ahi! che botta! il sediolino kazbek-um

il sediolino della sojuz, un vero dispositivo anti-g

È vero, quelli di SpaceX sono più moderni, più “glamour” etc. etc. Ma i Kazbek-UM sono delle vere e proprie macchine anti-g e vi spiego perché.

Sapete, difatti, che le Sojuz sono gli unici veicoli, insieme alle “cugine” Shenzhou, che atterrano sulla terraferma. (Veramente anche le CST-100 atterrano sulla terraferma, ma, finora, non sono state ancora collaudate con astronauti a bordo. Inoltre, il progetto originale delle Crew Dragon prevedeva il loro atterraggio su zampe retrattili sulla terraferma così come sulla Luna e Marte. Si sa… all’inizio le spari grosse, poi ti ridimensioni…). La discesa della Sojuz è frenata da un grosso paracadute e, negli ultimi otto metri, da un sistema di razzi a combustibile solido che la rallentano fino ad una velocità di circa 5 m/s (che sono, comunque, 18 Km/h…) e può resistere ad impatti fino ad 8 m/s. Per questo motivo il tipico “atterraggio morbido russo” è descritto come una specie di tamponamento controllato in cui sei colpito da dietro, un po’ come quando qualcuno ti viene addosso e tu sei fermo al semaforo…

E qui entra in scena il Kazbek-UM.

Facciamo un passo indietro… Nasce con la Sojuz, concepita come un veicolo in cui l’architetto Galina Balashova (cui ho dedicato un articolo ed un capitolo del libro…), ha immaginato uno spazio dove i cosmonauti potessero vivere il volo spaziale con comodità. Sì, vedendo le foto dei cosmonauti stretti nelle tute dentro la sezione SA della Sojuz viene da sorridere, pensando anche ai “Meme” in cui li si paragona ai futuribili astronauti delle Dragon, ma i “Memisti” si dimenticano di aggiungere che la Sojuz ha, in cima, una sezione sferica, chiamata BO, con spazio per quattro persone, una cucina ed una piccola toilette. Io ci sono entrato e posso assicurarlo. Ad ogni modo era concepita per essere abitata senza tute spaziali. Quindi la prima versione del sediolino Kazbek prevedeva misure ben diverse dalle attuali. Peso minimo 56 kg, massimo 85 altezza massima del cosmonauta 1,80 m. e minima 1,64 m. (Gagarin non ci avrebbe potuto volare: era 1,57 m…) e limitazioni per la larghezza del torace: non più di 112 cm. Erano disposti a forma di “petalo” davanti al pannello comandi e risultavano comode per tre a patto, appunto, che non si indossassero tute. La tragedia di Sojuz-11 ha fatto rivedere il concetto di volo spaziale, per i sovietici, obbligando i cosmonauti ad indossare le tute semi pressurizzate Sokol. In queste condizioni, non potevano starci più di due passeggeri, cosa che poi, con le versioni TMA, grazie anche agli accordi con la Nasa, venne modificata, allargando la sezione SA e modificando il sediolino nella versione attuale, la UM, con parametri allargati: peso minimo 56 kg, massimo 95, altezza minima 1,50 m. (anche Gagarin avrebbe potuto volarci…), massima 1,90 m. nessuna limitazione per il torace.

Ma come funziona?

Innanzitutto, è composto da una struttura meccanica comprendente i sistemi di tensionamento delle cinture ed un martinetto idraulico che può assumere due posizioni. Completamente retratto oppure esteso fino a formare un angolo di 80° con il pavimento della Sojuz. Sopra è posizionato un guscio in materiale sintetico che è personalizzato sulle forme dell’occupante (ognuno ha il suo). Viene preso, difatti, un calco con il cosmonauta seduto in posizione fetale con la tuta Sokol completamente sigillata e pressurizzata.

Nelle fasi in cui il cosmonauta riceve G positivi (lancio e rientro), il martinetto resta nella posizione retratta con, quindi, il cosmonauta allineato sul pavimento della cosmonave. Durante gli ultimi metri della discesa, prima che venga azionato il sistema di retrorazzi che entrano in funzione ad 8 m. dal suolo, una serie di piccole cariche estende il martinetto fino, come ho accennato, a portarlo a formare un angolo di 80° ed avvicinando il casco del cosmonauta al pannello frontale ad una distanza di pochi cm. Al momento dell’impatto col suolo, i martinetti assorbiranno l’urto rendendo l’atterraggio meno “cruento”. Dopo pochi minuti dall’atterraggio, viene scaricato il martinetto ed i cosmonauti tornano nella posizione di “riposo”, pronti per essere recuperati dalle squadre di salvataggio, ma di questo ve ne parlerò un’altra volta…

Il Kazbek ha salvato la vita agli occupanti già 5 volte: nel 1969 al cosmonauta Boris Volynov, nel 1980 ai cosmonauti Valeri Kubasov ed all’Ungherese Bertalan Farkash e nel 1997 a Vasilij Tsibliev ed Alexander Lazutkin. In tutti questi casi la velocità di discesa, per malfunzionamento dei paracadute, è risultata troppo elevata e gli occupanti se la sono cavata solo con qualche dente rotto…

Il complesso sediolino-guscio, costruito dall’NPO “Zvezda”, pesa 30 kg di cui 7 sono del guscio e 23 del sediolino. La corsa dei martinetti è di 230 mm.

Insomma, come tante cose russe, sembra una cosa primitiva e poco “moderna”, in realtà è un complesso dispositivo che salva le vite.


ARTICOLO PUBBLICATO SULLA PAGINA FACEBOOK "LE STORIE DI KOSMONAUTIKA" IL 09/02/2022Link all'articolo su Facebook

La nostra Samantha Cristoforetti circondata dai tecnici dell'NPO "Zvezda" mentre viene preso il calco del sediolino Kazbek

Guscio del sediolino del cosmonauta Aleksandr Volkov (Sojuz TM-13, Sojuz TM-7, Sojuz T-14)

Questa è la posizione in cui i cosmonauti stanno seduti durante lancio e rientro. Notare che la tuta Sokol è pressurizzata.

Il sediolino Kazbek-UM completo.

Particolare del martinetto idraulico del sediolino Kazbek (in posizione retratta)

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