Dalla forza meccanica di Fjodor alla versatilità di Vyommitra, i robot astronauti stanno trasformando le missioni spaziali. Tra Russia, India e progetti internazionali, scopri come umanoidi e assistenti IA diventeranno parte integrante degli equipaggi di domani.
Quando si pensa agli astronauti, l’immaginazione corre subito a uomini e donne in tuta spaziale, fluttuanti tra moduli e oblò. Ma negli ultimi anni, tra i protagonisti delle missioni in orbita, si sono affacciati anche “colleghi” particolari: robot dalle sembianze umane, progettati per assistere, sperimentare e aprire nuove frontiere dell’esplorazione.
Tra questi, il russo Fjodor e la futura “astronauta” indiana Vyommitra rappresentano due tappe simboliche di una storia che unisce tecnologia, ingegneria e una spruzzata di fantascienza.
Fjodor (Skybot F-850) nella Sojuz MS-14 durante il lancio. Crediti: Roscosmos/NASA TV
Il suo nome ufficiale è Skybot F-850, ma tutti lo conoscono come Fjodor. Sviluppato dalla Fondazione Avanzata per la Ricerca e da Android Technics, inizialmente era destinato a operazioni di soccorso in scenari pericolosi. Alto 182 cm e dal peso di oltre 100 kg, Fjodor è un umanoide a corpo intero, in grado di replicare con precisione i movimenti di un operatore remoto, ma anche di agire in modo semi-autonomo.
Nell’agosto del 2019, Fjodor ha raggiunto la Stazione Spaziale Internazionale a bordo della navicella Soyuz MS-14, in una missione senza equipaggio umano. In microgravità ha eseguito operazioni di manovra, controlli e test di interfacciamento con i sistemi di bordo.
La sua presenza non era solo dimostrativa: ha permesso di valutare l’uso di robot umanoidi come supporto agli astronauti, in compiti che richiedono precisione o che possono risultare rischiosi per un essere umano.
Fu protagonista, suo malgrado, di uno spiacevole episodio legato ad alcuni messaggi, inviati su Twitter nell’ottobre 2020 dopo il rientro dalla sua missione, in cui accusava di scarsa professionalità due cosmonauti non più in servizio: Maxim Surayev ed Alexander Samokutyayev.
I messaggi incriminati vennero ritirati e l’account del robot chiuso. Si venne poi a scoprire che, dietro l’account dell’incolpevole Fjodor, sembrerebbe ci fosse l’ex CEO di Roscosmos, Dmitri Rogozin, personaggio spesso sopra le righe…
Vyommitra, lassistente robotico indiano per la missione Gagayaan. Crediti: ISRO
Se Fjodor rappresenta il robusto e silenzioso operaio di bordo, Vyommitra è pensata come un’assistente “sociale” e tecnologica allo stesso tempo. Presentata nel 2020 dall’ISRO (Indian Space Research Organisation), il suo nome unisce due parole sanscrite: vyoma (“spazio”) e mitra (“amica”).
Non è un umanoide completo: ha testa, tronco e braccia funzionanti, ma non gambe operative. In compenso, possiede un sofisticato sistema di comunicazione in inglese e hindi, può monitorare i parametri ambientali della capsula, controllare i sistemi di supporto vitale, avvisare in caso di anomalie e simulare funzioni umane durante la missione.
Vyommitra debutterà nel primo volo senza equipaggio del programma Gaganyaan, previsto per il 2025, e sarà parte fondamentale dei test che prepareranno l’India al suo primo volo umano nello spazio, previsto tra il 2026 e il 2027. Per resistere alle sollecitazioni del lancio, il suo “cranio” è stato realizzato in una speciale lega di alluminio, con un peso di circa 800 grammi e dimensioni compatte, frutto di studi accurati di resistenza meccanica.
Vyommitra non sarà sola. ISRO sta sviluppando anche SAKHI, un assistente virtuale a intelligenza artificiale pensato per supportare psicologicamente e operativamente gli astronauti del Gaganyaan, creando così un ecosistema in cui l’interazione uomo-macchina sarà centrale.
Questo avvicina il concetto di “robot astronauta” a quello di “membro di equipaggio digitale”, capace non solo di svolgere compiti tecnici, ma anche di offrire un canale di comunicazione e supporto in condizioni di isolamento.
Kirobo a bordo della ISS. Crediti: JAXA/Toyota
Fjodor e Vyommitra non sono casi isolati. La NASA ha testato sulla ISS il robot Robonaut 2, l’ESA sta sviluppando sistemi come Justin e bracci robotici intelligenti, mentre il Giappone ha mandato nello spazio persino un piccolo robot comunicativo, Kirobo, costruito dalla Toyota.
Il futuro vede questi sistemi come elementi permanenti delle missioni spaziali, specialmente in quelle di lunga durata verso la Luna o Marte, dove potranno eseguire manutenzione esterna in ambienti ostili, assistere nella gestione di emergenze, ridurre il carico di lavoro degli astronauti e fungere da ponte comunicativo tra uomo e macchina.
Robonaut-2 sulla ISS. Credito: NASA
Conclusione: verso un equipaggio misto
In meno di un decennio, siamo passati dall’idea di “robot strumenti” a “robot compagni”. Se Fjodor ha aperto la strada, Vyommitra promette di portare un tocco più empatico e interattivo. Insieme, raccontano un futuro in cui i voli spaziali non saranno più popolati soltanto da uomini e donne, ma da un equipaggio misto di carne, ossa, metallo e circuiti.
E forse, un giorno, quando vedremo una foto di gruppo di astronauti su Marte, non ci sorprenderà trovare, tra sorrisi e caschi, anche un volto di silicone che guarda l’obiettivo.