DOMENICA DICIASSETTESIMA DOPO PENTECOSTE
La legge dell'amore e la divinità del Messia.
(Mt 22, 34-46)
Due interrogazioni.
Nel Vangelo di oggi viene riferita l'ultima disputa di Gesù con Farisei, avvenuta nei portici del Tempio di Gerusalemme qualche giorno prima della sua Passione e morte.
La discussione consta di due interrogazioni molto diverse: una rivolta dai Farisei a Gesù, e l'altra rivolta da Gesù ai Farisei. La prima è ispirata dall'odio, la seconda dall'amore. La prima è insidiosa, la seconda invece è misericordiosa. Nella prima Gesù mette in rilievo il fondamento della morale, ossia il precetto dell'amore di Dio e del prossimo; nella seconda, invece, Gesù mette in rilievo il fondamento del dogma, ossia, la divinità del Messia.
L'interrogazione dei Farisei à Gesù:la legge suprema dell'amore.
I Farisei - come narra il Vangelo avendo saputo come Gesù, con la sua sapienza, aveva chiusa la bocca ai Sadducei (i materialisti di quel tempo, i quali negavano la vita futura), si unirono insieme, ed uno di essi, dottore in legge, per tentarlo gli chiese:« Maestro, qual’è il gran comandamento della legge? ».
I precetti che si ritenevano contenuti nella Legge erano 613 (248 precetti positivi e 365 precetti proibitivi). I Giudei Rabbini dividevano tutti questi precetti in due classi: gravi e leggeri. Non si accordavano però tra di loro nel determinare quali fossero gravi e quali leggeri; tanto meno si accordavano tra di loro nel determinare quale fosse principale fra tutti: chi stava per il precetto del Sabato, perché era il più antico; chi per il precetto della circoncisione; chi per il precetto di offrire sacrifici a Dio, atto massimo del culto ecc. La domanda quindi rivolta a Gesù da quel fariseo legista era, apparentemente, più che giustificata.
L'intenzione però con cui quel Fariseo rivolse a Gesù una tale domanda era ben altra sapendo infatti quel legista come osserva il Crisostomo che Gesù si era proclamato Messia, Figlio di Dio, anzi Dio, sperava che Egli avesse dato qualche risposta, intorno alla sua persona o alla legge mosaica, che avrebbe potuto comprometterlo e fornire materia d'accusa e di condanna.
Il tranello era ben teso. Ma Gesù che cosa risponde?…
« Amerai disse, citando il Deuteronomio (6, 4-5) - il Signore Dio tuo con tutto il tuo cuore, con tutta l'anima tua e con tutta la tua mente. Questo è il massimo e primo comandamento ». Con questa risposta, Gesù ricordava a quei Giudei grossolani due cose l’obbligo supremo di amare Dio e il modo ossia la misura di amarlo.
L'obbligo di amare Dio è il supremo fra gli obblighi è infatti i primo per dignità, poiché ha per oggetto il primo degli Esseri, l’Essere supremo, Dio; ed è anche il primo per importanza, poiché comprende, o meglio, sintetizza mirabilmente tutti gli altri obblighi. Noi dobbiamo amare Dio perché Dio ci ha amati prima. «Dio ci ama; -- scrive bellamente Mons. Baunard amare è dare: Dio ci ha dato tutto e donò se stesso a cominciare dall'esistenza di tutti gli esseri: ecco la Creazione. Dio ama; amare è parlare, farsi intendere da tutti coloro che si amano, ed ecco la rivelazione, la S. Scrittura, la legge. Dio ama; amare è salvare a qualunque costo coloro che si amano, morire per coloro che si amano ecco la Redenzione. Amare è voler essere perpetuamente presente a coloro che si amano: ecco l'Eucaristia, la presenza reale, l'altare. Amare è darsi a ciascuno di coloro che si amano, ed ecco la divina Comunione, la Cena. Finalmente, amare è volere rendere felici con sé e per sempre tutti coloro che si amano : ecco l'eterna beatitudine del cielo. Vasta sintesi dell'amore, che è pure quella della nostra fede! »
Orbene come è possibile non sentire vivamente l'obbligo di amare, o meglio, di riamare chi tanto ci ha amato?…
Il modo poi, ossia la misura di amare Dio, è di amarlo senza misura, ossia con tutto l'essere nostro (mente, cuore, forze), prima e al disopra di tutte le altre cose.
Dopo aver esposto il supremo fra tutti i precetti, Gesù - senza esserne stato richiesto espose anche quello che gli viene subito appresso, vale a dire, l'amore del prossimo: « Il secondo poi è simile questo Amerai il prossimo tuo come te stesso !.».
Perché Gesù volle ricordare al Fariseo anche questo secondo precetto? Il Crisostomo dice che Egli lo fece per dargli garbatamente una lezione, come per dirgli: Sappi che vi è anche un precetto, simile al primo, che ti insegna e ti obbliga ad amare il prossimo e quindi a non tendergli insidie, come tu hai ora fatto con me, che sono tuo prossimo.
Ricorda quindi due cose, vale a dire: l'obbligo di amare Dio e il prossimo e la misura con cui deve essere amato. L'obbligo è desunto dal fatto che il precetto di amare il prossimo è simile (non già uguale) a quello di amare Iddio, poiché il prossimo è cosa che appartiene a Dio, creato a somiglianza di Dio, e conseguentemente non si può amare Iddio senza amare ciò che gli appartiene; ciò che è simile a Lui. Diceva bene S. Giovanni : « Chi dice di amare Iddio e poi odia il suo fratello, è un bugiardo » (1 Gv, 4, 20).
La misura poi con cui dobbiamo amare il prossimo è questa: amarlo come si ama noi stessi. Conseguentemente, dobbiamo evitare di fare agli altri tutto ciò che non si vorrebbe fosse fatto a noi (Tob 4, 16): e dobbiamo fare agli altri tutto ciò che si vorrebbe fosse fatto a noi (Mt 12,12).
Conclude Gesù: «Da questi due comandamenti dipende tutta la legge e i profeti » vale a dire, tutti i precetti dell'antico Testamento (legge e profeti) dipendono dall’amore di Dio e del prossimo e sono compresi virtualmente in esso, e derivano da esso come conclusioni dal suo principio. Tutta la legge morale dunque si riduce a questa sola parola: Amate!
L'interrogazione di Gesù ai Farisei:la divinità del Messia.
Dalla difensiva, Gesù passa all'offensiva. Ma è un'offensiva d'amore.
Egli vuole illuminare i Farisei sulla vera personalità del Messia, affinché siano senza scusa. Dopo averli illuminati intorno al fondamento della morale (il precetto dell'amore), passa ad illuminarli intorno fondamento del dogma la divinità del Messia. Abbiamo quindi nella seconda parte del Vangelo di oggi tre cose ben distinte: una domanda imbarazzante, una risposta farisaica, ed una replica inconfutabile.
Una domanda imbarazzante, innanzitutto. Sapeva molto bene Gesù come nulla irritava tanto quei ciechi rappresentanti del Giudaismo, quanto il fatto che Gesù si attribuiva un carattere divino col dichiararsi Figlio naturale di Dio. Essi, infatti, ritenevano che il Messia sarebbe stato un uomo grande, restauratore d'Israele, ma solo uomo e non già Dio. E Gesù richiama la loro attenzione sulla divinità del Messia, proclamata assai chiaramente nella S. Scrittura. Rivolge quindi loro una domanda imbarazzante: « Che vi pare del Cristo (ossia del Messia)? Di chi è Figliuolo? ». A questa domanda imbarazzante, i Farisei danno… una risposta farisaica. Avrebbero dovuto rispondere - secondo le scritture - che il Messia era figlio di David, ossia uomo, ed anche figlio di Dio, ossia Dio. Si limitarono invece a rispondere : « E’ figlio di David » ossia uomo. A questa risposta farisaica, segue una replica stringente, inconfutabile. Dice infatti, in sostanza, Gesù: David (in un salmo che anche voi ritenete messianico, ossia riferentesi al Messia) dice che Dio ha detto al Messia, suo Signore siedi alla mia destra ecc. Ma se Messia come voi dite - è figlio di David e semplice uomo, come mai David, che è padre, poteva chiamarlo suo Signore e dargli lo stesso nome di Signore con cui designa Dio ?.... Il Messia, dunque, non è solo figlio di David, generato da lui nel tempo, ma è anche figlio di Dio, ossia Signore, sovrano di David, generato da Dio nell'eternità.
L'argomentazione era stringente. E i Farisei - nota il Vangelo tacquero « Nessuno poteva rispondergli verbo ». Invece di gettarsi umilmente ai suoi piedi e di adorarlo, si chiusero in un rabbioso e superbo silenzio, meditando la vendetta. E' la storia di tanti anche ai giorni nostri. Vedono chiaramente la verità, ma non la seguono, anzi la combattono. Sentono di essere nell'errore, ma non lo abbandonano, anzi lo propugnano. L'affetto, ossia la più volgare passione, lega il loro intelletto, impone loro di tacere e di non turbare la loro pessima vita. Dio ci scampi tutti da questa detestabile cecità farisaica, e ci dia a tutti e sempre la grazia di essere cristiani veri, totalitari, credendo fermamente a tutto ciò che Gesù ci ha insegnato, alla sua divinità ed alla sua umanità, e praticando fedelmente tutto ciò che Egli ci ha comandato, specialmente quel precetto che è la sintesi suprema e luminosa di tutti altri precetti : Amate!…
(P. Gabriele M. Roschini, Predicate il Vangelo, LICE Torino, 1943, pp. 144-147)