agganciatissimi!

La missione delle Sojuz 4 e 5: quel primato un po' così del primo aggancio con passaggio di equipaggio nella storia…

Dicembre 1968: l’Apollo 8 effettuava il suo storico volo intorno alla Luna con gli Astronauti Frank Borman, Jim Lovell e William Anders.

Sotto la guida di Mishin, la cosmonautica Sovietica aveva intrapreso una spirale involutiva. Occorreva qualcosa che ristabilisse il suo primato.

E così venne approntata la missione Sojuz 4 e 5. Risolti i problemi che avevano afflitto le missioni precedenti, soprattutto quelle automatiche con le varie Kosmos lanciate dopo la tragedia di Komarov, si tornò al progetto di missione previsto in origine per le missioni 2 e 3. Da una parte una cosmonave, la Sojuz 4, con un solo cosmonauta: Vladimir Alexandrovic Shatalov, dall’altra la Sojuz 5 con ben tre cosmonauti: Eliseev, Chrunov ed il Comandante Voljinov. 

Gli equipaggi delle Sojuz 4 e 5.
Da destra: Voljnov, Shatalov, Khrunov  ed Eliseev

La Sojuz 4 partì da Baikonur il 14/01/1969, mentre la 5 decollò il 15. Il giorno 16 gennaio, con manovra completamente automatica, le due navicelle si agganciarono con successo. Eliseev e Khrunov, in diretta tv, uscirono dalla Sojuz 5 e, effettuando un’attività extraveicolare agganciati a delle corde di sicurezza, passarono alla Sojuz 4 dove entrarono nel modulo orbitale precedentemente depressurizzato dal comandante Shatalov. La loro passeggiata segnò anche l’esordio della nuova tuta spaziale Jastreb (Sparviero), realizzata con il contributo del progetto originale di Alexei Leonov. Questi, già nelle fasi di preparazione del suo storico volo con la Voskhod 2, si era reso conto che la tuta Berkut, priva di giunture per le articolazioni, poteva rappresentare un problema una volta pressurizzata all’esterno della cosmonave. Cosa che avvenne nella missione e che per poco non costò la vita a Leonov. La Jastreb era sostanzialmente una Berkut dotata di snodi meccanici all’interno per consentire al cosmonauta di piegare gomiti e ginocchia anche se pressurizzata al massimo. Quella breve passeggiata spaziale (anche se, bisogna dirlo, nello spazio tutto si fa meno che camminare…) doveva testare l’attività extraveicolare che il cosmonauta della missione lunare doveva intraprendere per passare dalla Sojuz al modulo lunare. Non fu, però, priva di problemi, sebbene non così drammatici di quelli occorsi a Leonov. 

Khrunov intrecciò i suoi cavi di sicurezza ed Eliseev, per aiutare il compagno a dirimere l’intreccio, si dimenticò di accendere la telecamera portatile lasciando quindi il collegamento tv privo delle riprese in soggettiva dalla sua tuta. Le uniche immagini tv furono quelle della camera fissa posizionata nel modulo orbitale della Sojuz 4. Una volta a bordo di questo veicolo, fu lo stesso comandante Shatalov ad aiutare i colleghi a togliersi le tute.

Fu il primo trasbordo (anche se avvenuto all'esterno) di un equipaggio da una navicella all'altra.

La Sojuz 4 ripresa dalla Sojuz 5 prima dell'aggancio

L'immagine TV, presa dalla camera fissa, del trasbordo dei cosmonauti nello spazio.

Come avvenne il trasbordo dei due cosmonauti dalla Sojuz-5 alla Sojuz-4

Il rientro della Sojuz 4 avvenne, il 17 gennaio con una perfetta manovra. La Sojuz 5, invece, dopo il distacco ebbe un grave problema con la separazione del modulo di servizio PAO dal modulo di rientro SA. Essendo già stati utilizzati con successo i retrorazzi per la manovra di deorbita, Voljinov non poté abortire l’operazione. Come già accaduto in almeno due missioni Vostock ed in una Mercury, entrò nell’atmosfera con la sezione PAO ancora agganciata. Purtroppo, lo scudo termico della Sojuz si trovava nella parte inferiore ed il complesso modulo di rientro più modulo di servizio aveva, come assetto più stabile aerodinamicamente, quello conil primo in avanti, esponendo il boccaporto del canale di comunicazione tra il modulo di discesa e la sezione orbitale all’impatto con l’attrito generato dal rientro. Inoltre, la decelerazione non spinse il cosmonauta contro il sediolino, ma contro le cinture. La situazione divenne presto drammatica: le guarnizioni del portello iniziarono a bruciare inondando l’abitacolo di gas tossici che fecero perdere i sensi a Voljinov. Mentre sembrava che la Sojuz si sarebbe incenerita, per fortuna il modulo di servizio ruppe le giunzioni e la capsula, libera del peso, si dispose nell’assetto di rientro ottimale, esponendo all’attrito lo scudo termico. Atterrò abbastanza rudemente al suolo a causa di un problema al paracadute che ne intrecciò le corde facendolo aprire solo parzialmente. Ma, a parte la perdita di due denti nell’impatto, Voljinov, che era privo di sensi, non ebbe altri danni. Venne recuperato un’ora dopo l’atterraggio, nella steppa vicino Orenburg sui monti Urali, con una temperatura esterna di -38°.
Venne insignito del titolo di Eroe dell’Unione Sovietica e dell’Ordine di Lenin. 

L'assetto anomalo che stava per uccidere Voljinov

Era prevista, il 22/1/1969, per celebrare il successo suo e degli altri cosmonauti della Sojuz 4, una cerimonia al Cremlino in presenza del Segretario Generale del PCUS Leonid Breznev e di altri colleghi cosmonauti. Ma, quel giorno, il convoglio delle auto dirette sulla Piazza Rossa, venne raggiunto dai colpi di pistola sparati da Victor Ilynin, un ufficiale dell’Armata Rossa che voleva uccidere Breznev ma che colpì l’auto dove erano seduti Beregovoji, Nikolaev, Tereskhova e Leonov, ferendo di striscio Beregovoji e Nikolaev con le schegge del vetro frantumato dal proiettile che, invece, uccise l’autista.

L'attentato a Leonid Breznev nel 1969. In alto l'attentatore Viktor Ilynin

ARTICOLO PUBBLICATO SULLA PAGINA FACEBOOK "LE STORIE DI KOSMONAUTIKA" IL 16/01/2023
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