LA STELLA ROSSA E LA MALEDIZIONE DEL PIANETA ROSSO
come l'urss (e la russia) non sono ancora riusciti ad atterrare su marte...
Di questi tempi, per via delle spettacolari missioni americane, cinesi ed addirittura degli Emirati Arabi, non si fa che parlare di Marte. Ma se Venere si può a buon titolo considerare un “feudo Russo-Sovietico”, non si può dire la stessa cosa del pianeta che con l’ex URSS condivideva il colore della bandiera. L’Unione Sovietica ha raggiunto tutti i maggiori primati nell’esplorazione spaziale (a parte lo sbarco sulla Luna ed il suo sorvolo, ma questa è un’altra storia), eppure sembra abbia una vera e propria maledizione per quanto riguarda le missioni verso Marte. Errori di calcolo, vettori che esplodono, guasti improvvisi… Tutto quello che può succedere in una missione interplanetaria sembra che ai Russi sia successa!
L'orbiter (con in alto il lander coperto dalla protezione termica) delle sonde Mars 2 e 3
Il lander delle sonde Mars 2 e 3. Modello in scala 1:1 esposto al Museo della Cosmonautica di Mosca (Foto dell'Autore)
Premessa:
Atterrare su Marte (non mi piace “Ammartare”, me ne scuserete…), non è così semplice. Mentre per andare su Venere, semplificando all'estremo, basta “farsi cadere” verso il sole, sfruttando il suo pozzo gravitazionale, per andare su Marte bisogna… “Salire”! Ebbene sì, mi si passi l’eufemismo, ma è come salire un muro girando in semicerchio con un ciccione che ci tira verso il basso. Non è possibile praticamente (in teoria sì), usare una traiettoria diretta perché a metà strada più o meno dovremmo frenare la nostra navicella ruotandola di 180° con enorme dispendio di carburante (magari lo si potrà farlo con un propulsore nucleare), per cui ci si deve affidare alle cosiddette “Orbite Ohmann” cioè delle orbite di trasferimento che ci faranno inseguire, spinti solo dall’impulso iniziale che ci ha fatto lasciare la terra, l’orbita di Marte fino ad incrociarla nel momento stabilito. Un po’ come le corse ad inseguimento del pattinaggio su pista, se ne avete mai visto una. Alle volte, ci si affida anche alla “spintarella” del nostro amico e vicino Venere, altre volte il modulo propulsivo aggiuntivo fa tutto da solo. Con le orbite di trasferimento, una sonda come la Perseverance ci mette circa sei mesi. Se usassimo una traiettoria diretta ce la caveremmo in meno di tre. Altro problema: l’atmosfera. Venere ha un’atmosfera densissima: 96 volte la pressione al suolo rispetto alla terra. Marte ha una pressione (media) al suolo di un millibar cioè 1/1000 di bar quindi un millesimo di quella terrestre. L’atmosfera di Venere frena eccome, quella di Marte frena molto poco e per raggiungere un sufficiente attrito utile a moderare una discesa (che è sempre lunghissima), bisogna entrarci a velocità molto sostenute. Perseverance è entrato nell’atmosfera senza passare dall’orbita. Praticamente ha incrociato Marte a tutta birra (circa 25.000 km/h). Pertanto, la grande abilità del JPL, a cui va ampio merito, è quella di essere riuscito a piazzare diverse sonde sul suolo marziano risolvendo tutti questi problemi.
Andiamo con ordine:
il primo tentativo di raggiungere il pianeta rosso è datato 1/11/1962, con il lancio della sonda Mars 1. Il lancio riuscì ma il vettore non effettuò la spinta necessaria e da una traiettoria trans marziana, la sonda venne immessa in un’orbita solare. Altri due tentativi vennero fatti lo stesso anno, ma andò anche peggio: il vettore esplose durante il lancio.
Vennero riprogettate le sonde che, implementate nel peso e nella strumentazione, si affidarono ai ben più pesanti lanciatori Proton.
Le sonde gemelle Mars 2 e Mars 3 erano composte da un lander e da un orbiter.
Lanciate il 19 ed il 28/5/1971 furono i primi oggetti prodotti dall’Uomo a toccare la superfice marziana: Mars 2 il 27/11/1971 e Mars 3 il 2/12/1971. Ma le missioni furono un successo a metà. Difatti, se i due orbiter raccolsero una enorme quantità di dati sull’atmosfera del pianeta, restando in orbita fino alla fine del 1972, quello che accadde ai due lander non è del tutto chiaro.
Mars 2 si schiantò al suolo, probabilmente per un guasto al sistema di discesa che non fece aprire il paracadute. Sorte leggermente migliore occorse a Mars 3 che riuscì ad atterrare effettivamente alle 13:52:25 del 2/12/1971, nel bel mezzo di una tempesta di sabbia. Trasmise delle immagini indistinte per 14 secondi dopodiché più nulla. Si pensa che il paracadute, forse ancora agganciato alla sonda di forma sferica, spinto dal vento abbia trascinato rovinosamente il povero lander, fracassandolo al suolo. Recentemente quelli che si pensa siano i resti della Mars 3 sono stati fotografati dal MRO (Mars Reconnaissance Orbiter).
Entrambe le sonde avevano un piccolo rover filoguidato, sarebbe stato il primo nella storia, chiamato PROP-M, che sarebbe servito per piccole ricognizioni intorno al sito di atterraggio.
Il piccolo Rover filoguidato "Prop-m" che sarebbe stato usato su Marte da Mars 2 e 3
L'unica immagine trasmessa da Mars 3 dopo aver toccato il suolo Marziano
Gli ultimi tentativi dell'URSS
Tra luglio ed agosto del 1973, vennero lanciati due orbiter: Mars 4 e Mars 5, che sarebbero dovuti servire da relays per le comunicazioni per i due lander delle Mars 6 e 7.
Mars 4, per il solito guasto sempre in agguato, pare, in questi casi, mancò l’inserzione in orbita e fece solo un Flyby alla distanza minima di 2200 km. Mars 5, invece, raggiunse l’orbita con successo il 24/2/1974 inviando le prime immagini della superficie ad “alta” (per l’epoca) risoluzione.
Mar6 6 raggiunse Marte il 12/3/1974, sembra sia atterrato ma trasmise solo 224 secondi di dati senza immagini prima di spegnersi.
Mars 7 raggiunse Marte il 9/3/1974 ma, sempre per un malefico errore, il modulo di discesa si separò in anticipo, mancando il pianeta per 1300 km.
Le quattro missioni erano state mandate in questa strana configurazione: due orbiter e due lander separati, per battere sul tempo le due Viking americane, sfruttando una stretta finestra di lancio che non consentiva l’invio di due sonde complete. Questa fu, probabilmente, la causa del fallimento. La troppa fretta.
Nel 1988 l’Unione Sovietica ci riprovò con le due sonde Phobos 1 e 2. Queste avrebbero dovuto orbitare intorno al pianeta Rosso e far atterrare due piccoli lander sul satellite del pianeta. Purtroppo, Phobos 1 perse il contatto durante il volo di trasferimento dalla Terra. Phobos 2, invece, entrò in orbita ma i lander non riuscirono ad atterrare.
La sonda Phobos 1
E la Russia?
L’ultimo tentativo, anche se non completamente “Russo” risale a poco tempo fa: La sonda Russo-Europea ExoMars ha raggiunto Marte il 19/10/2016. Mentre l’orbiter è ancora in funzione per lo studio dell’atmosfera marziana, il lander “Schiaparelli” (a cui ho contribuito, con una gara indetta dall’ESA a dare il nome...), per il solito maledetto errore, si è schiantato al suolo per l’anticipato spegnimento dei retrorazzi.
Nel 2022 ci avrebbero dovuto provare, con la seconda missione ExoMars, dotata, oltre che di un “tradizionale” lander stile “Viking” chiamato “Kazaciok”, anche di un pesante Rover simile a Curiosity, battezzato “Rosalind Franklin”. Ma il conflitto Russo-Ucraino ha fatto la frittata e la collaborazione con l'ESA è andata, per ora, a farsi benedire…
L'orbiter Exomars, ancora in funzione
Come sarebbe dovuto essere l'atterraggio su Marte di Schiaparelli...
Il Rover "Rosalind Franklin" e, sullo sfondo, il lander "Kazaciok" che sarebbe dovuto partire per Marte nel 2022.