Il 30 ottobre 1957 nasceva a Mosca Aleksandr Lazutkin, ingegnere, cosmonauta e protagonista di uno dei voli più drammatici nella storia della stazione spaziale Mir. Il suo unico viaggio nello spazio, compiuto nel 1997, mise a dura prova ogni limite umano e tecnico, tra incendi, collisioni e giorni di isolamento quasi totale.
Quando la Soyuz TM-25 partì il 10 febbraio 1997 dal cosmodromo di Bajkonur, nulla lasciava presagire che quella che avrebbe dovuto essere una missione ordinaria si sarebbe trasformata in un test estremo di sopravvivenza e sangue freddo. Lazutkin, all’epoca quarantenne, volava come ingegnere di bordo accanto al comandante Vasilij Tsibliev. Ad accoglierli a bordo della Mir c’era l’astronauta americano Jerry Linenger, in un periodo di intensa cooperazione tra Roscosmos e NASA.
Il cosmonauta Alexandr Lazutkin. Credito: Roscosmos
I problemi iniziarono presto. Durante l’avvicinamento alla Mir, un guasto al sistema di attracco automatico Kurs costrinse l’equipaggio a completare le manovre a mano, con Tsibliev ai comandi e Lazutkin a scandire dati e parametri sotto forte stress. Nonostante la tensione e la nausea che lo tormentava fin dai primi giorni, Lazutkin dimostrò calma e precisione, assicurando un attracco riuscito.
A bordo della Mir, i giorni iniziarono a scorrere seguendo la routine di esperimenti, manutenzione e addestramento. Ma la stazione, ormai al suo dodicesimo anno di vita, mostrava chiari segni di usura. Molti sistemi funzionavano solo grazie alla manualità dei cosmonauti e all’esperienza accumulata in anni di missioni.
Il 23 febbraio 1997 la tranquillità si spezzò. Una cartuccia di ossigeno solido, usata per rigenerare l’atmosfera, prese fuoco nel modulo Kvant-1. In pochi secondi, fiamme e fumo invasero il compartimento, oscurando completamente la visuale. Lazutkin fu tra i primi a reagire: afferrò un estintore, cercò di contenere l’incendio e contemporaneamente aprì i canali di comunicazione con il centro di controllo.
«Era impossibile vedere, respirare o orientarsi», avrebbe raccontato anni dopo. Per dieci minuti l’equipaggio lottò contro il fuoco nello spazio, in un ambiente chiuso e saturo di ossigeno. Nessuno perse la calma. Le fiamme si spensero, ma l’episodio lasciò segni profondi: il fumo aveva saturato i filtri dell’aria, i rilevatori erano fuori uso, e l’equipaggio dovette indossare per giorni le maschere respiratorie.
Le settimane successive furono un susseguirsi di malfunzionamenti. Il sistema di raffreddamento a glicole cominciò a perdere, riversando il liquido tossico nei condotti interni. Le temperature a bordo salirono fino a 50 °C in alcuni moduli, poi calarono bruscamente quando i circuiti furono isolati. Lazutkin e Tsibliev trascorsero ore a smontare pannelli e sigillare giunzioni, lavorando in maglietta e sudore, con il respiro pesante per la mancanza di ventilazione.
Ma il vero incubo doveva ancora arrivare.
Aleksandr Lazutkin nella stazione Mir, 1997. Fonte: Roscosmos / RKK Energia
Il 25 giugno 1997 la Mir divenne teatro di un incidente senza precedenti. Un cargo automatico, il Progress M-34, doveva testare un nuovo sistema di attracco manuale controllato a distanza. Tsibliev e Lazutkin guidavano la manovra visivamente, senza radar. Ma il segnale video era disturbato, e la velocità relativa del cargo fu sottovalutata.
Alle 10:00 UTC il Progress urtò violentemente la stazione, squarciando il modulo Spektr. L’impatto provocò una depressurizzazione immediata e il calo dell’alimentazione elettrica: il modulo danneggiato ospitava infatti i principali pannelli solari. In pochi secondi, l’allarme di perdita d’aria risuonò nella cabina.
Lazutkin fu decisivo. Mentre Tsibliev cercava di stabilizzare l’assetto, lui tagliò manualmente i cavi che impedivano di chiudere il portello tra il compartimento centrale e lo Spektr. Tagliò davvero i cavi, con un coltello da emergenza, per isolare il modulo e salvare la stazione.
La Mir sopravvisse, ma a caro prezzo. Lo Spektr rimase sigillato e inaccessibile, gran parte dei sistemi automatici fuori uso. Per settimane i due cosmonauti vissero in semi-oscurità, alimentati da energia di riserva, orientando la stazione al Sole a mano grazie ai motori del Soyuz.
Il modulo Spektr della MIR danneggiato dopo la collissione con la Progress M34. Credito: NASA/Sciencephotolibrary
Quei mesi misero alla prova ogni fibra del corpo e della mente. Lazutkin, che pure era ingegnere di formazione, si trovò a gestire continui imprevisti con un coraggio calmo e metodico. In un’intervista ricordò di aver scoperto che “la paura non sparisce, ma si può governare con il lavoro”.
L’equipaggio dormiva poche ore, mangiava razioni ridotte e comunicava con il controllo a terra attraverso canali spesso instabili. A bordo regnava un silenzio surreale, interrotto solo dal ronzio dei sistemi e dai colpi metallici di qualche modulo che si espandeva o raffreddava.
Eppure, anche in quelle condizioni, la Mir continuava a rappresentare un laboratorio orbitale attivo, simbolo della cooperazione internazionale e della tenacia umana.
Dopo 184 giorni, 22 ore e 7 minuti nello spazio, la Soyuz TM-25 rientrò il 14 agosto 1997 nelle steppe del Kazakistan. Il rientro fu tutt’altro che tranquillo: un malfunzionamento ai motori di atterraggio fece toccare il suolo con una velocità superiore al previsto, deformando la capsula. Lazutkin e Tsibliev ne uscirono contusi ma illesi.
Per la Russia spaziale, quella missione fu una lezione durissima: la Mir aveva resistito, ma era ormai chiaro che la sua struttura era arrivata al limite. Per Lazutkin, invece, fu un punto di svolta.
Tsibiliev (a sinistra) e Lazutkin, in un gesto molto "italico", al rientro dalla loro missione. Credito: Roscosmos
Nel 1998 ricevette il titolo di Eroe della Federazione Russa e varie onorificenze internazionali, tra cui riconoscimenti della NASA. Continuò a lavorare nel corpo cosmonauti fino al 2007, quando problemi cardiaci gli impedirono nuovi voli. Da allora si è dedicato alla divulgazione, all’insegnamento e a progetti educativi rivolti ai giovani.
Oggi, nel giorno del suo compleanno, il nome di Aleksandr Lazutkin resta legato per sempre a quella straordinaria missione del 1997: un viaggio in cui la tecnologia cedette più volte, ma l’ingegno e la volontà umana non cedettero mai.
Fonte: articolo “Биография Александра Лазуткина: от первого лица об одном из самых сложных полетов в истории”, ProKosmos, 30 ottobre 2025 — prokosmos.ru