SOJUZ-10

 corto circuito e distacco...

Il 22/4/1971 venne lanciata la Sojuz-10, destinata ad agganciare la stazione Saljut-1, la prima stazione spaziale orbitale.

Si trattava di una particolare versione della Sojuz, la 7k-t. Dotata del nuovo sistema di attracco “Hard docking” SSPV-G4000 (ancora in uso dopo numerosi perfezionamenti) che differenziava dalle altre Sojuz per l’assenza dei pannelli solari. Era, infatti, una particolare versione da trasporto da usare per voli di breve durata ed essenzialmente per le operazioni di trasporto: un’antesignana delle attuali Progress.

L’equipaggio, costituito dai Cosmonauti Vladimir Shatalov, Aleksei Yeliseyev, e Nikolai Rukavishnikov, fallita la manovra automatica e dopo un attracco manuale, non riuscì a consolidare lo stesso a causa di un errato angolo di aggancio e, pertanto, non poté trasbordare nella stazione. 

L'equipaggio della Sojuz-10

I cosmonauti cercarono, nelle ore in cui restarono agganciati alla stazione, di effettuare qualche piccolo esperimento scientifico per non dichiarare del tutto fallita la missione. A causa della ridotta autonomia del veicolo che, come detto, era privo di pannelli solari e che nei tentativi di aggancio manuali aveva quasi esaurito il carburante, venne però deciso da terra il rientro anticipato. 

Ma anche il meccanismo di sgancio andò in avaria. 

 Aleksei Yeliseyev

Vladimir Shatalov

Nikolai Rukavishnikov

A questo punto si prospettavano due soluzioni: sganciare la sezione SA dalla Bo e rientrare lasciando, però il portellone inutilizzabile per un’eventuale successiva missione, oppure tentare di forzare il meccanismo. Esclusa la passeggiata spaziale per l’assenza, a bordo, di idonee tute, venne adottato lo stratagemma più “russo” possibile: mandare in corto-circuito il meccanismo di retrazione della sonda di attracco. Con un’azione da elettricista alla Mc-Gywer, l’equipaggio riuscì a far scattare il meccanismo ed a sganciare la navicella dalla stazione. Il corto circuito innescato, però, rese tossica l’aria all’interno del veicolo. Nonostante questo, i cosmonauti rientrarono, con successo, il 24/4/1971 a 120 Km a Nord-Ovest di Karganda, con un perfetto atterraggio notturno  anche se Nikolai Rukavishnikov perse i sensi per le esalazioni. A seguito dell’inconveniente al sistema di avvicinamento automatico IGLA, lo stesso venne riprogettato e testato di nuovo per la successiva missione, quella della Sojuz-11, passata alla storia per la sua tragedia finale.

ARTICOLO PUBBLICATO SULLA PAGINA FACEBOOK "LE STORIE DI KOSMONAUTIKA" IL 24/04/2022

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