Tutti sappiamo che, per rientrare sani e salvi nell’atmosfera, è necessario che la navicella smaltisca l’attrito provocato dall’ingresso negli strati alti dell’atmosfera per mezzo di uno scudo termico.
Ce ne sono stati di vari tipi, nella storia dell’esplorazione spaziale: da quelli “usa e getta” in cemento delle Vostock e Voskhod, a quelli dell’Apollo o della Sojuz fino alle mattonelle a dissipazione termica, riutilizzabili, dello Shuttle o della Buran.
Tutti questi strumenti, tranne quelli delle navette, utilizzano il fenomeno dell’ablazione termica per dissipare il calore. Di fatto si consumano progressivamente isolando il resto della navicella dal calore micidiale (qualche migliaio di gradi). Tranne quello dell’Apollo, tutti sono realizzati per sopportare velocità di ingresso derivanti dal rientro da un’orbita bassa. Ma se si torna dalla Luna o, magari, da più lontano?
Ovviamente, a meno di non inserire il veicolo al rientro in una orbita di parcheggio che lo rallenti a sufficienza, cosa di solito non fattibile per problemi di peso poiché necessita di un motore ancora efficiente e con il carburante a sufficienza, bisogna calcolare la velocità di ablazione dello scudo partendo da una traiettoria di rientro molto più veloce.
L’Apollo, come detto, era progettata per rientrare dalla luna senza inserzione orbitale finale. Per cui il suo scudo ablativo era di generosissime dimensioni dovendo sopportare una velocità di ingresso molto elevata.
Ma esiste un’altra tecnica…
Ispirata dal rimbalzo dei sassi sullo stagno, la tecnica dello “Skip reentry”, letteralmente “rientro a salti” sfrutta esattamente lo stesso principio: una serie di rimbalzi calcolati fa sì che il veicolo smaltisca la velocità fino al punto in cui lo scudo è in grado di sopportare l’abbraccio infuocato della nostra atmosfera.
Teorizzata negli anni 30 del XX secolo dagli ingegneri tedeschi che progettarono il mai realizzato bombardiere suborbitale “Silbervogel”, fu utilizzata per la prima volta indovinate da chi?
Sì dai nostri amici Sovietici!
Infatti, le Sojuz LK, destinate per il programma lunare (sostanzialmente delle Sojuz senza la sezione sferica chiamata BO), nella loro fase sperimentale con i voli senza equipaggio delle Zond 5, 6, 7 ed 8, per smaltire la velocità di rientro eccessiva per lo scudo della sezione SA del veicolo, effettuarono dei balzi negli strati alti dell’atmosfera.
Tutte e quattro le volte le manovre furono un successo.
Zond 5, che avrebbe dovuto portare Leonov e Makarov intorno alla Luna tre mesi prima di Apollo 8, venne lanciata con successo il 14 settembre 1968. Rietrò con successo il 21 anche se si dovette, a causa di un errore del sistema di guida automatico, optare per la zona di riserva nell'Oceano Indiano. L'errore, in caso di equipaggio umano, sarebbe stato agilmente bypassato dai cosmonauti.
Rientrarono con successo a terra una tartaruga, alcuni insetti ed un eroico manichino (non il prode Ivan Ivanovic oramai in pensione...).
Zond 6, sebbene fu un parziale insuccesso per la depressurizzazione della SA dovuta alla rottura di una guarnizione, scattò, un mese prima di Apollo 8, una foto della Terra sorgente dal bordo della Luna. Purtroppo, l'essere vivente a bordo, una tartaruga, morì nell’impatto occorso al rientro dovuto alla prematura apertura del paracadute.
Zond 7 ed 8, invece, completarono la missione con successo riportando a terra intatti gli esemplari biologici all’interno della SA e tutte le pellicole fotografiche.
Oltre alle Zond, solo lo Shuttle ha provato, in simulazione, la manovra del rientro a salti. Il modulo CM Apollo era in grado di effettuare anch’esso la manovra, mentre sia la Orion che la Orjiol, destinate a rientrare dall’orbita lunare, saranno in grado di effettuare l’operazione.
Recentemente, il nuovo veicolo spaziale Cinese (di cui ancora non è noto il nome) ha effettuato la manovra di rientro proprio con questa tecnica, atterrando con successo nella Cina nord-occidentale. Il vantaggio pratico, pur in presenza, come nel caso della Orion o della Orjiol, di scudi termici di generose dimensioni, è quello di poter abortire la manovra di ingresso nell’atmosfera, cosa, attualmente, non possibile.
Il veicolo Zond, in sostanza una Sojuz senza la sezione BO
Zond-6. Settembre 1968.
Due mesi prima di Apollo-8, sarebbe potuta essere la prima foto fatta da un Cosmonauta della Terra che sorge sull'orizzonte lunare.
Foto della Terra che sorge dalla Luna, scattata a colori da Zond 7
Schema della manovra di rientro a balzi o "Skip reentry"
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