Roscosmos ridimensiona i piani per la stazione ROS: in stand-by la navicella Orel, ritorno alla Soyuz e possibile nascita di una “ISS 2.0” con moduli riutilizzati e nuovi compromessi tecnici e politici.
Cambio di orbita e di prospettiva
Non c’è ancora l’ufficialità, ma sembra ormai deciso: la Stazione spaziale russa (ROS) migrerà da un’orbita eliosincrona polare di 96° verso la stessa orbita standard della ISS, a 51,6°.
Negli ultimi mesi, il programma spaziale russo sembra attraversare una nuova fase di confusione e ripensamenti. Secondo quanto rivelato da Anatoly Zak su RussianSpaceWeb, Roscosmos avrebbe deciso di rinunciare – almeno per ora – alla tanto attesa navicella di nuova generazione PTK Orel, riportando in prima linea la veterana Soyuz.
Una scelta che profuma di ritorno al passato e che nasce, come spesso accade, da una ragione semplice e implacabile: mancano i fondi.
Il piano Bakanov: ritorno all’orbita ISS
Il nuovo capo dell’agenzia, Dmitrij Bakanov, avrebbe approvato un piano che riporta la futura Stazione Orbitale Russa (ROS) su un’orbita di 51,6 gradi, la stessa della ISS.
È una decisione che cambia completamente lo scenario: l’orbita quasi polare, pensata per dare alla Russia una piattaforma indipendente e scientificamente più versatile, viene accantonata.
In cambio, la nuova inclinazione permette di continuare a usare i collaudati veicoli Soyuz e Progress, lanciati da Baikonur, dando modo all’infrastruttura ancora incompleta del cosmodromo di Vostočnyj di completarsi prima della scadenza del comodato d’uso di Baikonur con il Kazakistan (prevista per il 2050).
Le strutture del Cosmodromo di Vostochnij dedicate al lanciatore Angara. Credito: RKK Energia
Un passo indietro tecnico, ma forse più realistico
Il piano aggiornato prevede ora che il primo modulo della ROS – il NEM, Modulo Scientifico ed Energetico – venga lanciato con un razzo Proton da Baikonur, e non più con un Angara-5 da Vostočnyj come inizialmente previsto.
In pratica, il progetto fa un passo indietro di dieci anni: meno ambizione, meno costi, ma anche meno prospettiva.
L’attuale economia russa non può sostenere due programmi paralleli – una nuova stazione e una nuova navicella – in tempi realistici.
E così, per ora, la Orel resta senza missione. Il suo sviluppo viene rimandato “a data da destinarsi”, mentre Soyuz e Progress, debitamente aggiornate, continueranno a garantire la presenza russa in orbita.
Il modulo energetico-scientifico NEM che dovrebbe essere il primo ad andare in orbita della futura ROS. Credito: RKK Energia
Il modulo NEM ed il modulo UM in allestimento. Credito: RKK Energia
Verso una “ISS 2.0”?
Tornare all’orbita di 51,6° apre anche una strada inattesa: la possibilità di una ROS “ibrida”, costruita inizialmente accanto alla Stazione Spaziale Internazionale.
Secondo i piani più recenti, un piccolo gruppo di moduli russi potrebbe essere assemblato direttamente sulla ISS e poi separato prima della sua dismissione.
In questo modo, la futura stazione russa nascerebbe letteralmente dalle “costole” dell’ISS, ereditando parte delle infrastrutture e dei sistemi.
Resta da decidere se il modulo MLM Nauka, lanciato nel 2021 dopo vent’anni di rinvii, farà parte del nuovo complesso o se invece verrà distrutto insieme al resto della stazione internazionale.
La scelta dipenderà dallo stato dei suoi sistemi, molti dei quali sono già al limite della vita operativa.
Le fasi dell'assemblaggio della ROS. Credito: RKK Energia
Diplomazia orbitale: il ritorno del dialogo con la NASA
Sul fronte diplomatico, il clima sembra sorprendentemente aperto. Nella scorsa estate, Bakanov ha visitato la NASA, segnando il primo incontro di alto livello tra le due agenzie dal 2018.
Durante la visita – che ha incluso tappe a Houston e Cape Canaveral, oltre a colloqui con SpaceX e Boeing – si è discusso della cooperazione per la fase finale della ISS e di possibili forme di supporto tecnico reciproco per il futuro.
Secondo alcune fonti, l’idea di una “ISS 2.0”, in cui la ROS potrebbe accogliere i moduli più recenti del segmento internazionale prima del deorbit finale, non sarebbe del tutto esclusa.
È un’ipotesi affascinante: la ROS come erede diretta dell’ISS, con una parte di hardware americano, europeo e giapponese riutilizzato per estendere la vita del complesso orbitale.
Ma anche un progetto di questo tipo richiederebbe un livello di cooperazione e investimenti difficilmente compatibili con l’attuale situazione geopolitica.
Eppure, la storia della politica spaziale tra USA e URSS prima, e tra USA e Russia poi, ci ha abituato a strane piroette.
Consentitemi, da fan di Star Trek, la citazione di un immaginario proverbio Klingon: “Solo Nixon poté andare in Cina”. Forse, come abbiamo detto su Giornale Radio il 20/9/2025 insieme a Francesco Massardo, “ognuno ha bisogno della tecnologia dell’altro.”
La navicella PTK "Orel" nelle due versioni standard e ROS. Creduto: RKK Energia
Sul fronte tecnico, lo sviluppo della Orel procede a rilento. Nel 2025 si sono visti soltanto test secondari: simulazioni di recupero del modulo di rientro a Vostočnyj, prove di antenne e sistemi di comunicazione, qualche collaudo di meccanismi di sollevamento per il razzo Angara.
Nessun vero passo avanti verso un volo di prova.
La navicella, pensata per un ambizioso programma lunare, sembra destinata a ridimensionarsi, e con la nuova orbita “di default” potrebbe mutarsi in qualcosa di meno sofisticato.
In quest’ottica va letta anche l’accelerazione del programma Sojuz-5/Baiterek, che potrebbe aprire la via verso la ROS per una Orel lanciata da Baikonur.
Il test di trasporto e sollevamento di un simulacro del lanciatore Angara A5-P avvenuto recentemente a Vostochnij. Credito: Tzenki
In definitiva, la nuova politica spaziale russa sembra improntata alla sopravvivenza più che all’espansione.
Roscosmos si ritira in un territorio familiare, riutilizzando ciò che funziona, in attesa di tempi migliori.
La ROS sarà forse più piccola, più economica e meno innovativa di quanto immaginato, ma potrebbe diventare – paradossalmente – il simbolo di una resilienza tecnica e politica che ha sempre accompagnato la cosmonautica russa.
Se davvero nascerà una “ISS 2.0” russa — costruita con pezzi vecchi e nuove ambizioni — lo scopriremo nei prossimi anni.
Per ora, l’unica certezza è che la storia della cosmonautica russa continua, come sempre, tra sogni grandiosi e compromessi molto terrestri.