R.O.s.

Российская орбитальная станция - stazione spaziale russa

Se n’è parlato tantissimo ed il 24/1/2023 alle XLVII letture accademiche sulla cosmonautica ("Letture reali - 2023"), Yuri Borisov, direttore generale di Roscosmos, è tornato sull’argomento definendo i piani di costruzione di questa stazione nazionale.

Viviamo, purtroppo tempi complicati. Sono bastate delle dichiarazioni incaute dell’ex CEO di Roscosmos, Dmitri Rogozin, all’alba dello scoppio della Crisi Ucraina, per far temere nefaste azioni di ritorsione che investivano la Stazione spaziale internazionale.

Anche dopo l’insediamento del nuovo CEO, Yuri Borisov, la sua prima dichiarazione, dove veniva annunciato l’avvio del progetto ROS (Российская орбитальная станция – leggi Rossiyskaya orbital'naya stantsiya) e la decisione di cessare la collaborazione sulla ISS «a partire dal 2024», le polemiche innescate dalla frettolosa lettura dei comunicati, non si sono fatte attendere.

Yuri Borisov, CEO di Roscosmos, interviene il 24/1/2023 alle XLVII letture accademiche sulla cosmonautica ("Letture reali - 2023")

No, nessuno abbandonerà nulla da un giorno all’altro:

L’ «smobilizzo» della ISS è un processo deciso da tempo in condivisione con tutti i partner interessati al progetto. Le motivazioni sono dovute alla vetustà della stazione, in particolare nei suoi moduli più vitali, che si trovano nella sezione Russa: Zarya, che è in orbita dal 1998, e Zvezda, lanciato nel 2000. In particolare, quest’ultimo contiene tutti i sistemi vitali della stazione: dal riciclo ambientale di acqua ed aria, ai motori di assetto e di controllo, oltre che ai relativi serbatoi. Inoltre, in Zvezda, i portelloni di aggancio consentono il passaggio del carburante di rifornimento per i suddetti motori fornito dalle Progress. Questi portelli sono dotati dell’aggancio SSVP-G4000 presente solo su Sojuz e Progress.

Rappresentazione delle orbite che percorrà la ROS

Impossibile quindi sostituire le navette russe con le Cygnus o con le Dragon.

Altrettanto impossibile è sostituire Zvezda con un altro modulo di analoghe caratteristiche. Almeno non entro i prossimi tre anni.

Si è tentato, recentemente, di utilizzare il motore del cargo Cygnus per effettuare una piccola manovra di correzione di assetto. La manovra è riuscita ma un conto è effettuare simili, piccole, variazioni; tutt’altra cosa è un sistema di controllo costante di assetto. Per quello ci vorrebbe un modulo nuovo che, come detto, richiederebbe anni di progettazione, realizzazione etc. Nel frattempo (non è solo l’agenzia russa a certificarlo ma anche la Boeing per il modulo Zarya), gli apparati dei vari moduli sono garantiti fino al 2025. Poi si deve sperare che non si guastino a raffica come avvenne negli ultimi anni della MIR. Per questo motivo COLLEGIALMENTE, ribadisco, collegialmente, si è presa la decisione di smobilitare la stazione entro il 2030 come termine massimo.

E quindi la risoluzione di costruire e mandare in orbita una stazione spaziale nazionale, aperta, sono parole di Borisov, alla collaborazione scientifica internazionale, è stata presa e ne è stato definito il progetto.

Con quali caratteristiche?

Innanzitutto, la nuova stazione avrà un orbita molto più «settentrionale» rispetto alla ISS, cioè inclinata di 97°.  I suoi moduli saranno quindi lanciati su di una traiettoria più dispendiosa dal punto di vista della spinta, ma che poi consentirà alla ROS di sorvolare, per la gran parte della sua orbita, il territorio della Federazione Russa.

Inoltre, questa orbita sarà più bassa (tra i 300 ed i 380 Km di altitudine) e comporterà l’utilizzo delle nuove PTK-NP «Orjiol» o di Sojuz lanciate da Vostochnji e non da Baikonur.

Per quale motivo? Per il fatto che le Orjiol saranno in grado di controllare la traiettoria di discesa in caso di avaria, mentre le Sojuz non possono farlo. Quindi per evitare la possibilità che una Sojuz atterri fuori dal territorio russo, la stessa può essere lanciata solo dal nuovo cosmodromo situato nella siberia sud-orientale. Questo fa slittare almeno al 2026 il lancio del primo modulo della ROS.

Inoltre, la ROS sarà una stazione spaziale di servizio. Questo vorrà dire che è previsto che possa (come quella cinese) restare disabitata per lunghi periodi.

Modello 3d della futura stazione orbitale russa ROS

Ma perché questa scelta così «al ribasso»?

Beh, i motivi di budget sono la ragione principale, ovviamente. Ma anche il fatto che una grande struttura come la ISS è diventata anacronistica. Bellissima per l’aspetto «romantico» che ha significato in questi 20 anni cioè lo spazio inteso come momento di collaborazione tra le nazioni al di là delle crisi politiche dei «terrestri», ma eccessivamente dispendiosa. In un’ottica di contenimento di costi, utilizzo delle tecnologie esistenti e collaudate e nella visione della collaborazione per i progetti più ambiziosi (programma lunare ad esempio) con la Cina, una stazione di servizio fortemente automatizzata è la soluzione migliore.

Modellino esposto a Mosca nel luglio 2022
Piano provvisorio dei voli verso la ISS (in blu) e verso la ROS (In rosso). Foto da www.russianspaceweb.com

Ma come sarà composta la ROS?

La sua struttura modulare ricalca quella della ISS o, meglio ancora, quella della Tiangong cinese.

Sostanzialmente avrà due tipi di moduli standardizzati:

L’UM (Узловой Модуль, leggi «Uzlovoji Modul»), Modulo Nodale, in tutto e per tutto uguale al modulo Prichal, ultimo aggiunto alla ISS nel novembre 2021, ed il NEM (Научно-энергетический модул leggi «nauchno-energheticeskji modul»), il modulo energetico e scientifico che rappresenta il nuovo modulo standard dopo la fortunata e longeva serie di moduli derivati dall’FGB della mai troppo lodata navetta militare TKS.

La struttura è tutta qui. Una croce con due NEM dotati di unità energetiche con grandi pannelli solari e due altri NEM con un maggior spazio abitativo.  In centro, un modulo UM con alle estremità un modulo airlock per parte.

Vediamo più nel dettaglio com’è fatto il modulo NEM. La sua storia è singolare, perché, una volta tanto, non siamo noi ad utilizzare idee nate in URSS od in Russia, ma il contrario. La struttura della sezione abitativa del NEM ricalca quanto presente nel modulo Columbus della ISS e lo spacelab utilizzato durante le missioni Shuttle.

È un grande salto di qualità in termini abitativi perché si aumenta di molto lo spazio disponibile per l’equipaggio. Di contro si rinuncia a quella che è la caratteristica più importante del modulo Zvezda, e cioè quella di avere la sezione «critica» (motori ed impianti di supporto vitale) nella zona pressurizzata. Ciò, all’epoca, era stato fatto per evitare il ricorso ad una EVA in caso di guasti. I moduli FGB risalgono ai tempi delle Saljut, quindi parliamo di anni 70. Oggi una EVA di sei ore è la prassi, quindi meglio ottimizzare la zona abitabile, no? NEM era destinato ad ampliare la ISS; si sarebbe dovuto agganciare al modulo Nauka; ma la decisione di far terminare la vita operativa della stazione spaziale internazionale entro il 2030, ha destinato questo modulo standardizzato ad essere il nucleo di base della stazione russa. 

Attualmente è in fase di costruzione. È già in funzione un suo mockup in dimensioni reali dove i cosmonauti di Roscosmos iniziano a familiarizzare con le apparecchiature, ma del lancio, come detto, non se ne parlerà prima del 2026.

Schema del modulo NEM (Научно-энергетический модул leggi «nauchno-energheticeskji modul»), il modulo energetico e scientifico.Foto da www.russianspaceweb.com

Il modulo UM, lo conosciamo già. Si tratta in tutto e per tutto del nodo Prichal che è stato installato, ultimo componente della sezione russa, sulla Iss nel novembre 2021. Si tratta, sostanzialmente di una «palla» dotata di molti punti di attracco (Prichal in russo vuol dire attracco ma è anche un termine usato per definire le «ciabatte elettriche multipresa»).

Sulla Iss oltre a poter essere la base per nuove espansioni (che però non ci saranno) potrà essere utilizzato, secondo un innovativa tecnologia ad anelli adattatori, sia come porta di attracco passiva che come porta di attracco attiva per i vari moduli russi, ma anche, per consentire l’attracco delle navicelle dotate dell’International Docking System, quello delle Dragon e della CST-100 per capirci.

Strano? No, sia i sistemi di attracco SSPV-G4000 Russi che gli International Docking System sono costruiti da RKK Energhia…

(l’International Docking System altro non è che l’APAS-95, derivato dalll’Apas-89 del programma Shuttle-MIR, a sua volta evoluzione dell’Apas-75 dell’Apollo-Sojuz)

Schema del modulo Prichal, già installato sulla ISS, in tutto simile al modulo UM (Узловой Модуль, leggi «Uzlovoji Modul»), Modulo Nodale

L’ShM (Шлюзовой Модул, leggi «Shljuzovoji Modul», Modulo airlock appunto), è un altro caso di «riciclo». Difatti era il contributo di Roscosmos per il Gateway lunare; come sappiamo l’agenzia spaziale Russa si è sfilata dal programma Gateway ufficialmente perché riteneva che il suo coinvolgimento solo per il modulo airlock sarebbe stato un impegno che avrebbe significato un coinvolgimento marginale della Russia nel progetto. Il ShM è stato rimesso in pista (modificando gli attracchi), per la ROS. È previsto ne vengano installati due alle estremità Zenith e Nadir del modulo UM.

Come ho detto, viviamo tempi difficili. La ISS è stata un esempio di come l’Umanità, insieme, sia capace di grandi cose. Sicuramente nei libri di Storia gli sarà dedicato un capitolo importante.  Proprio in questi tempi drammatici, la gente dello spazio lassù ha dato prova di saggezza lavorando insieme per risolvere problemi, e l’avaria della Sojuz MS-22 ne è una dimostrazione luminosa, senza “frontiere né confini”, esattamente come ci ha insegnato Gagarin.

Ma il suo tempo è agli sgoccioli e già la stazione spaziale cinese ci fa vedere uno scorcio degli scenari futuri. Ci saranno molte stazioni, domani, nello spazio. Nazionali e private. Cina e Russia dichiarano che i loro programmi sono aperti alla collaborazione internazionale, ma già l’Esa, proprio il 24/1/2023, ha annunciato che, per il momento, non ci sono le risorse economiche e politiche per la partecipazione dell’agenzia europea al programma orbitale della Cina. Sono soprattutto le risorse politiche quelle di cui noi abbiamo bisogno.

Lassù siamo solo L’Umanità.

L'airlock ShM (Шлюзовой Модул, leggi «Shljuzovoji Modul»), Modulo airlock appunto.Foto da www.russianspaceweb.com
ARTICOLO PUBBLICATO SULLA PAGINA FACEBOOK "LE STORIE DI KOSMONAUTIKA" IL 25/01/2023
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