Il nome dirà poco ai più; siamo abituati a conoscere i nomi di coloro che sono autori di primati. Nel caso di Belyaev, la missione Voskhod 2 è stata quella che ha consacrato Alexei Arkipovich Leonov all’Immortalità per essere stato, il 18 Marzo 1965, il primo uomo ad effettuare una Attività extraveicolare. Ma pochi sanno che, se la missione fu un successo, lo si deve al suo comandante.
Pavel Ivanovich Belyaev, nacque a Chelishevo il 26/06/1925. Durante la guerra entrò all’accademia di aviazione navale e, a guerra quasi terminata, venne impiegato in missioni operative, col grado di Sottotenente, durante la guerra contro il Giappone. Alla fine del conflitto, continuò la carriera nell’aviazione fino a raggiungere il grado di Maggiore.
Nel 1960 venne selezionato con il primo gruppo di Cosmonauti. Era il più anziano, all’età di 34 anni, ed il più alto in grado. Destinato ad una missione Vostok, che venne cancellata, per lo studio delle Fasce di Van Allen, si infortunò durante un lancio col paracadute mentre si addestrava con il collega Alexei Leonov. A causa dell’infortunio, rischiò di essere escluso dal gruppo dei Cosmonauti. Quando, dopo il successo del volo della Voskhod 1, venne messa in cantiere la missione Voskhod 2 che prevedeva la prima attività extraveicolare umana, Leonov fece di tutto per far sostituire il Comandante designato, Khrunov, con l’amico Belyaev. L’insistenza di Leonov ebbe successo ed i due partirono per la loro storica missione il 18 marzo del 1965.
Pavel Ivanovic Belyaev
(1925-1970)
La Voskhod, però, era una evoluzione della Vostok. Venne assemblata, nelle more del completamento del progetto Sojuz che procedeva a rilento, in tempi rapidi per fronteggiare il pericolo di perdere il primato nei voli spaziali a seguito dell’avvio dei lanci delle navicelle americane Gemini. L’abitacolo della Voskhod non era altro che quello della Vostok con i sediolini ruotati di 90° per consentire un equipaggio di più persone. Questo creava un notevole problema di visibilità per il pilota che si trovava ad avere lo schermo Vzor, per la collimazione in volo, spostato di lato a sinistra. Era dotata di retrorazzi più potenti e di un più efficiente sistema di motori d’assetto, cosa che consentivano al pilota di poter manovrare anche manualmente; la condizione di non poter vedere la propria direzione se non voltando lo sguardo a sinistra era veramente molto disagevole. Ma Korolev contava che il sistema di navigazione manuale non venisse mai utilizzato, in attesa di poter impiegare la nuova cosmonave Sojuz.
La prima fase del volo procedette senza intoppi. La Voskhod 2 raggiunse l’orbita e venne gonfiato l’airlock che sarebbe servito a Leonov per uscire nello spazio esterno e per rientrare a bordo. La passeggiata fu un successo che stava per tramutarsi in tragedia. Leonov, al momento del rientro a bordo, si accorse che la pressione dell’aria all’interno della tuta, che era priva di giunture, era salita in tal modo da rendere impossibile al cosmonauta di piegare le gambe. Non potendo quindi assumere la corretta posizione per entrare nell’airlock, cioè a piedi in avanti in modo da consentire a Leonov di manovrare manualmente il portello in caso di avaria, il cosmonauta dovette entrare, con immani sforzi, a testa in avanti. Accortosi che il sistema di chiusura del portello non funzionava, dovette depressurizzare la tuta per poterla sgonfiare, eseguire una capriola dentro l’airlock e chiudere il portellone esterno. Leonov, per la bassissima pressione dentro la tuta, svenne non appena chiuse il portello e Belyaev dovette tirarlo a forza dentro la Voskhod e rianimarlo.
Francobollo commemorativo dedicato a Pavel Belyaev
Ma le disavventure non finirono qui. Al momento di espellere l’airlock, la carica esplosiva che doveva sganciarlo, impresse un momento rotatorio alla cosmonave che mandò fuori uso il sistema di rientro automatico. Inoltre, un difetto ad una valvola di controllo dell’ossigeno, all’interno della capsula, rischiò di far morire i due cosmonauti per iperossigenazione. Dovettero, strappando il rivestimento interno, escludere il circuito della valvola guasta per ripristinare la corretta percentuale di ossigeno. Al momento di rientrare, accortosi che il sistema automatico non funzionava, Belyaev prese la decisione di deorbitare manualmente. La manovra, mai tentata prima, era, come detto, resa difficoltosa dal fatto di avere il Vzor disassato di 90°. Belyaev e Leonov si sganciarono dai sedili e mentre Belyaev manovrava girato verso il visore fluttuando nella cabina, Leonov lo sorreggeva tenendosi aggrappato agli strumenti di bordo. Riuscì ad effettuare una perfetta manovra di rientro, primo uomo nella storia a deorbitare manualmente. Purtroppo, la traiettoria non fu quella prevista e la Voskhod 2 atterrò nel bel mezzo degli Urali, proprio mentre stava per arrivare una tormenta di neve. Con la radio anche essa fuori uso, dovettero affidarsi ad un debole segnale di S.o.s. trasmesso con un piccolo apparecchio morse che azionavano a turno cercando di non congelare a temperature molto al di sotto dello zero. Un radioamatore ricevette il segnale e, rischiando il gulag per aver intercettato una trasmissione militare, comunicò i dati radiogoniometrici al controllo a terra. I due cosmonauti, oramai allo stremo delle forze dopo una notte passata al gelo e sotto una tempesta di neve, vennero recuperati sani e salvi il giorno successivo.
Belyaev non volò più. Era oramai troppo in là con l’età. Fu insignito, insieme a Leonov, del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica e si ritirò dall’attività. Morì, purtroppo, cinque anni dopo il suo unico volo spaziale, a causa di una peritonite seguita durante un intervento di ulcera.
A lui sono dedicati un cratere Lunare, un pianetino e vari monumenti di cui uno è il busto nel viale degli Eroi dello Spazio, insieme a quello dell’amico Leonov, a Gagarin, alla Tereskhova ed a Komarov.
Leonov, che ha curato la sceneggiatura del film “Spacewalk” (in originale “Il tempo dei primi”), gli ha voluto dedicare un bellissimo ricordo nei titoli di coda.
Oggi che anche Alexei Leonov non è più tra di noi, si saranno ritrovati da qualche parte nell’infinità del Cosmo.
Busto dedicato a Belyaev sutuato nel piazzale degli Eroi del Cosmo, all'ingresso del Museo della Cosmonautica di Mosca