, all'esistenza degli angeli e all'azione della Provvidenza divina. Nel Vangelo della Messa leggiamo che proprio alcuni Sadducei si avvicinarono a Gesù per rivolgergli una domanda che lo mettesse in difficoltà. Se un uomo fosse morto senza lasciare figli, secondo la legge del levirato il fratello aveva l'obbligo di sposarne la vedova per dargli una discendenza. Così - dicono a Gesù - successe a sette fratelli, uno dopo l'altro: «Questa donna dunque, nella risurrezione, di chi sarà moglie? Poiché tutti e sette l'hanno avuta in moglie». Sembrava loro che le conseguenze di questa legge avrebbero determinato una situazione grottesca alla risurrezione dei corpi.
Gesù risolve la questione, in sé frivola, affermando inequivocabilmente la realtà della risurrezione e insegnando le proprietà dei corpi risorti. La vita eterna non sarà uguale a questa vissuta sulla terra: lì «non prendono moglie né marito [...], perché sono uguali agli angeli e, essendo figli della risurrezione, sono figli di Dio». I risorti riprenderanno il loro corpo, ma questo sarà glorificato e non più soggetto alle leggi della carne. Essendo immortali, non sarà più necessario il matrimonio per assicurare la conservazione della specie umana. La loro vita sarà simile a quella degli angeli e come gli angeli saranno “figli di Dio”, ossia la grazia di adozione ricevuta in germe nel battesimo, giungerà al suo pieno sviluppo, coinvolgendo tutto l’uomo e quindi anche il corpo che sarà glorificato. E Gesù termina il suoi discorso con i sadducei, citando la Sacra Scrittura, e dimostra il loro grave errore, argomentando che Dio si manifestò a Mosè nel roveto ardente manifestandosi come il Dio di Abramo, Dio di Isacco e Dio di Giacobbe, che da tempo ormai erano morti. Infatti, sebbene questi giusti fossero morti in quanto al corpo, essi vivono la vita vera in Dio - le loro anime sono cioè immortali - e attendono la risurrezione dei corpi. E Gesù affermò che «Dio non è Dio dei morti, ma dei vivi; perché tutti vivono per lui». I sadducei «non osavano più fargli alcuna domanda».
E San Paolo, nella seconda lettura, ci presenta un terzo motivo della nostra resurrezione: Cristo è risuscitato come primizia, come primo frutto della raccolta, e perciò anche noi risorgeremo con Lui! «Se non si dà risurrezione, tutto l'edificio della fede crolla, come afferma vigorosamente ancora san Paolo (cfr i Cor, 15). Se il cristiano non è più in grado di dare un contenuto sicuro all'espressione "vita eterna", le promesse del Vangelo, il senso della creazione e della redenzione svaniscono, e la stessa vita presente resta priva di ogni speranza (cfrEb 11, 1)»
Attraverso la liturgia, quindi, siamo chiamati a ravvivare la nostra fede nella resurrezione, e a professarla con la nostra vita, soprattutto oggi che viviamo in una società materialista, secolarizzata, dove si respira poca aria spirituale, per cui non è raro, purtroppo, trovare, anche tra cattolici, che esprimono dubbi sulla verità della nostra futura risurrezione e sull’esistenza stessa della vita eterna. Cogliamo, perciò, l’occasione che la Chiesa ci offre per consolidare la nostra Fede su questa importantissima verità.
La professeremo con le nostre labbra con la recita del Credo. La vivremo liturgicamente soprattutto con le celebrazioni liturgiche, soprattutto la Pasqua e l’Assunzione di Maria, dove è manifesta la risurrezione e la glorificazione dei corpi, figura e tipo di quello che aspetta noi.
La celebreremo sacramentalmente con i sacramenti che ci fanno risorgere con Cristo e con testimonianza con la vita, vivendo in prospettiva della vita eterna e della resurrezione, con l’osservanza dei comandamenti di Dio e degli insegnamenti evangelici, eliminando il peccato e vivendo nella grazia di Dio, morendo al peccato e risorgendo a vita nuova, vita da risorti. nei sacramenti dove gia possiamo sperimentare nell’anima questa risurrezione che coinvolge il corpo già adesso, ma soprattutto alla fine dei tempi..
Ad esempio il Battesimo ci inserisce in Cristo e ci fa partecipi della sua morte e risurrezione, facendoci morire al peccato e risorgere alla vita di grazia; “Ora se pel battesimo ogni cristiano viene a morire alla prima vita ed a risuscitare alla seconda, dovere di ogni cristiano adunque è di cercare le cose del cielo, nulla curandosi delle cose di questa terra” (San Pio Epistolario II, p. 229). Richiamo a rinnegare “la prima vita”, ossia quella del peccato e del “vecchio uomo”, fatto di passioni e di natura corrotta che ci inclinano continuamente al male, e poi di orientare decisamente la nostra vita verso le realtà celesti, considerando le cose di questo mondo di secondaria importanza.
Così con il sacramento della confessione, risorgiamo dal peccato alla vita divina.
La S. Messa ci rende presente, attuale, con tutti i suoi benefici effetti, il mistero della morte e risurrezione di Cristo, come acclamiamo dopo la consacrazione del pane e del vino, nel corpo e sangue di Gesù. Al mistero della fede, infatti diciamo: “Annunziamo la tua morte o Signore, proclamiamo la tua risurrezione, nell’attesa della tua venuta”. E ancora nella S. Messa, con la S. Comunione, abbiamo il pegno della gloria futura e il pegno della risurrezione: Gesù infatti ci dice: “Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno”: dovere di nutrirsi spesso, anche ogni giorno, del Corpo di Cristo per avere la vita e la risurrezione (precetto pasquale, comunione quotidiana).
Affidiamoci alla Madonna, Ella che insieme al suo Figlio ci ha generati alla vita di grazia, e che ora vive nei Cieli nella gloria, porti a compimento l’opera che ha iniziato in noi, ci aiuti a distaccarci dalle cose della terra e a tenere sempre lo sguardo rivolto verso le realtà future che ci aspettano, e ad ottenerci dal Signore il dono del premio eterno, della salvezza con la gloria della Risurrezione futura