L’Indian Space Research Organization (ISRO), l’agenzia spaziale indiana, negli ultimi tempi sta decisamente bruciando le tappe per diventare una potenza spaziale.
Ne ho già parlato in precedenti articoli pubblicati su queste pagine (N.06-2023 e n.04-2024): molta strada è stata fatta dai primi lanci dei razzi Rohini spinti verso le rampe sul dorso di biciclette. In pochi anni, relativamente ai tempi dei programmi spaziali, si è passati dai lanci suborbitali alle sonde automatiche verso la Luna e Marte.
Oggi l’India è una delle cinque nazioni al mondo ad essere riuscita a far atterrare un proprio veicolo sulla superficie del nostro satellite e la prima a farlo nella zona del Polo Sud lunare ed una delle quattro ad avere un proprio programma di addestramento per equipaggi destinati ai voli spaziali destinati a volare sulla navicella Gaganyaan il cui volo inaugurale senza equipaggio era previsto per la fine del 2024.
Un pezzo d'India in orbita
Parallelamente al progetto della navicella pilotata, nel 2019 è stato presentato il design di massima di una stazione spaziale permanente da 25 tonnellate.
Si trattava di un primo abbozzo che ricalcava la forma della Saljut-7: un corpo centrale con due vani d’attracco alle estremità
Nulla quindi di particolarmente difficile da realizzare in tempi brevi sfruttando la consolidata esperienza dei moduli DOS di sovietica memoria attualmente in uso nella sezione russa della ISS e sulla Tiangong cinese.
Agli inizi del 2024, i brillanti risultati ottenuti con la missione lunare Chandrayaan-3 hanno indotto l’India, sia per voce dell’Amministratore delegato di ISRO, S. Somanath, sia per mezzo del Primo Ministro, Narendra Modi, ad alzare l’asticella delle ambizioni spaziali: entro il 2040 un Vymanauta (così si chiameranno gli astronauti indiani) calcherà il suolo lunare e per arrivare a tale risultato, bisognerà accelerare col programma umano realizzando una stazione orbitale più articolata che consenta soggiorni di maggior durata e la possibilità di effettuare un gran numero di esperimenti diversi.
A stretto giro è arrivato il design preliminare di una stazione modulare ed il suo nome: Bharatiya Antariksh Station letteralmente Stazione spaziale Indiana in lingua Hindi.
Com’è fatta la BAS
Non ci si è avventurati nella creazione di nuovi moduli: il caso vecchio modulo FGB di scuola sovietica fa ancora la sua parte nella scena spaziale.
Utilizzando un modulo-nodo del tutto simile al modulo Prichal della ISS ed all’analogo della Tiangong consentirà a quattro moduli di unirsi in una struttura a croce.
52 tonnellate di peso, 27x20 metri di grandezza, verrà posizionata in un'orbita inclinata di 51°6’ sull’Equatore ad un’altitudine tra i 400 ed i 450 Km. Tale posizione consente di poter raggiungere la BAS da qualsiasi spazioporto inclusi quelli Russi, Statunitensi, Europei e Ci
nesi.Inoltre i suoi bacini d’attracco saranno dotati dell’International docking System il sistema di aggancio androgino evoluzione di quelli nati dalla collaborazione USA-URSS per il programma Apollo-Sojuz, prima, e Shuttle-MIR,
poi.È chiaro quindi l'obiettivo di ISRO di rendere la BAS una stazione spaziale aperta alla collaborazione internazionale e, del resto, la politica indiana ha sviluppato proficue relazioni con tutti i paesi del mondo proprio allo scopo di poter sfruttare ogni possibile partnership.
È previsto che venga abitata da un massimo di 4 persone e, come la futura stazione russa ROS, potrà funzionare in modalità completamente automatica anche per periodi lunghi.
I tempi per la sua realizzazione
La tabella di marcia per la realizzazione della BAS è strettamente legata al procedere, in parallelo, del programma Gaganyaan, da una parte, e del Next Generation Launch Vehicle (NGLV) un sistema di lanciatori riutilizzabili e modulari che sostituiranno il parco dei lanciatori a disposizione di ISRO: dal leggero PSLV all’attuale ammiraglia dei lanciatori indiani: il LVM3.
Si prevede di posizionare il primo modulo nel 2028 per completare la realizzazione della stazione entro il 2035 quando dovrebbe partire anche l’attività umana a bordo della stessa. Nel frattempo, come accennato, la BAS funzionerà in modalità automatica.
Parallelamente lo sviluppo dell’NGLV potrebbe accelerare i tempi di realizzazione tarati sulla disponibilità dell’attuale LVM3.
La navicella pilotata Gaganyaan
Ne abbiamo parlato più dettagliatamente nel numero 4/2024.
Si tratta di un veicolo di concezione tradizionale, composto da modulo per equipaggio e modulo di servizio.
Il modulo per l’equipaggio pesa 5,3 tonnellate; è in grado di sostenere tre Vymanauti per una settimana in volo autonomo che rientreranno a terra ammarando nell’Oceano Indiano.
Il modulo di servizio pesa 2,9 tonnellate, trasporta tutte le apparecchiature di bordo, i pannelli solari ed i motori d’apogeo. Viene separato durante la discesa sulla terra dal modulo dell’equipaggio.
Il sistema d’aborto d’emergenza CES (Crew Escape System) ricalca gli analoghi sistemi a torre russo, cinese ed americano. Durante le prime fasi del lancio, una serie di motori a combustibile solido posti in cima ad una torre, è in grado di separare il modulo dell’equipaggio dal resto del lanciatore e trasportarlo ad un’altitudine alla quale sarà possibile aprire il paracadute principale in sicurezza.
Per il lancio dei Vymanauti è stato scelto il lanciatore HLV Mk-III, versione Human rated del collaudato veicolo LVM3 già conosciuto come GSLV Mk-III, ma in futuro ne è prevista la sostituzione con il nuovo sistema, parzialmente riutilizzabile NGLV.
Entro il 2025 verrà effettuato il test senza equipaggio di una Gaganyaan priva dell’impianto di pressurizzazione della cabina. Sarà un importante test strutturale e dei sistemi a cui seguirà un ulteriore volo senza equipaggio, ma con il modulo abitativo pressurizzato e la presenza a bordo di un sofisticato robot androide: Vyommitra.
Sempre nel 2025, il primo volo con equipaggio.
Nell’ambito del programma privato Axiom la prossima missione AX-4, inizialmente prevista per ottobre 2024, vedrà il ritorno, 40 anni dopo, di un indiano nello spazio. Infatti, dopo Rakesh Sharma, che volò nel 1984 con la Sojuz verso la stazione spaziale sovietica Saljut-7 in una missione di 7 giorni 21 ore e 40 minuti nell’ambito del programma Intercosmos, un’altro Vymanauta varcherà la soglia dello spazio: si tratterà del Comandante Shubhanshu Shukla destinato, insieme ai suoi colleghi Prashanth Balakrishnan Nair, Ajit Krishnan ed Angad Pratap, a formare la prima classe di Vymanauti che voleranno sulla Gaganyaan.
Qualche accenno al Next Generation Launch Vehicle
Il Falcon-9 di SpaceX ha significato una pietra miliare per la storia dei lanciatori spaziali: il suo concetto di riutilizzabilità ha indirizzato gli uffici di progettazione di tutto il mondo verso questa nuova filosofia ed anche ISRO non è stata da meno.
Nato come ULV cioè Unified Launch Vehicle il nuovo sistema di lanciatori indiani, destinato a sostituire con un sistema modulare simile a quello dell’Angara russo i tre vettori in uso e cioè PSLV, GSLV e LVM3, è passato dal concetto del lanciatore a perdere a quello del sistema parzialmente riutilizzabile.
Ribattezzato NGLV o Next Generation Launch Vehicle, si è evoluto in un sistema modulare con il modulo centrale riutilizzabile denominato LM470 molto simile al primo stadio del Falcon-9.
Grazie alla collaborazione con l’azienda Ucraina Yuzhmash che ha aiutato a sviluppare il motore SCE-200, sarà possibile ottenere una serie di combinazioni semplicemente abbinando al modulo centrale moduli standardizzati: dei boosters a combustibile solido chiamati S120, un secondo stadio, chiamato LM120, un terzo stadio, chiamato LM70, oppure un terzo stadio a combustibile criogenico (Ossigeno ed Idrogeno liquidi) chiamato C32.
Si passa quindi dal NGLV-LEO per le orbite basse (1 LM470 + 1 LM120 + 1 LM70), all’NGLV-Medium (1 LM470 + 2 S120 + 1 LM120 + 1 LM70) oltre che all’NGLV-GTO (1 LM470 + 1 LM120 + 1 C32) ed al lanciatore pesante NGLV-Heavy (3 LM470 + 1 LM120 + 1 LM70); insomma come nella filosofia dell’Universal’naja Raketa (Razzo Universale), pallino di Vladimir Celomej, prima, e Valentin Glushko, poi, la standardizzazione dei sistemi di lancio è la spina dorsale di tutto il progetto che, si prevede, potrà fornire prestazioni di tutto rispetto: da 17.000 a 48.000 Kg nella LEO, da 8.500 a 24.000 Kg nella GTO e da 7.000 a 22.500 nella TLI.
L’amministratore delegato di ISRO S. Somanath ha recentemente proposto di rinominare l’NGLV con il nome hindi Soorya che rievoca la divinità induista del sole.
Sicuramente il rievocare la mitologia e le tradizioni nazionali, renderà la nuova casa degli indiani nello spazio, più vicina alla loro terra natale.