Salto di Quirra, storico poligono militare in Sardegna, si prepara a diventare il primo cosmodromo italiano. Dal 2026 partiranno i lanci suborbitali grazie alla collaborazione tra la startup tedesca Elara Aerospace e l’italiana Launch OLM. Una svolta strategica che potrebbe aprire all’Italia nuove prospettive nel settore spaziale e dei piccoli satelliti.
Logo del PISQ - Poligono Interforze di Salto di Quirra
C’era una volta il poligono militare di Perdasdefogu. Il suo nome, in lingua sarda, significa pietre da fuoco, perché in quelle zone si estraggono pietre calcaree utilizzate per costruire le fornaci.
Per chi, come me, ha fatto la naja, Perdasdefogu evocava immagini di una destinazione punitiva da evitare a tutti i costi. Eppure si tratta di un luogo bellissimo, immerso in una natura selvaggia e incontaminata, caratteristica comune a molti siti militari di quegli anni.
Il suo nome ufficiale è PISQ - Poligono Interforze di Salto di Quirra, inaugurato nel 1956 sotto il comando di una persona che ben conosciamo: Luigi Broglio.
Come suggerisce il suo acronimo, il PISQ si occupa dell’addestramento del personale e del collaudo di mezzi aerospaziali delle Forze Armate italiane, dai droni ai missili. Durante il mio servizio come ufficiale dell’artiglieria contraerei, ad esempio, dal PISQ venivano lanciati i missili Hawk.
Il poligono si trova a 39° 40’ di latitudine Nord: persino più a sud dei 45°57’ di Baikonur; Si tratta di una posizione relativamente favorevole per lanci verso l’orbita bassa.
Lancio di un missile terra-aria Aster-30 dal PISQ
Quel fuoco evocato nel nome sembra quasi scritto nel destino del Salto di Quirra. Sin dal 1961, il poligono è stato teatro di lanci suborbitali in collaborazione tra la NASA e il CNR per lo studio delle correnti atmosferiche in alta quota, utilizzando lanciatori Nike-Cajun.
Dal 1962 al 1972, il PISQ ha ospitato i programmi dell’allora antesignana dell’ESA, l’ESRO (European Space Research Organization). E dal 1985, proprio a Salto di Quirra, Avio ha testato i suoi motori, da quelli degli Ariane fino alle varie versioni del nostro VEGA.
Purtroppo il PISQ è balzato agli onori delle cronache anche per motivi meno edificanti: nei primi anni 2000, alcune attività del poligono sono state associate a malformazioni nella fauna locale e a sospetti casi di malattie tra il personale. Secondo le indagini, potrebbe trattarsi di avvelenamento dovuto al collaudo di munizioni contenenti uranio impoverito.
Test di un motore Zefiro da parte di AVIO al PISQ
La notizia è di questi ultimi giorni, anche se – inspiegabilmente – ha avuto pochissimo risalto sui media italiani. Io stesso l’ho appresa prima da canali Telegram russi e poi dal sito dell’agenzia di stampa AGEEI/Aerospazionews: a Salto di Quirra, una joint venture tra la startup tedesca Elara Aerospace e la società italiana Launch OLM ha ottenuto le autorizzazioni dall’Aeronautica Militare Italiana per effettuare, dal 2026, lanci suborbitali utilizzando il motore sperimentale a Methalox Starlight, sviluppato proprio da Elara Aerospace.
Pensateci: dalla Sardegna, dal 2026, inizieremo a testare un lanciatore suborbitale – con potenzialità anche orbitali – riutilizzabile, pensato per il mercato dei piccoli satelliti in orbita bassa. Eppure, su questa notizia, online si trovano solo pochissimi articoli (questo incluso) e qualche post sparso sui canali russi. È davvero incredibile: se un’azienda qualsiasi oltre confine annuncia iniziative simili, spuntano articoli su articoli come se fosse tornato il Messia (per chi ci crede). E invece, su questo progetto, da noi quasi il silenzio assoluto. Viviamo tempi strani…
Ma tant’è: approfittiamo dell’occasione per capire meglio di cosa si tratta.
Rappresentazione grafica del lanciatore suborbitale di Elara Aerospace trasportabile in un container. Credito: Elara Aerospace
Sembra l’inizio di una barzelletta, ma i protagonisti sono la tedesca Elara Aerospace e l’italiana Launch OLM.
Elara Aerospace è una giovane startup composta principalmente da studenti universitari, già autrice del test di un prototipo di lanciatore a Methalox (metano e ossigeno liquidi). Il loro motore Starlight è pensato per equipaggiare un lanciatore suborbitale monostadio, in grado di portare piccoli carichi oltre i 100 km di quota, con la possibilità di recupero.
Launch OLM, invece, è una società italiana altrettanto giovane, specializzata nella commercializzazione di sistemi di lancio e collaudo aerospaziale, oltre che nel supporto logistico e nella realizzazione di infrastrutture.
Insomma: il tedesco porta l’hardware, l’italiano ci mette la capacità di venderlo. Meglio di così…
Gli ingredienti per una miscela, per così dire, esplosiva ci sono tutti. E con le autorizzazioni finalmente arrivate, dal 2026 si dovrebbe iniziare a fare sul serio.
Il team di Elara Aerospace
Come ricorda spesso Emilio Cozzi nel suo libro Geopolitica dello Spazio, lo spazio è diventato il nostro sesto continente. La vera sfida del XXI secolo sarà proprio la gestione dell’accesso a questo nuovo territorio.
Chi possiederà i mezzi e le basi per effettuare lanci, sarà in prima fila. Gli altri dovranno restare in coda, in attesa del proprio turno.
L’Italia, grazie alla sua forma geografica lunga e stretta, può contare su una copertura che si estende fino a latitudini molto meridionali, ideali per lanci verso l’orbita bassa con carichi ridotti. Tuttavia, non avendo ampi spazi verso est, è spesso necessario chiedere supporto a Paesi terzi per la gestione di eventuali ricadute di detriti.
Proprio per questo, la Sardegna (così come la Sicilia) è una delle zone più indicate, sul territorio nazionale, per ospitare una base di lancio, grazie anche agli ampi tratti di mare verso oriente.
L’iniziativa di Elara Aerospace e Launch OLM si muove esattamente in questa direzione. E gli sviluppi futuri saranno tutti da scoprire… con la speranza, questa volta, di vedere l’Italia protagonista anche nel settore dei lanci spaziali.