insieme siamo migliori!

 la missione congiunta apollo/sojuz

Impara più il saggio dai nemici che uno stolto dagli amici

(Jacques Deval)


Tutto nasce dalla crisi dei missili di Cuba…

Il mondo col fiato sospeso nel pericolo di un conflitto nucleare tra Stati Uniti ed Unione Sovietica e poi, per fortuna, tutto si risolse per il meglio. Ma da quella crisi, forse la più grave tra due superpotenze nucleari, diede l’impulso per un vertice, tenutosi a Vienna nel giugno del 1961, tra il Presidente Americano ed il Segretario Generale del Partito Comunista dell’Unione Sovietica.
Gagarin aveva già varcato la soglia dello spazio, Il Presidente Kennedy, a margine di un incontro non proprio cordiale con il suo omologo Kruscev, buttò lì una frase: perché non andiamo insieme sulla Luna? Sarebbe stato fantastico, ma, purtroppo, la frase non ebbe quel seguito, anche se, in un successivo incontro, all’ONU stavolta, fu Kruscev che propose a Kennedy di organizzare una spedizione lunare congiunta, con un astronauta ed una cosmonauta.
Purtroppo, il presidente statunitense incontrò il suo destino nel 1963 a Dallas, mentre pochi mesi dopo, il Compagno Nikita Sergeevic incontrò il suo, meno cruento, ma dallo stesso effetto: rimosso dall’incarico.

Ma tutto questo non restò lettera morta: il vicepresidente della Nasa, Hugh Dryden e l’Accademico Anatoly Blagonravov, sottoscrissero un accordo di collaborazione, Il Dryden-Blagonravov agreement del 1962, che prevedeva scambio di dati geometeorologici tra le due nazioni. 

Poco, ma già qualcosa.

John Fitzgerald Kennedy (a destra) e Nikita Sergeevic Krushev durante il vertice di Vienna nel 1961

In seguito, gli scambi di informazioni, soprattutto relative alla sicurezza dei voli umani, avvennero più o meno regolarmente per vie non ufficiali. A parte la visita ricevuta da Leonov e Belyaev dopo il loro volo con la Voskhod-2 da una delegazione della Nasa interessata agli aspetti pratici della passeggiata spaziale e, soprattutto, al problema che lo stesso Leonov ebbe con la pressione della tuta, ed alle strane strisce sui gomiti e sulle ginocchia della tuta di Ed White durante la sua passeggiata nello spazio nell’agosto del 1965, famosa fu l’azione diplomatica di Frank Borman con l’amico Gherman Titov volta ad ottenere i dati telemetrici e di navigazione della sonda lunare sovietica Luna-15, diretta al nostro satellite nei giorni del volo di Apollo-11.

All’alba del lancio della missione orbitale Skylab, fu inviata una commissione medica a supporto delle indagini relative alla morte dei cosmonauti della Sojuz-11. Aiuto gradito per gli scienziati sovietici, ma parecchio interessato. Ciò che era successo a Patsayev, Dobrovolski e Volkov, sarebbe potuto succedere anche agli astronauti della stazione spaziale statunitense.

Un po' come due corpi celesti che si attraggono sempre di più fino ad orbitare insieme, la condizione di avere due basi spaziali, una americana, lo Skylab, ed una sovietica, la Saljut, in orbita, rendeva indispensabile una collaborazione per declinare un protocollo comune da adottare in caso di una missione di soccorso. Nell’ottobre del 1970, l’Accademico Mstislav Keldysh rispose ad una lettera del direttore della Nasa, Thomas Payne, in cui si caldeggiava una missione spaziale congiunta cooperativa. Di lì a poco lo stesso Keldysh incontrerà il Presidente Nixon ed il Segretario di Stato Kissinger per avviare la procedura per la progettazione di una missione congiunta USA-URSS.

Il 24 maggio 1972, Nixon e Kosygin, primo ministro dell’Unione Sovietica, firmano a Mosca l’accordo sulla cooperazione nell’esplorazione e nell’utilizzo pacifico dello spazio dove si impegnano ad una missione spaziale congiunta da realizzarsi entro il 1975. Stavolta era fatta, anche se i problemi da risolvere erano moltissimi. 

Modello del sistema di aggancio Androgino APAS-75 . Fonte Centro Krunishev

Primo problema: come ci si aggancia?

Entrambe le navicelle, Sojuz da parte sovietica ed Apollo da parte statunitense, adottavano dei sistemi di attracco Non androgini adottarne uno piuttosto che un altro voleva dire che una nave sarebbe stata attiva e l’altra passiva. Sembrerà assurdo ma la discussione su questo tema fu uno degli scogli più ardui da sormontare! Alla fine, un delegato sovietico esclamò una famosa frase: non ci sarà nessuno stupro nello spazio! Facendo decidere il gruppo di lavoro per un dispositivo di aggancio non androgino: l’APAS-75 (dal russo: Андрогинно-перифериный аггрегат стыкрвкы, cioè meccanismo di aggancio ad estremità androgine). Ognuno dei due veicoli poteva, facendo avanzare o ritrarre la corona di tre petali d'acciaio, svolgere la funzione di veicolo attivo o passivo.

Piccolo spiegone:
In un sistema non androgino c’è una navicella passiva che ha una componente di aggancio a cono ricettore ed una attiva che ha una sonda. In inglese il sistema è chiamato probe and drogue. La sonda entra nel cono ricettore ed il meccanismo, scattando, consolida l’aggancio.

Diversamente, in un sistema di aggancio non androgino entrambi i veicoli hanno lo stesso sistema di attracco che può essere, rispettivamente, attivo o passivo. In tal modo non è necessario attendere un veicolo con l’aggancio complementare per poter essere, eventualmente, soccorsi nello spazio.

Secondo problema: le differenti atmosfere delle due navicelle. 

Gli statunitensi usavano ossigeno puro, seppur a bassa pressione, i sovietici, aria, anch’essa a bassa pressione ma doppia rispetto a quella americana. Come conciliare le due cose? Venne creato un modulo di aggancio, che l’Apollo avrebbe estratto dal terzo stadio del Saturn IB che lo avrebbe portato in orbita, dotato di una complessa camera di equilibrio. Ogni volta che ci sarebbe stato un trasbordo da una navicella all’altra, i due equipaggi avrebbero dovuto eseguire una semplice manovra di adattamento.

Tecnicamente il compito meno difficile toccò agli statunitensi: l’Apollo non dovette essere modificato poiché con il suo tradizionale sistema probe and drogue avrebbe agganciato il modulo adattatore/camera di decompressione come se fosse un piccolo LM. La Sojuz fu invece pesantemente modificata nella sezione BO per ospitare il sistema APAS-75.

Gli equipaggi scelti furono, dalla parte sovietica, il Comandante Alexei Leonov ed il primo ufficiale Valerij Kubasov, da parte statunitense il Comandante Thomas Stafford, il primo ufficiale Deke Slayton ed il pilota Vance Brand. Si tennero addestramenti incrociati in URSS per l’equipaggio americano e negli USA per quello sovietico. Non mancarono episodi ai limiti del comico dovuti alla pochissima conoscenza delle reciproche usanze. Uno tra tutti: durante gli allenamenti mattutini, i cosmonauti erano soliti effettuare qualche Km di corsa. La gente, vedendoli passare, li guardava sempre stupiti, a volte scattava anche delle foto. Un giorno Vladimir Dzhanibekov, che faceva parte dell’equipaggio di riserva, chiese all’interprete il motivo di tanta sorpresa da parte dei passanti. Rimase basito nell’apprendere che la stampa americana, nei giorni precedenti la loro visita negli Stati Uniti, li aveva dipinti come degli zotici che non smettevano mai l’uniforme, nemmeno per fare allenamento. Da qui lo stupore di vederli correre in tuta da ginnastica! 

I due comandanti: Stafford (in alto) e Leonov (in basso) durante il loro volo. Fonte: TASS/NASA

La frequentazione degli equipaggi, sia in Unione Sovietica che negli Stati Uniti, servì a cementare il gruppo creando un affiatamento tra gli equipaggi inimmaginabile prima.

Il lancio della missione ASTP (Apollo-Sojuz Test Program), questa la sua sigla ufficiale, avvenne il 15 luglio 1975 alle ore 12:20 UTC per la Sojuz-19 ed alle ore 19:50 UTC per l’Apollo. Il 17 luglio 1975, mentre le due navi sorvolano il fiume Elba dove trent’anni prima gli eserciti statunitense e sovietico si erano incontrati alla fine della II Guerra mondiale, i due veicoli si agganciarono ed i due comandanti, dentro il tunnel di collegamento, si scambiarono la prima stretta di mano nello spazio. Racconta Leonov che per qualche secondo restarono lì lui e Stafford a guardarsi negli occhi tra l’emozionato e l’imbarazzato. Poi Leonov tirò a sé il collega americano portandolo in un’imprevista gita in territorio sovietico.

Durante la missione, durata 44 ore, i due veicoli effettuarono diverse manovre di sganciamento ed aggancio con i veicoli che, rispettivamente, si comportarono da veicolo attivo e passivo. In uno di questi attracchi, Vance Brand urtò violentemente la Sojuz ruotando il veicolo ai limiti della rottura strutturale del sistema di attracco.

Il volo fu un grande successo, sia dal punto di vista degli esperimenti condotti congiuntamente, sia dal punto di vista delle relazioni personali tra l’equipaggio. Passò alla storia lo scherzo, denominato lo scherzo del Bortsch (ancora lui…), in cui Leonov scambiò l’etichetta della celebre zuppa di barbabietole e panna acida, con una, posticcia, dove c’era scritto Vodka. Invitò il collega Slayton a prenderne un robusto sorso lontano dalle telecamere. Il collega americano, seppur riluttante, accettò. La sua smorfia disgustata mentre si rese conto di bere qualcos’altro fu immortalata in diretta TV da un Leonov piegato in due dalle risate; Finanche poco prima di morire, nel 2019, in una trasmissione Tv per il canale Roscosmos, Leonov ricorda quell'episodio con le lacrime agli occhi dal ridere.

Fotogramma del celebre Scherzo del Bortsch. Fonte: TASS

Il ritorno sulla terra avvenne il 21 luglio 1975 per la Sojuz, mentre l’Apollo ebbe un drammatico rientro il 24 successivo, con la cabina che si riempì di fumo tossico per una valvola dei motori RCS che ebbe una perdita dentro il circuito di ventilazione. Per poco la cosa non trasformò il CM in una tragica camera a gas.

Da quella missione, oltre ai protocolli di soccorso congiunti che sono rimasti fino ad oggi, il più significativo retaggio fu l’amicizia fraterna tra Alexei Leonov ed il suo omologo Tom Stafford. 

Tom Stafford (a sinistra) ed Alexei Leonov seduti sulla panchina realizzata col metallo delle due navicelle. Fonte: AP

Вместе мы лучше!
Insieme siamo migliori, diceva sempre Alexei Leonov, ricordando la storica missione; proprio lui raccontava che, a bordo delle due navi spaziali in orbita, si parlavano tre lingue: Inglese, Russo ed Oklahomskij per via del fortissimo accento del sud che il suo amico Tom  Stafford aveva nel parlare l’idioma di Tolstoj.
Questi, sebbene anziano ed infermo, sostenuto da Valentina Tereshkova, volle pronunciare un commosso elogio funebre, stavolta in un impeccabile russo, il 15 ottobre 2019 per quell’amico.
Non ti dimenticherò mai, fratello mio fu il suo ultimo saluto all’amico cosmonauta. 

Una caricatura realizzata da Alexei Leonov ritrae i suoi colleghi americani, lazo in mano, nel tentativo di aggancio dell'Apollo con la Sojuz.

ARTICOLO PUBBLICATO SULLA PAGINA FACEBOOK "LE STORIE DI KOSMONAUTIKA" IL 15/07/2023
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