Restata segreta per decenni, il 24 ottobre del 1960 è una delle date più tristi della storia della cosmonautica. Infatti, in questo giorno, avvenne la sciagura più grave mai registrata durante il lancio di un veicolo spaziale.
Facciamo un passo indietro…
L’Urss aveva il suo ICBM, il primo al mondo: l’R-7 Semjorka. Si trattava, però, di un contentino dato da Korolev al Ministero della Difesa ed al Partito per segnare il primato, ma dalla scarsa utilità pratica. L’R7, infatti, era stato progettato per i lanci spaziali. Il suo combustibile liquido doveva essere caricato ore prima e tra il posizionamento sulla rampa e l’effettiva prontezza operativa del razzo, passavano quasi 30 ore. Decisamente troppe per un impiego bellico…
Però Krushev, incassato il primato, mentre diede carta bianca al Progettista Capo per il prosieguo dell’attività spaziale, che portò nel 1957 al lancio del primo satellite artificiale della Storia, lo Sputnik-1 proprio con il lanciatore R7, dall’altro cercava un missile intercontinentale davvero in grado di essere impiegato operativamente in tempi rapidi.
C’era solo una tecnologia in grado di garantire una prontezza operativa valida: l’utilizzo di motori con combustibile ipergolico.
Sappiamo, per chi mi segue attentamente, di che cosa si tratta. Ma, per quelli che non lo sanno, basti dire che si tratta di particolari sostanze chimiche, nello specifico ipoazotide (RFNA) e dimetilidrazina asimmetrica (UDMH) che si innescano in maniera esplosiva al solo contatto a temperatura ambiente. Quindi possono essere stivati nei serbatoi per lungo tempo (non infinito perché si tratta di liquidi molto corrosivi) e, appunto, non necessitano di tecnologie per mantenerli allo stato liquido.
Di contro sono, come detto, molto corrosivi, estremamente tossisci se inalati e, appunto, catastroficamente dirompenti se messi a contatto.
Venne, per lo scopo, ideato un nuovo ICBM: l’R-16, progettato dall’Ingegner Mikhail Kuzmic Yaengel con la collaborazione di Valentin Petrovic Glushko per la realizzazione dei motori a combustibile ipergolico. La direzione del progetto venne affidata al Generale Mitrofan Ivanovic Nedelin che fece di tutto per accelerare lo sviluppo dell’R-16 nell’intenzione di consegnarlo, operativo, per il 7 novembre 1960, anniversario della Rivoluzione d’Ottobre.
Il Generale Mitrofan Ivanovic Nedelin (1902-1960)
L'R-16 (NATO: SS-7 "Saddler")
Il 23 ottobre del 1960, il prototipo dell’R-16 venne trasportato sulla rampa di lancio del Cosmodromo di Baikonur per il test.
All’epoca non era possibile miniaturizzare un sistema elettronico di controllo e venne quindi utilizzato, per il controllo della sequenza di lancio dell’R-16, un dispositivo sequenziatore elettromeccanico chiamato PTR. Alcuni dischi, inseriti in un albero rotante, comandavano l’immissione dei due liquidi nella camera di scoppio del motore. Il dispositivo elettromeccanico, quindi, aveva il compito, come un grosso timer meccanico, ti regolare l’accensione dei motori dei vari stadi a seconda dei comandi che riceveva per mezzo, appunto di una combinazione di relais e di dischi roteanti. Un sistema piuttosto complesso e passibile di guasti soprattutto sensibile a quelle che in gergo tecnico si chiamano tensioni spurie cioè delle tensioni elettriche che continuano a circolare nei circuiti dovute alle caratteristiche fisiche dei tubi elettronici a vuoto (non c’erano molti transistor all’epoca, quindi si usavano le valvole…). Dalle mie reminiscenze militari ricordo benissimo che avevamo un comando, sui nostri cannoni antiaerei, chiamato “zero setting traversing speed”, in sostanza si azzeravano le tensioni spurie per evitare che arrivassero comandi errati alla centrale di tiro ed ai pezzi ad essa collegati.
Consapevoli dei problemi legati a questo particolare sistema e pressati dal Generale Nedelin che imponeva tappe forzate per poter far bella figura rispettando la data del 7 novembre, i tecnici adottarono una soluzione drastica e, col senno di poi, fatale. Fecero saltare con delle piccole cariche i dischi di contenimento del primo stadio per verificare il corretto funzionamento del sistema. Ma, non appena effettuato questo test, si accorsero che a saltare erano stati i dischi dei motori del secondo stadio. Preoccupati scollegarono le batterie di lancio anche perché venne notato che il sistema si era armato da solo. Nel frattempo, era giunta al sito la commissione di Stato. Nedelin, impaziente di ottenere un successo, impose ai suoi tecnici di non ricoverare il missile per ulteriori controlli ma solo di rinviare il lancio di 24 ore. Dopo aver lavorato tutta la notte per effettuare le opportune riparazioni, almeno quelle eseguibili a lanciatore sulla rampa, la mattina del 24 si era pronti al lancio.
L'R-16 sulla rampa poco prima del disastro
Fotogramma del filmato ripreso subito dopo l'esplosione del 24 ottobre 1960
Quando mancavano 30 minuti al via mentre un tecnico, che stava riprogrammando la centralina si trovava nei pressi del lanciatore così come la gran parte del personale, Nedelin compreso, avvenne l’accensione accidentale del secondo stadio. L’onda di fuoco investì anche il primo causando un’immane esplosione. Vennero raggiunti istantaneamente 1650°C e la palla di fuoco fu visibile ad oltre 50 km di distanza.
In tutto i furono 74 morti inceneriti all’istante, mentre il totale delle vittime superò il centinaio per gli sfortunati deceduti a seguito delle ustioni.
Tra le vittime, lo stesso Generale Nedelin, che si trovava all’esterno del bunker insieme a tutti i responsabili del progetto, ad eccezione di Yaengel che si salvò per essere sceso nel bunker, pensate un po', ad accendersi una sigaretta.
Un cineoperatore attivò accidentalmente la sua cinepresa nel momento dell’esplosione immortalando in uno storico filmato l’immane tragedia.
Su diretto ordine di Krushev venne istituita una commissione d’inchiesta e coperto l’incidente dal Segreto di Stato. Nedelin e gli altri progettisti vennero dati per deceduti in incidenti aerei mentre un cippo venne eretto nel 1963 sul sito a ricordo degli altri caduti.
Solo dopo la fine dell’URSS venne rivelata la verità su questo catastrofico incidente scaturito dalla smodata ambizione di un Generale desideroso solo di fare bella figura con i vertici del Partito.
Il sistema PTR venne abbandonato e sostituito da un elaboratore elettronico che evitò ulteriori disastri. L’R-16 venne quindi impiegato operativamente dal 1961 fino al 1976 noto in occidente con la denominazione NATO SS-7 Saddler.
Una foto dell'incendio conseguente all'esplosione
Ciò che rimase dell'area di lancio dell'R.16