17 luglio 1975. I due comandanti, Leonov (a sinistra) e Stafford si stringono la mano dopo l'aggancio della Sojuz-19 con l'Apollo ASTP
“Вместе мы лучше!” – Insieme siamo migliori!
È una frase che era solito ripetere Alexei Archipovich Leonov (1934-2019), primo uomo ad effettuare una passeggiata spaziale, nel 1965 e comandante della Sojuz-19 nella missione congiunta Apollo ASTP/Sojuz-19, dieci anni dopo.
Lui ne era estremamente convinto; non solo per l’amicizia fraterna che lo legò con il suo omologo americano, Tom Stafford, ma per lo spirito di reciproca stima ed il lavoro di squadra veramente incredibile che, dai primi incontri nel 1970, portarono al compimento di una missione di grandissimo successo. Una vera e propria stretta di mano nello spazio.
Ma, quella del 1975, non fu che una delle tante volte in cui, pur in tempi di guerra fredda, a volte più che tiepida, le due superpotenze URSS e Stati Uniti d’America, si sono date una mano.
Mi si consenta un breve excursus…
Siamo nel 1962, Gagarin sta per volare, primo nella storia, nello spazio. In Unione Sovietica uno dei candidati a volare sulle Vostok, Valentin Bondarenko, muore tragicamente in un incendio a terra dentro una speciale camera isolata dal mondo esterno, la cosiddetta camera sorda, in cui si respirava ossigeno puro. Perché questa scelta? Beh, l’ossigeno è più leggero dell’aria che respiriamo normalmente (una miscela di azoto ed ossigeno), quindi meno peso imbarcato, meno kg di spinta dei motori e poi, non essendoci la necessità di un impianto di miscelazione dell’ossigeno e dell’azoto, meno parti che si possono rompere. Nello spazio si deve prevedere tutto, anche i guasti. Soprattutto quelli. Parallelamente negli USA, le Mercury venivano progettate con un sistema ad ossigeno puro. Dopo l’incidente di Bondarenko, per vie non ufficiali i colleghi della NASA furono avvisati dei pericoli. Ma, evidentemente, non vennero ascoltati. Nel gennaio 1967 ci fu il rogo di Apollo AS204, poi ribattezzata Apollo-1 e la NASA dovette rivedere tutto. Non abbandonò l’ossigeno puro, solo ne abbassò la pressione fino al 50% di un’atmosfera. Meno pericolosa ma non del tutto sicura al 100%.
Ma, direte voi, come? Dopo il fallito sbarco della Baia dei porci a Cuba? Sì, anzi, addirittura a seguito di quella, ci fu un vertice tra Kruscev e Kennedy a Vienna, nel giugno del 1961. Gagarin aveva volato nello spazio e Kruscev, a bruciapelo, nonostante i negoziati avessero preso una brutta piega si sentì dire da Kennedy: “Andiamoci insieme sulla Luna!”. Sorpreso, rispose di sì, tant’è che, subito dopo, venne firmato un protocollo di intesa, detto Protocollo Dryden-Blagonravov dal nome dei due capi delegazione, Hugh Dryden, vicepresidente della NASA ed Anatoly Blagonravov, accademico delle Scienze dell’URSS. Questo protocollo prevedeva lo scambio di informazioni cruciali per la sicurezza dei voli spaziali. Non roba da poco.
Nel 1965, Leonov effettua la sua storica passeggiata spaziale. Sappiamo bene che rischiò di non rientrare a bordo per via della eccessiva pressione della tuta che l’aveva fatta gonfiare a dismisura, facendola irrigidire. Solo ora sappiamo che fu una manovra già provata a terra, ma il buon vecchio Alexei Archipovich con questa storia ci ha ricamato un po' su, ridurre la pressione al 25% e, con molta fatica e con poca aria, riuscire a piegarsi ed entrare regolarmente. Perché successe? Perché la tuta Berkut che usava, era priva di giunture sulle articolazioni. Fu proprio Leonov a suggerirne la modifica, ma per il volo della Voskhod-2 non si sarebbe fatto in tempo: l’avrebbero però implementata nella Jastreb con la quale vennero effettuate le successive passeggiate spaziali sovietiche fino alla fine degli anni 70. Nel giugno del 1965, Ed White effettuò, con Gemini 4, la sua passeggiata spaziale. La sua tuta aveva delle giunture rinforzate, un po' posticce. Qualcuno, dall’altra parte aveva suggerito la cosa ai colleghi americani. Sapete chi? Leonov e Belyaev, incontrati da una delegazione americana nell’aprile successivo, la quale volle sapere tutti gli aspetti della missione dei colleghi sovietici.
Arriviamo al luglio 1969. Il 13 di quel mese, viene lanciata la stazione automatica Luna-15, un piccolo Lander che avrebbe anche riportato pochi grammi di campioni lunari a terra. La NASA era molto preoccupata per il profilo di questa missione, proprio a ridosso del volo di Apollo-11: si temeva che la sonda sovietica avrebbe potuto interferire con l’astronave americana. Il 15 luglio, Frank Borman, che dopo il volo con Apollo-8, era stato in visita a Mosca ed aveva stretto legami di cordiale amicizia con Gherman Titov e con Mstislav Vsevoldovic Keldysh, Capo dell’Accademia delle Scienze, contattò i suoi amici i quali, a stretto giro, fornirono alla NASA tutti i piani di volo e le frequenze usate da Luna-15.
7 giugno 1971. L’Unione Sovietica lancia la prima stazione spaziale nella storia dell’Umanità. Contemporaneamente la Nasa lancia la missione Apollo 14 verso la Luna. Le due agenzie spaziali si scambiarono i dati di volo per evitare interferenze. Si trattava della Saljut-1 che fu teatro della più grave tragedia del programma spaziale sovietico: quella del rientro della Sojuz-11. Anche in questa occasione la collaborazione tra le parti fu ai massimi livelli e, addirittura, una commissione medica americana aiutò i colleghi sovietici a scoprire le cause della drammatica fine dei tre cosmonauti Patsajev, Volkov e Dobrovolskji.
Dall’Apollo-Sojuz in avanti, la collaborazione fu codificata in un protocollo che, anche nei tempi più bui della guerra fredda, non è stato mai disatteso, anzi, con la caduta dell’Unione Sovietica, la collaborazione si è stretta sempre di più: prima col programma Shuttle-Mir, poi con la Stazione spaziale Internazionale.
E con le altre agenzie spaziali?
A parte le collaborazioni con i paesi dell’ex Patto di Varsavia e del COMECON, effettuati nel programma Intercosmos, nelle quali Cosmonauti dei vari paesi aderenti sono andati nelle stazioni spaziali Saljut e Mir, molto intensa è stata, fin dai tempi dell’URSS, la collaborazione con CNES e con l’ESA. Grazie a questa, il primo Spazionauta (così vengono chiamati oltralpe i cosmonauti) francese, Jean Loup Chretien, ha volato sulla Saljut-6, ma la collaborazione più spettacolare si ebbe, nel 1985-86, con la doppia missione VeGa, che ha portato ben due Lander sul pianeta Venere, due palloni sonda nell’atmosfera del nostro pianeta gemello, e due sonde all’inseguimento della Cometa di Halley, obiettivo raggiunto nel 1986.
Cosa resterà…
“In Europe and America, there’s a growing feeling of hysteria…”
(Sting: Russians. 1985)
Gli avvenimenti si susseguono, veloci e travolgenti come una valanga che si stacca da una montagna. Capire come andrà a finire richiede doti divinatorie di cui sono privo e, chi mi segue, sa bene che non amo parlare di quello che sarà ma solo di quello che è. Ma mettiamo da parte l’emotività dettata dalle circostanze ed analizziamo i fatti.
In conseguenza all’azione militare della federazione Russa in Ucraina, gli Stati Uniti ed, a ruota, tutti i partner europei, hanno annunciato una serie di pesantissime sanzioni economiche e commerciali; per dirla con le parole, pronunciate al Congresso USA dal presidente statunitense Joe Biden: "dimezzeremo le loro importazioni di alta tecnologia, sarà un durissimo colpo alla loro modernizzazione dell'apparato militare e industriale, incluso l'aerospazio e il programma spaziale, ridurremo la loro capacità di competere in questi settori". Gli effetti pratici: scollegamento della Russia dal circuito SWIFT e l’embargo di tutte le esportazioni in alta tecnologia e microelettronica.
In risposta, il CEO di Roskosmos, Dmitri Rogozin, ha pubblicato un lungo tweet in cui, polemicamente, ribatteva al Presidente USA, le sue considerazioni circa il contenuto del suo discorso al Congresso. Vi faccio notare, ma se mi avete seguito sul blog lo sapete già, che, a caldo, le dichiarazioni di Rogozin vennero interpretate in tono molto più minaccioso di quanto in realtà siano. Ma, si sa, alcuni blogger e la maggior parte dei giornali di questo paese, ci inzuppa il pane nel sensazionalismo.
Vediamo cosa ha scritto Rogozin. Di seguito una mia traduzione del Tweet poi ripresa anche da giornalisti ben più autorevoli di me come Emilio Cozzi e Maurizio Cheli:
"SANZIONI DI Alz-Gheimer
(Nota personale: gioco di parole sul fatto che, nella lingua russa, non esiste la lettera “H”, per cui il suo suono deve essere riprodotto con la “GH” di gatto).
Biden ha affermato che le nuove sanzioni influenzeranno il programma spaziale russo. OK. Vediamone i dettagli:
1. Vuoi bloccare il nostro accesso alla microelettronica spaziale resistente alle radiazioni?
L’hai già fatto ufficialmente nel 2014.
Come hai notato, noi, tuttavia, continuiamo a realizzare la nostra navicella spaziale. E lo faremo espandendo la produzione dei componenti e dei dispositivi necessari a casa.
2. Vuoi vietare a tutti i paesi di lanciare la loro navicella spaziale sui razzi russi che sono più affidabili al mondo?
Lo stai già facendo e stai pianificando di distruggere finalmente il mercato globale della concorrenza spaziale dal 1° gennaio 2023 imponendo sanzioni ai nostri veicoli di lancio. Siamo consapevoli. Anche questa non è una novità. Siamo pronti ad agire anche qui.
3. Vuoi distruggere la nostra cooperazione sulla ISS?
Già lo fai limitando gli scambi tra i nostri centri di addestramento per cosmonauti e astronauti.
(Nota personale: Un mese fa è stato negato il visto ad un cosmonauta che doveva recarsi allo JSC di Houston per una sessione di addestramento. Grazie all’intervento diretto di Rogozin con Bill Nelson, CEO della NASA, la cosa si è risolta). Oppure vuoi gestire tu stesso la ISS?
Forse il presidente Biden è fuori tema, quindi spieghiamo che la correzione dell'orbita della stazione, il suo evitare pericolosi incontri con lo spazio, vedi l'immondizia, con la quale i vostri talentuosi uomini d'affari hanno inquinato l'orbita vicino alla Terra, è prodotta esclusivamente dai motori delle navi cargo Russian Progress MS.
(Nota personale: si riferisce ai satelliti Starlink di Musk disattivati uno dei quali è andato pericolosamente vicino alla stazione spaziale, cinese, però. Non menziona, Rogozin, il fatto che i detriti dell’esperimento militare sul satellite Divina, hanno attivato l’allarme sulla ISS anche se poi gli stessi orbitavano su un altro piano. Comunque, il pericolo, per il futuro, ci sarà)
Se blocchi la cooperazione con noi, chi salverà la ISS da un rientro incontrollato e potrebbe cadere negli Stati Uniti od in Europa? C'è anche la possibilità di far cadere una struttura da 500 tonnellate in India e Cina. Vuoi minacciarli con una prospettiva del genere? La ISS non sorvola la Russia, quindi tutti i rischi sono tuoi. Sei pronto a questo?
(Nota personale: la ISS SORVOLA anche la Russia, sebbene nelle aree disabitate).
Signori, quando si pianificano le sanzioni, state attenti se non siano frutto di Alzheimer. Per evitare che le stesse sanzioni ti cadano in testa. E non solo in senso figurato.
Pertanto, per il momento, come partner, ti suggerisco di non comportarti come un giocatore irresponsabile, di sconfessare l'affermazione sulle "sanzioni dell'Alzheimer". Consiglio amichevole"
Amichevole, direi io, mica tanto. Ma infondato neppure. Mi spiego:
la ISS nasce come una collaborazione internazionale di mutualità. Ogni sezione è interdipendente dalle altre e quindi, se è vero che la sezione Russa, coi moduli Zvezda e Nauka, fornisce i sistemi di supporto vitale (riciclo acqua, aria e rifiuti), il sistema informatico di bordo ma, soprattutto, i motori di assetto della stazione, tanto utili di questi tempi per via dei numerosi incontri ravvicinati con i detriti spaziali, volontari o no, e che, ultimo ma non ultimo, le Progress servono a modificare l’altezza della stazione sollevandola od abbassandola in occorrenza dei vari attracchi ma, soprattutto, alzandola periodicamente per contrastare il degrado orbitale dovuto alla seppur minima presenza di molecole atmosferiche a 400 Km di altitudine, è altrettanto vero che l’energia elettrica è prodotta dai grandi pannelli solari posti nella sezione USOS (quella “occidentale”). Quindi nessuna delle due parti può fare da sola.
Certamente, la tensione tra occidente e Russia è alle stelle (gioco di parole non voluto) ed è anche vero che, nello spazio, vige il diritto internazionale della navigazione. In base a questo diritto, è considerato territorio nazionale di una nazione un vascello registrato presso quello stato. Quindi la sezione Russa (Zvezda, Zarya, Prichal, Rassvet, Poisk, Nauka) sono territorio della federazione Russa, mentre gli altri, rispettivamente, delle nazioni dove sono stati costruiti. Una strana zona franca, forse una terra di nessuno nello spazio, è il modulo russo Zarya. Costruito in Russia e destinato alla mai realizzata MIR-2 ma a lungo restato fermo e, successivamente, finanziato dagli USA, rappresenta un unicum in fatto di territorialità. È diciamo così immatricolato negli Stati Uniti, per cui è territorio statunitense, ma è anche stato costruito in Russia, il luogo ideale dove ci si può riunire per decidere il da farsi durante la permanenza in orbita.
Perché, e qui viene il bello, dal punto di vista della collaborazione, per lo stesso diritto internazionale esiste l’obbligo di assistenza in caso di emergenza. Quindi né i russi possono staccare il sostentamento vitale, né gli occidentali possono staccare la corrente. Siamo tutti nella stessa barca, che gli piaccia o no ai signori che li governano in terra. Ed anche la recente decisione di accorciare la durata della missione della Crew-4 che di fatto impedisce alla nostra Samantha Cristoforetti di diventare la prima donna europea a ricoprire il ruolo di Comandante della Stazione spaziale internazionale, rientra nella brutta piega che gli eventi stanno prendendo. Non più Comandante, ma Leader del segmento USOS (Quello Americano, Europeo, Giapponese e Canadese). Di fatto un Comandante di qua, uno di là. Ognuno nella sua sezione forse con la possibilità di incontrarsi tutti nella zona franca di cui ho detto prima. Certo, se non ci sono sviluppi positivi della crisi, il futuro della ISS, già segnato con data di scadenza 2030, probabilmente vedrà questo termine avvicinarsi di molto, forse addirittura al 2024.
E, nel frattempo, come si fa per tenere la ISS in efficienza?
Ho letto, in un celebre Blog, di cui non farò il nome, un intervento di un entusiastico fan dei film d’azione che ha proposto di conquistare la sezione Russa armi in pugno. Devo riconoscere che il proprietario del blog ha saputo mettere a posto il John Wayne de’ noantri come si deve. Ma, di questi tempi, si legge questo ed altro…
La soluzione più semplice è quella di tenere un canale diplomatico con Roskosmos, come del resto avviene, per garantire la continuità delle operazioni. Un esempio di attualità è quello dell’astronauta americano Mark Vande Hei, che è salito a bordo della stazione spaziale con una Sojuz e che rientrerà con la Sojuz MS-19 a fine marzo 2022. Qualcuno dirà: ma non potrebbe tornare con una Dragon? Beh, in questo caso Iron Musk non può venire in aiuto del Soldato Mark (per parafrasare il titolo di un noto film). Non ha a disposizione una tuta adatta, che deve essere necessariamente su misura, e non può adattare la Sokol con cui è partito e con cui rientrerà, al veicolo statunitense perché incompatibili. Ecco, magari questo è un aspetto che un giorno, a crisi rientrata dovrà essere affrontato: le tute devono essere compatibili con tutte le navicelle in utilizzo a livello mondiale. Dicevamo, quindi, il Soldato Mark sarà salvato dagli amici russi. Intanto, nello spazio, Mark Vande Hei si fa fotografare con il Comandante della ISS, il cosmonauta Anton Shkaplerov, come a dire, parafrasando una celebre frase, gli astronauti ed i cosmonauti non dovrebbero lavorare insieme, ma loro non lo sanno e continuano a lavorare insieme lo stesso…
C’è, poi, l’aspetto dell’assetto, dell’altitudine della ISS e dei sistemi di sostentamento. Anche qui l’ineffabile Elon Musk si è subito fatto avanti: Ci penso io! Ha affermato in un Tweet dai toni Pippobaudeschi. Facile a dirsi, meno a farsi. Vediamo perché.
Assetto ed altitudine possono essere modificati dalla Dragon? Forse modificando una versione cargo. Ma non è cosa che si può fare nell’immediato; ci vorranno molti mesi. Invece è possibile ed è stato già sperimentato sia con il dismesso cargo europeo ATV, che con i veicoli da trasporto Cygnus, effettuare qualche piccola correzione di assetto e di altitudine. Anche in questo caso sono necessarie modifiche progettuali importanti che non sono attuabili nell’immediato. Ancora più complesso è inviare dei moduli in grado di sostituire Zvezda e Nauka nel fornire sostentamento, serbatoi per il combustibile (giova ricordare che i motori di questi moduli vengono alimentati da dei serbatoi posti proprio in questi e che, anche, gli stessi servono, a volte, anche a rifornire i veicoli in partenza), rete intranet e controlli di volo. Qui ci vorrebbero degli anni. Anche coinvolgendo, oltre a SpaceX, ESA, JAXA ed altri privati tipo Bigelow. Per non parlare del problema: come ce li portiamo? La ISS è stata montata utilizzando lo Shuttle ed i lanciatori Proton. La navetta americana è andata forzatamente in pensione, ci sarebbe il Falcon Heavy, in teoria quello potrebbe andare. Da scartare l’ipotesi di utilizzare l’ATLAS V perché usa i motori RD180-181 degli amici russi. Anche se hanno molti esemplari nei magazzini, non hanno più il personale dell’NPO Energomash. Insomma, o bere o affogare: per ora si deve collaborare. Necesse est.
Registriamo, però, in tutto questo, almeno degli aspetti che fanno ben sperare. A parte le dichiarazioni distensive di Bill Nelson, CEO della NASA, persona molto equilibrata nei suoi interventi, che continua a rassicurare sulla costante e fattiva collaborazione delle due agenzie sul lavoro sulla ISS, io stesso ho contatti con alcuni cosmonauti, Alexander Misurkin è uno di questi, e qualche persona che lavora al TsUP, il Centro di controllo di volo di Mosca. Tutti quanti confermano che il lavoro procede normalmente e senza intoppi.
E gli altri progetti?
In questo caso la cosa si è rapidamente degradata. Dopo l’avvio delle sanzioni, Roskosmos ha comunicato che non ritiene più opportuna la collaborazione con la NASA per il programma Venera-D. Si trattava di una sonda mirata all’esplorazione del nostro vicino di casa, Venere con un Orbiter in grado di lavorare nell’orbita venusiana per molti anni e con un Lander che come dice la sigla (D sta per Dalgovrjemennaja cioè di lunga durata), oltre ad essere progettato per una lunga permanenza al suolo (relativamente lunga considerato l’ambiente ostile), avrebbe, come la fortunata missione VeGa, rilasciato un nuovo e più sofisticato pallone sonda che avrebbe aiutato a svelare le dinamiche dell’atmosfera di Venere. Chissà se si farà mai, a questo punto…
Peggio ancora sta andando con l’ESA. Rogozin ha comunicato la decisione di cessare la collaborazione del personale di Roskosmos presso la base di Kourou, da dove venivano lanciati satelliti europei anche con i lanciatori Sojuz-ST. di conseguenza il personale è tutto rientrato in Russia ed il programma di scambio si è arrestato. Decisione che ha irritato i vertici ESA i quali, se dapprima avevano rassicurato l’opinione pubblica sulla continuazione del progetto ExoMars, a seguito di questa iniziativa di Roskosmos, hanno comunicato “non pensabile che la sonda ExoMars potesse partire regolarmente nel 2022” (Per mezzo di un Proton-M aggiungo io). Giova ricordare che, dopo numerosi rinvii, il 2022 era il termine ultimo per utilizzare una finestra di lancio. Se si farà, bisognerà attendere il 2024. Un peccato di dimensioni cosmiche. Un Rover europeo, il Rosalind Franklin, realizzato in gran parte da Leonardo in Italia, che utilizza un Lander di fabbricazione Russa, il Kazaciok (il piccolo cosacco), realizzato dall’NPO Lavochkin. Dopo il fallimento del Lander Schiaparelli (mannaggia alla paperella, avevo partecipato al concorso per suggerirne il nome ed avevo scelto proprio Schiaparelli…), sarebbe stata un’occasione d’oro. Tra l’altro il Rosalind Franklin è un Rover grande come l’americano Curiosity. Se la situazione non si sblocca, addio lavoro di tanti nostri connazionali. Anche qui è difficile passare su di un altro Cavallo. Qualche entusiasta ha suggerito il lancio con, guarda un po', SpaceX. Improponibile per il fatto che va bene il Rosalind Franklin, ma senza Kazaciok, non si balla. Bisognerebbe realizzare un Lander compatibile ed in tempo per il 2024. Nemmeno Mandrake ci riuscirebbe.
Ho letto dei post veramente strazianti, di persone che ho nei contatti, che hanno lavorato ad ExoMars ed hanno partecipato alle fasi di montaggio in Russia presso la Lavochkin. Dispiaciuti è dir poco. Affranti e sconvolti per il lavoro buttato alle ortiche ed anche per tutti i contatti umani che questa situazione ha, improvvisamente e drammaticamente, reciso.
Ed è, sempre di stretta attualità, la decisione dell’agenzia spaziale tedesca di spegnere il telescopio eRosita sul satellite Spektr-RG, lanciato nel 2011 e realizzato in collaborazione sempre con la Lavochkin. Lo Spektr-RG (Roentgen-Gamma), è un osservatorio spaziale che opera nella banda dei raggi X e Gamma. Il telescopio eRosita è lo strumento di bordo specializzato nell’osservazione dello spazio nei raggi X.
Non va meglio con la vicenda OneWeb. È notizia recentissima del rientro alla struttura di assemblaggio, per il successivo smontaggio, del Sojuz 2.1b già pronto sulla rampa di Baikonur per il lancio di altri 32 satelliti della costellazione OneWeb. Sempre in risposta alle sanzioni imposte alla Russia, Rogozin aveva scritto di pretendere garanzie scritte ed impegnative che i suddetti satelliti non sarebbero stati usati dal governo del Regno Unito anche a scopi militari. Vista la situazione in corso, il timore è che possano essere usati contro la Russia. Ovviamente nessuno ha risposto in tal senso e, a poche ore dal lancio, il Sojuz è stato ritirato e riportato alla base. I satelliti saranno smontati e, forse, restituiti al proprietario. Il quale dovrà trovarsi un altro vettore. Non potrà essere SpaceX, perché OneWeb è in diretta concorrenza con Starlink. Probabilmente la ISRO, visto che l’India è uno degli azionisti del consorzio che ha rilevato la OneWeb dopo il suo fallimento, oppure l’ESA, quando sarà operativo il VEGA-C. Nel frattempo, anche in questo caso, il cambio di cavallo non sarà un’operazione semplice né immediata. Ogni lanciatore ha delle caratteristiche peculiari in termini di vibrazioni, ad esempio. Bisognerà adattare il sistema al nuovo vettore. Intanto, OneWeb, che già è fallita una volta e che non è che navighi in acque fantastiche, potrebbe avere seri problemi economici.
Dunque, non c’è speranza?
“La fede è scintilla del mio fuoco” Recita il motto del Reggimento di Artiglieria Controaerei in cui ho prestato il servizio da Ufficiale. In buona sostanza: La speranza è l’ultima a morire.
I rapporti Russia-Occidente si potranno mai normalizzare dopo questa crisi?
Forse no, ma se una cosa la storia ci ha insegnato è che, anche nei momenti più neri, gli esseri umani con la testa sulle spalle trovano sempre una strada per risolvere i problemi.
Ci saranno nuovi assetti?
Sicuramente l’asse Russia-Cina (i cinesi hanno la loro base, la Tiangong operativa e funzionante e, guarda caso, erede della tecnologia Russa delle Saljut e della Mir) consentirà la messa in atto di nuove, ambiziose, missioni. Poi c’è l’India che a breve dovrebbe lanciare il suo primo equipaggio di Ganganauti, (non ci bastavano i Cosmonauti, gli Astronauti, gli Spazionauti ed i Taikonauti…), grazie al grande apporto di tecnologia della Russia (le tute sono derivate, come quelle cinesi, dalle Sokol ed il veicolo pilotato, il Ganganyan è una versione ridotta della futura Orjol Russa), che potrebbe diventare un partner-ponte sia per l’Europa che per la Russia. Poi, ovviamente, SpaceX ed i privati degli Stati Uniti, Blue Origin in testa ma anche Sierra Nevada ed il suo interessantissimo Dream-Chaser. Tutto questo sempre sperando che la situazione non scappi di mano.
Nell’ultima puntata della mia serie YouTube Kosmonautika ho detto, e ne sono ancora convinto, che lo spazio ed in particolare la MIR prima e la ISS, poi, hanno scritto le più belle pagine di pace della storia dell’Umanità.
Sono sicuro che dalla gente dello spazio, arriverà la risposta che tutti speriamo.
“La Cosmonautica ha un futuro senza confini. Le sue prospettive sono infinite come l’Universo stesso”
(Sergei Pavlovic Korolev)
Sopra: Leonov e la sua tuta Berkut. Sotto: Ed White, qualche mese dopo.
L'astronauta americano Mark Vande Hei (in alto) ed il Comandante russo della ISS, Anton Shkaplerov.
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