VOSTOK

La Cosmonave “Vostok” (восток=oriente)

Fu il primo veicolo a portare un essere Umano in orbita, il 12/04/1961 con il Tenente prima del lancio e Maggiore al momento dell'atterraggio, Jurij Alexeievich Gagarin.

Nasce con il doppio uso sia di veicolo adibito al volo spaziale umano, che come piattaforma per satelliti spia o da ricognizione fotografica. Con questo uso, le Vostok (ribattezzate Foton) resteranno in servizio fino agli anni 2000!

Ne furono prodotte tre versioni: la 1k che è stato il prototipo, la 2K che poi venne ribattezzata Foton e la 3k che è quella usata per il volo umano.

Una Vostok 1K


La prima Vostok lanciata nello spazio, anche se senza equipaggio, fu la Sputnik-4. Dotata di apparati di rilevamento delle condizioni di un manichino posto nel sediolino del cosmonauta, doveva rientrare nell'atmosfera dopo quattro giorni dal lancio, avvenuto il 15/05/1960. Ma, per un errore di traiettoria, la Vostok non deorbitò restando quindi nello spazio per due anni prima che la sua orbita degradasse facendola rientrare nell'atmosfera, disintegrandosi. Un frammento della Sputnik-4 cadde, il 5/9/1962, in una strada del Winsconsin, negli USA.

Delle altre Vostok senza equipaggio, lanciate prima di quello storico 12 aprile 1961, sappiamo molto poiché si trattò delle prime navicelle con esseri viventi a bordo.

Sputnik-5, infatti, lanciata il 19/08/1960, portò in orbita e fece rientrare sane e salve, le cagnette Belka e Strelka; Sputnik-6, lanciata l'1/12/1960, portò in orbita le due cagnoline Pchijolka e Mushka. Purtroppo, per un errore di funzionamento del sistema di retrorazzi TDU-1, la capsula non deorbitò correttamente. Rischiando di finire in territorio americano, sembra sia stata distrutta da terra. Quello che è certo è che i frammenti caddero nel Pacifico portando con sé la verità e, purtroppo, le vite dei due cagnolini.

Riproduzione della Vostok con spaccato della sezione VA

Per questo incidente, il programma Sputnik-Vostok subì uno stop. Ciò consentì di sistemare i problemi al sistema TDU-1. I lanci ripresero con la Sputnik-9 che, lanciata il 9/3/1961, portò in orbita la cagnolina Cjernuska e l'Eroe dell'URSS il leggendario manichino Ivan Ivanovic che tanto ha alimentato il mito dei cosiddetti cosmonauti perduti. Il compagno cosmonauta manichino testò con successo la slitta eiettabile per il rientro a terra, in paracadute, del cosmonauta il quale veniva espulso dalla capsula all'altitudine di 7000 metri.

Dopo il successo di Sputnik-9, il 25/3/1961, poco prima del volo di Gagarin, venne lanciata la Sputnik-10. Portava a bordo la cagnolina Zvjiozdocka, ribattezzata così da Gagarin stesso (prima si chiamava Fortuna), che era solito correre con lei durante gli allenamenti mattutini. Anche con quest'ultima volò l'ormai veterano Eroe Compagno Manichino Ivan Ivanovic.

Pochi giorni dopo fu la volta di Gagarin…

Riproduzione 3D della Vostok 3K

Una curiosità: la denominazione ufficiale, come ho scritto, di questi voli, fu "Sputnik", ma gli stessi erano classificati anche come "Sputnik-Korabl", cioè satelliti-navicelle. Pertanto, Sputnik-4 era denominata anche Sputnik-Korabl-1, la 5 Sputnik-Korabl-2, la 6 Sputnik-Korabl-3, la 9 Sputnik-Korabl-4 e la 10 Sputnik-Korabl-5.

Dopo la Vostok-6 erano state costruite altre sette cosmonavi della stessa classe. Con l'avvio del programma Voskhod però, furono riconvertite ad usi militari e scientifici e lanciate con la denominazione Foton. L'ultima Foton, pensate, ha volato nel 2014.

Il veicolo è formato da due sezioni: la prima, denominata Vostok SA (SA= Spuskaemij Apparat - Apparato di Discesa) è il modulo sferico destinato a contenere il Cosmonauta, oppure il carico utile nel caso delle Foton.

Il secondo, denominato Vostok PA (PA= Pribornij Atsek - modulo della strumentazione) è il modulo di servizio contenente la strumentazione ed il propellente dei retrorazzi del sistema TDU-1 necessari alla frenata utilizzata nella manovra di Deorbita.

Una Foton (Vostok 2K) esposta al Museo della Cosmonautica (foto dell'autore)

Lanciata dal modello 8K72K del famoso R7, denominato per l'occasione "Lanciatore Vostok", era contenuta in un guscio protettivo fino al distacco del terzo stadio denominato "Block-E". una volta sganciato il Block-E, la Vostok si trovava in orbita.

Inizialmente la durata delle missioni era pianificata per diversi giorni, ma le difficoltà iniziali del programma Sputnik-Korabl fecero sì che si pianificassero le prime missioni umane con durata non superiore alle 24 ore. A causa della limitata potenza del lanciatore Vostok, l'orbita raggiunta era piuttosto bassa. Questo fatto faceva sì che, in caso di guasto al sistema TDU-1, il decadimento dell'orbita avrebbe fatto comunque rientrare la capsula in dieci giorni. Perciò, i cosmonauti avevano a bordo provviste per una dozzina di giorni.

La sezione SA, di forma sferica, era rivestita di uno scudo termico di Amianto-Cemento. La sua forma le consentiva un rientro di tipo balistico, quindi molto più semplice da calcolare. Questo aspetto contribuì ad avvantaggiare l'URSS poiché il progetto di una simile capsula, richiedeva studi aerodinamici molto meno complessi rispetto alla controparte USA (la Mercury, a forma di "campana" poteva rientrare con un angolo di assetto ben preciso, anche se garantiva minor stress all'occupante dovendo sopportare una decelerazione inferiore).

La sezione SA aveva tre portelloni di circa 1,2 Mt di diametro. Uno era usato per l'ingresso del cosmonauta e per la sua espulsione, un secondo per il paracadute ed un terzo per l'installazione della strumentazione di bordo. Vi erano anche dei piccoli portelli da 25 cm usati per la navigazione; uno di questi era necessario al celebre collimatore ottico VZOR che si trovava in basso, di fronte al cosmonauta.

Schema di una Foton (in servizio fino al 2014!)

Il rientro avveniva, data la scarsa capacità della Vostok di effettuare correzioni di assetto, effettuando una frenata per mezzo dei retrorazzi TDU-1 del modulo PA.

Il modulo di servizio VA era agganciato alla SA con dei collegamenti in gomma. Alla fine dell'accensione del TDU-1, delle cariche esplosive sganciavano le due componenti della Vostok. Almeno in tre casi (uno di questi con Gagarin), la VA rimase parzialmente collegata alla SA. Fortunatamente la SA non aveva angoli di rientro definiti; l'attrito con gli strati alti dell'atmosfera, avrebbe comunque fatto il lavoro separando le due sezioni.

All'altitudine di 7000 metri, il cosmonauta, seduto su di una slitta eiettabile, veniva espulso dalla capsula e scendeva al suolo con un suo paracadute.

Il sistema di espulsione con slitta fu scelto in quanto, la struttura sferica della SA, non consentiva un atterraggio sufficientemente frenato. Si preferì, quindi, espellere il cosmonauta dall'altitudine di 7000 Mt. Lo stesso sistema a slitta serviva, in caso di avaria al lancio, come sistema di emergenza. Difatti, soprattutto per motivi di tempo, non si era provveduto a dotare la Vostok di una torre di salvataggio tipo DAS-SAS, come quella in uso sulle Sojuz (ma anche su tutte le navicelle americane). In caso di avaria oltre i 7000 Mt di altitudine, oppure nei primi 20 secondi dal lancio, il cosmonauta aveva scarse probabilità di salvezza.

La SA continuava a scendere frenata da un paracadute che, però, non era in grado di garantire un atterraggio sufficientemente "morbido" al pilota.

La struttura e la forma della Vostok vennero riprese dalla Voskhod (восход=Alba). Dotata di più spazio per i cosmonauti (fino a tre) ottenuto ruotando i sediolini di 90°, aveva una capacità di manovra apprezzabile (Pavel Belyaev, comandante della Voskhod 2 deorbitò manualmente a causa di un guasto al retrorazzo). Grazie ad un blocco di retrorazzi aggiuntivo posto in cima alla sezione SA che rallentava ancor di più la navicella, era in grado, anche per merito della maggior potenza del vettore "Molnya" (sempre un R7, potenziato), di raggiungere orbite più alte. Con la Voskhod debuttò anche un sistema di atterraggio "morbido" che, come poi per la Sojuz, entrava in funzione ad 8 Mt dal suolo e non obbligava più all'espulsione in quota (prevista però come misura di emergenza).

Una particolare Foton, dotata anche di pannelli solari

ARTICOLO PUBBLICATO SULLA PAGINA FACEBOOK "LE STORIE DI KOSMONAUTIKA" IL 15/06/2021
FacebookTwitterLinkedInEmailEmailLink