Il 23 Aprile 1967, dopo una serie di voli di prova segnati da numerosi insuccessi, spinti dalla pressione politica da parte del Segretario Generale del PCUS, Leonid Breznev che voleva vedere, dopo l’improvvisa morte di Korolev, di nuovo l’Unione Sovietica primeggiare nella conquista dello spazio, spinto da una versione ulteriormente modificata del glorioso lanciatore R7, dal Cosmodromo di Baikonur veniva lanciata la prima missione del programma Sojuz.
Secondo i piani di Korolev, la Sojuz avrebbe dovuto portare l’Unione Sovietica sulla Luna, battendo il programma americano che, dopo il successo registrato con il primo aggancio in orbita, si trovava in grave empasse a seguito della tragedia dell’Apollo 1.
La Sojuz 1 avrebbe dovuto essere seguita dalla Sojuz 2, lanciata il giorno successivo. I due veicoli, una volta in orbita, avrebbero effettuato un aggancio con passaggio di cosmonauti da una navicella all’altra, secondo lo schema poi effettivamente eseguito, con successo, con le Sojuz 4 e 5.
Vladimir Mikhailovic Komarov (1927-1967)
Al comando della Sojuz 1 venne designato Vladimir Mikhailovich Komarov, già comandante della missione Voskhod 1, la prima con equipaggio composto da più di una persona. La riserva era costituita dal celeberrimo Juri Alexejevich Gagarin. La Sojuz 2 aveva come equipaggio i cosmonauti Eliseev e Churnov. Già prima del lancio i dubbi sulla riuscita della missione, veramente molto affrettata, furono appalesati con forza da Gagarin e da Komarov. Anzi fu proprio il primo che si oppose in modo più netto al lancio. I troppi guasti delle missioni di collaudo, mettevano inutilmente a rischio la vita di Komarov. Ma Mishin, che successe a Korolev nel ruolo di progettista capo, dietro le pressioni di Breznev, non volle sentire ragioni.
Subito dopo il lancio iniziarono i problemi: Uno dei due pannelli solari non si aprì ed alla Sojuz non arrivava la necessaria energia per orientare il pannello residuo verso il sole. Difatti con la poca corrente disponibile dalle batterie e dal pannello superstite, molti dei controlli di assetto non furono disponibili. Nonostante questo, Komarov, esperto pilota, riuscì a far orientare lentamente la Sojuz verso il sole, riuscendo anche a riscaldare la cabina la cui temperatura era scesa a livelli insostenibili.
Si pensò di lanciare la Sojuz 2 e far eseguire al suo equipaggio una attività extra veicolare di emergenza volta a sbloccare il secondo pannello. Ma questa opzione fu scartata. La Sojuz 2 restò sulla rampa di lancio ed il suo lancio fu, poi, abortito.
Rappresentazione artistica della Sojuz 1 con un solo pannello solare dispiegato
La missione era diventata impossibile da portare a compimento: il cosmonauta aveva enormi difficoltà a comunicare poiché, sempre per la carenza di energia, l’unico impianto radio funzionante era quello VHF che, però, ha un’antenna direzionale e pertanto consentiva il dialogo tra la Terra e lo spazio solo quando Komarov sorvolava l’Unione Sovietica. Venne quindi dato l’ordine al cosmonauta di atterrare. Il sistema di deorbita automatico, ovviamente, non funzionò e Komarov fu costretto ad effettuare la manovra manualmente. Prima di deorbitare venne chiamato via radio dal primo ministro Kosygin che gli conferì l’onorificenza di Eroe dell’Unione Sovietica. Inoltre, consapevoli che il suo rientro avrebbe avuto elevatissime percentuali di fallimento, il cosmonauta venne fatto parlare con la moglie per poterle dare l’ultimo saluto. Komarov ringraziò per l’onorificenza, salutò con affetto la moglie ma, al momento di rispondere a Kosygin, preferì restare in silenzio evitando di imprecare contro quelli che lo avevano mandato alla morte.
Effettuò una manovra manuale di deorbita pressoché perfetta. Ancora una volta un cosmonauta sovietico, dopo Pavel Belyaev, era riuscito a far immettere una cosmonave in traiettoria di rientro manualmente. Comunicò i dati della discesa fino al blackout causato dalla ionizzazione dei gas incandescenti nell’ingresso negli stati più densi dell’atmosfera. Poi più nulla.
A seguito della mancata attivazione, per i motivi noti di mancanza di elettricità, del circuito di sghiacciamento dei bulloni esplosivi del paracadute principale, il modulo di rientro Sojuz, frenato per così dire dal solo paracadute pilota, si schiantò al suolo alla terribile velocità di 40 m/s.
I resti carbonizzati di Komarov vennero letteralmente raccolti con una paletta. Al cosmonauta fu concesso il grande onore di essere tumulato nel mausoleo delle mura del Cremlino. Il suo loculo, che ho visitato nel giugno del 2017, si trova vicino a quelli di Gagarin e di Korolev e dei cosmonauti della Sojuz 11
La tomba di Vladimir Mikhailovic Komarov nel Mausoleo delle mura del Cremlino di Mosca
(Foto dell'Autore)
Si dice che Yuri Gagarin, grande amico di Komarov, dopo l’incidente, sconvolto, andò da Breznev e gli lanciò un bicchiere di cognac in volto dicendo “questo è per Komarov”. Lo stesso Gagarin poco dopo morì in un incidente dalle dinamiche poco chiare.
La tragedia di Komarov fece indagare l'OKB-1 su eventuali difetti di progettazione del veicolo: dopo il mancato attracco tra la Sojuz 8 e 7 e la tragedia sfiorata del rientro della Sojuz 5, venne scoperto un problema tipico alla versione in uso all’epoca della Cosmonave Sovietica, la 7K-OK. In questa versione era presente un anello che racchiudeva la strumentazione elettronica, raffreddato da elio liquido a pressione, situato nella parte di coda della nave. Questo anello veniva sganciato, insieme al modulo di servizio, al momento del rientro nell’atmosfera. Si è scoperto in maniera indiretta, visto che questi contenitori andavano distrutti nel rientro, che l’intercapedine dove passava l’elio liquido, non fosse perfettamente impermeabile allo stesso. Il gas liquefatto, penetrando nei circuiti, ne causava l’avaria. Questo difetto fu la causa di molti guasti che la versione 7K-OK accusò durante il suo impiego (forse fu anche la causa della morte di Komarov). Con la successiva versione 7K-OKS, il problema venne risolto riprogettando tutto l’apparato.
A Komarov vennero dedicati un asteroide, il 1836 Komarov, ed un cratere sulla Luna. Sempre allo sfortunato cosmonauta è dedicata in via permanente una esposizione al Museo della Cosmonautica di Mosca con il titolo “Resterai sempre un esempio di vita”. Titolo che suona, alla luce dei fatti, un tardivo riconoscimento al sacrificio di un valoroso pilota e Cosmonauta.
Mostra permanente dedicata a Komarov presso il Museo della Cosmonautica di Mosca dal titolo "Sarai sempre un esempio di vita".
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