Non solo Gagarin e i pionieri: il primo gruppo di cosmonauti sovietici contava anche uomini che non arrivarono mai nello spazio.
Quando si parla del primo gruppo di cosmonauti sovietici, il pensiero corre subito a Jurij Gagarin, German Titov e agli altri pionieri che aprirono la strada ai voli nello spazio. Ma dietro l’epopea della cosmonautica, ci sono anche storie meno celebrate: quelle degli uomini che, pur selezionati tra i migliori piloti dell’Unione Sovietica, non riuscirono mai a volare nello spazio. Alcuni furono fermati dalla salute, altri da incidenti, altri ancora da vicende personali e caratteriali.
La storia del cosmo è fatta anche di traiettorie spezzate.
Valentin Vasiljevic Bondarenko, nato a Kharkiv nel febbraio 1937, era uno dei più giovani piloti selezionati tra i “Venti di Gagarin”. Soprannominato “Campanellino”, era amato per il suo carattere gentile, il talento sportivo e la passione per il canto. Durante un intenso addestramento in una “camera sorda” ad alta pressione (un ambiente con ossigeno puro), il 23 marzo 1961 un incidente banale con un batuffolo di cotone impregnato d’alcol provocò un incendio fatale: Bondarenko morì dopo sedici ore di agonia. Per decenni la sua scomparsa fu ufficialmente nascosta, e insieme ad altri cosmonauti espulsi, fu addirittura cancellato da foto e immagini ufficiali. Solo molti anni dopo fu riconosciuto come il primo caduto delle missioni spaziali, ricevendo postumo l’Ordine della Stella Rossa e lasciando un’eredità destinata a non essere dimenticata.
Ne parlo più approfonditamente in un articolo.
“Nessuno avrebbe mai potuto immaginare che un batuffolo potesse spegnere il sogno di volare fra le stelle.”
Anatoli Jakovlevič Kartashov
Il 7 aprile 1961, a pochi giorni dal volo di Gagarin, Kartashov fu espulso dal corpo dei cosmonauti per motivi di salute. Continuò però una brillante carriera da pilota collaudatore dell'Aeronautica e poi presso l’ufficio di progettazione Antonov a Kiev, dove testò numerose versioni di An-24, An-26, An-32 e il ricognitore An-30.
Di lui si potrebbe dire: “Non volò nello spazio, ma non smise mai di sfidare i cieli.”
Morì nel 2005 ed è sepolto nel cimitero Berkovtsy di Kiev.
Valentin Stepanovič Varlamov
La sua carriera fu stroncata da un banale tuffo in un lago. Nel luglio 1960, in vacanza con altri cosmonauti-auditori, si ferì gravemente al collo urtando il fondale. Riuscì a raggiungere il punto medico tenendosi la testa con entrambe le mani. Nonostante la passione e la vicinanza al mondo spaziale, il 6 marzo 1961 fu escluso per motivi di salute.
Rimase però al TsPK come navigatore-collaudatore e raggiunse il grado di tenente colonnello. La sua fine fu assurda: il 2 novembre 1980, cadendo mentre incollava carta da parati, morì per una lesione cranica. È sepolto a Leonikha.
Dmitrij Alekseevič Zajkin
Forse il più vicino al sogno. Nel 1965 fu riserva di Pavel Beljaev per la missione Voschod-2, la stessa che vide Aleksej Leonov compiere la prima passeggiata spaziale.
Ma problemi di salute (un’ulcera diagnosticata nel 1968) lo portarono all’espulsione nel 1969. Continuò comunque a lavorare al TsPK, fino al congedo nel 1987 e poi come ingegnere. Morì nel 2013 ed è sepolto a Leonikha.
Mars Zakirovič Rafikov
Uomo di talento, ma dal carattere difficile. Qualificato come cosmonauta nel 1961, ben presto i suoi problemi personali – liti coniugali, scandali e persino episodi di violenza domestica – divennero di dominio pubblico e approdarono fino ai tribunali di partito.
Sua moglie Ljudmila scrisse rapporti al comando del TsPK accusando il compagno Rafikov di tradirla, di creare scandali e di voler divorziare (probabilmente con buone ragioni: dopo il divorzio Rafikov si sposò altre due volte). Una volta arrivò perfino a picchiare la moglie, per cui il suo comportamento fu discusso in assemblea di partito, ricevette ammonimenti, ma non imparò la lezione.
Dopo un episodio di assenza ingiustificata a Mosca con il collega Ivan Anikeev, fu espulso il 24 marzo 1962. Continuò la carriera militare, arrivando a combattere in Afghanistan, dove ricevette l’Ordine della Stella Rossa. Morì nel 2000 per un infarto, sepolto ad Alma-Ata.
Insomma: Un cosmonauta respinto non dal fisico, ma dal carattere.
Grigorij Grigor’evič Neljubov
Considerato da molti il migliore del gruppo dopo Gagarin e Titov, era il candidato naturale al primo volo. Ma una serie di delusioni professionali e problemi disciplinari segnarono il suo destino.
Nel 1963, dopo un alterco con una pattuglia militare insieme ad Anikeev e Filatiev, fu espulso dal corpo dei cosmonauti. Tornò a volare in Estremo Oriente, ma cadde in depressione e nell’alcol. Nel 1966 morì gettandosi sotto un treno: aveva solo 31 anni.
Neljubov è l’emblema dei cosmonauti dimenticati, l’eroe mancato della corsa allo spazio: venne persino cancellato dalla foto di gruppo con Korolev e dai video del volo di Gagarin, salvo poi venire riabilitato.
Per approfondire la sua vicenda, puoi leggere il mio articolo dedicato: 👉 Gregory Grigor’evič Neljubov ed il capitolo a lui dedicato del mio libro “Noi abbiamo usato le Matite! - Storia del programma spaziale sovietico e delle persone che lo hanno realizzato”.
Ivan Nikolaevič Anikeev
Espulso insieme a Neljubov e Filatiev dopo l’incidente del 1963, tornò a prestare servizio nell’Aeronautica, ma senza particolari avanzamenti di carriera: raggiunse il grado di capitano.
Morì di cancro nel 1992.
Valentin Ignat’evič Filatiev
Anche lui tra i tre espulsi del 1963, proseguì la carriera militare per qualche anno, congedandosi nel 1969 con il grado di maggiore. Si trasferì a Orel, dove lavorò in un istituto di ricerca e come insegnante di difesa civile.
Morì nel 1990, a 58 anni.
Il primo gruppo di cosmonauti è ricordato come un’elite di giovani piloti pronti a rischiare la vita per aprire la strada allo spazio. Ma accanto ai nomi incisi nella storia, esistono anche quelli degli esclusi, degli sfortunati, dei caduti in circostanze banali o tragiche.
Insomma: Non arrivarono mai nello spazio, ma furono parte della sua storia.