Nato ad Odessa, il 2 settembre 1908, è stato, insieme a Sergej Pavlovic Korolev, il maggior esponente del programma spaziale Sovietico.
Era figlio di un’infermiera e, sin da piccolo, iniziò ad appassionarsi di aeronautica. All’età di 14 anni, insieme ad un gruppo di coetanei appassionati dell’osservatorio locale, scrisse un libro dal titolo “Sviluppi storici del concetto di viaggi interplanetari ed interstellari”. A 15 anni scrisse a Konstantin Tsiolkowskji, ricevendo da questi un incoraggiamento a continuare i suoi studi in materia di propulsione missilistica. I due ebbero una corrispondenza durata ben otto anni.
Nel 1925 entrò all’Università di Leningrado ma lasciò gli studi in fisica e matematica senza conseguire la laurea. Lasciò all’Università, però, uno studio su di un veicolo interplanetario chiamato Gelioraketoplan, a forma di disco, con propulsione elettrica ed alimentato ad energia solare. Questo studio attirò l’attenzione dei militari che lo convocarono, nel 1929, per lavorare al GDL (laboratorio di gas dinamica) di Leningrado. Intuendo le potenzialità della propulsione a razzo nello sviluppo di armi balistiche, le forze armate sovietiche fusero il GIRD (Gruppo di investigazione per il moto a reazione) di Mosca, che era sotto la direzione di Korolev, con il GDL di Leningrado, creando l’RNII (Istituto di ricerca scientifica sulla propulsione a reazione). L’RNII creò, nel 1930, il RP-318, un aerorazzo ideato da Sergej Korolev con i motori ORM-65 creati da Glushko. Questi due geni autodidatti (all’epoca, solo Korolev era laureato), avrebbero segnato la storia della cosmonautica sovietica.
Valentin Petrovic Glushko (1908-1989)
Purtroppo, questo grandioso sodalizio terminò nel 1938. A seguito delle cosiddette “purghe” Staliniane, Glushko venne arrestato per attività antirivoluzionaria ed imprigionato, insieme ad altri scienziati, un una “Sharashka”, cioè un Lager per scienziati dove il lavoro forzato, per così dire, era costituito dalla ricerca militare.
Invidioso della carica di presidente del RNII che aveva ottenuto il suo collega Korolev, per poter usufruire di uno sconto di pena, denunciò questi alla polizia segreta NKVD. Korolev fu condannato ad otto anni di reclusione e lavori forzati in un gulag siberiano, poi ridotti a sei, e le conseguenze della lunga e dura prigionia, minarono la salute di quello che poi passò alla storia come il padre del programma spaziale dell’Unione Sovietica.
Tornando a Glushko, mentre continuava a scontare la “pena” nella Sharashka, proseguì il suo lavoro sulla propulsione a combustibile solido, arrivando a produrre l’RD-1, primo razzo di questo genere che venne usato per fornire potenza aggiuntiva al decollo ai caccia intercettori sovietici. In occidente, negli anni 60/70, questo concetto fu ripreso dalla NATO con il programma “ZELL” (ZEro Lenght Launch), per consentire agli aviogetti della serie “Century” (F100, F104 etc) di decollare da piccole piattaforme mobili.
Il giovane Valentin Petrovic Glushko ed il "Ghelioraketoplan" studio col quale avrebbe dovuto discutere la tesi di laurea.
Il prigioniero Glushko durante l'internamento nel lager da cui uscì accusando Korolev di peculato.
Poco prima della fine della guerra, in occasione del ritrovamento di una fabbrica di V2 tedesche abbandonata dall’esercito nazista in ritirata, l’Unione Sovietica scoprì l’avanzata tecnologia missilistica del nemico; si rese, quindi, necessaria la creazione di una squadra di esperti per studiare le armi catturate. A Glushko venne sospesa la pena e, promosso al grado di Colonnello e conferitagli la laurea in Ingegneria con procedura d’ufficio, nominato capo dell’OKB-SD, un ufficio di progettazione per lo sviluppo di missili balistici a combustibile liquido.
E qui, nacque un problema. Sebbene Glushko fosse un geniale ingegnere, non riusciva a venire a capo della tecnologia tedesca. Anche gli ingegneri nazisti passati a collaborare con i sovietici, essendo figure di secondo piano, non furono in grado di fornire un contributo decisivo. A chi rivolgersi quindi? Si ricordò che il suo ex capo, a cui aveva fatto infliggere i lavori forzati, era un genio nella propulsione a combustibile liquido. Per cui Glushko, ritrattando le sue accuse, chiese ed ottenne la liberazione di Korolev che fu messo a lavorare alle sue dipendenze.
Ben presto, la situazione si ripropose: Korolev, più geniale e carismatico, risalì al vertice del programma ottenendo un OKB tutto suo, l’OKB-1. Glushko, geniale progettista di motori, ebbe anche lui il suo, il 456. La loro collaborazione terminò con la costruzione dei motori RD107/108 per il primo e secondo stadio del lanciatore R7 “Semjorka”, quello che lanciò lo Sputnik e che, profondamente rimaneggiato, è ancora in uso oggi per lanciare le Sojuz.
Glushko e l’OKB 456, si dedicarono alla progettazione di motori a combustibile ipergolico, cioè che si innescava a contatto, quindi senza la necessità di ricorrere ad una camera di ignizione preliminare. Il motore che nacque, nel 1960, fu l’RD-275. Il combustibile ipergolico, che aveva il vantaggio di poter essere stivato nei serbatoi a tempo indefinito e che forniva maggiore impulso specifico e maggior spinta, aveva lo svantaggio di essere fortemente tossico e corrosivo. Il 24/10/1960, a Baikonur, un test su di un ICBM dotato di questi motori causò una strage passata alla storia come il disastro di Nedelin, dal nome del Generale Mitrofan Ivanovic Medelin che era a capo delle operazioni di lancio; un disastro che fece ben 78 morti.
Per questo motivo, e per il feroce odio che provava nei confronti del suo accusatore, Korolev non accettò mai di sostituire i motori del primo stadio del vettore lunare N1 con gli Rd-275 di Glushko. Ma, come sappiamo, questo fu un grave errore.
Glushko continuò a sviluppare questi motori e, in collaborazione con l’OKB-52 di Vladimir Celomej, produsse l’UR-500, il primo lanciatore pesante della storia, oggi conosciuto con il nome di Proton. Il Proton, forse il più affidabile lanciatore al mondo, dopo gli inconvenienti di gioventù, ha portato nello spazio tutte le stazioni spaziali Sovietiche, Russe ed i segmenti Russi della ISS. Ha lanciato nello spazio tutte le sonde interplanetarie e venne proposto come versione alternativa per la missione lunare, con un lancio in tandem di due lanciatori: uno con la Sojuz LOK e l’altro con il lander LK. E’ancora in attività e verrà sostituito, nel 2024, dall’Angara 5.
Dopo il fallimento del programma N-1, Glushko, ironia della sorte, rilevò Mishin, che, alla morte di Korolev era succeduto a questi alla guida dell’OKB-1. Nel 1973, quindi, prese il posto, ironia della sorte, del suo più acerrimo e mortale rivale.
L'RD-275, motore a combustibile ipergolico che equipaggia tutt'ora i lanciatori Proton.
Il motore dell'Energhia: l'RD-170, ancora in uso, nella versione 180, negli Atlas e negli Antares americani, nonchè, nella versione 190, nel nuovo lanciatore pesante russo Angara.
Sotto la guida di Glushko, l’OKB-1 cambiò strategia. Abbandonato il progetto lunare, si concentrò sulle stazioni spaziali, facendo segnare all’Unione Sovietica quella serie di primati assoluti che l’hanno portata ad essere la nazione con la maggiore esperienza nei voli spaziali di lunga permanenza. Ancora oggi, la ISS, otre ad avere una consistente componente Russa, ha il suo nocciolo nel modulo Zvezda che altri non è che il modulo DOS-8 derivato dalla Saljut-7 (DOS-6) e dalla MIR (DOS-7).
Ma non solo, con lo sviluppo del motore a ciclo chiuso ed a combustibile composto da LOX e RG1, cioè ossigeno liquido ed un derivato del Cherosene, RD-170, si aprì una nuova era dei motori a razzo. Abbandonati i combustibili ipergolici, si puntò sulla combustione stadiata o a circuito chiuso. I gas utilizzati per muovere le turbo pompe di alimentazione invece di essere espulsi esternamente, venivano reimmessi nella camera di scoppio generando una notevole spinta aggiuntiva. L’RD-170 fu la base del lanciatore Energhia, uno dei più potenti mai costruiti ma, soprattutto, il vettore del primo stadio di un altro progetto portato avanti con decisione da Glushko: lo spazioplano Buran.
La Buran effettuò, come sappiamo, un solo volo completamente automatizzato: il 15/11/1988. Il lanciatore Energhia fu usato anche un’altra volta, il 15/5/1987 per portare in orbita il satellite spia Polyus. Ma i motori RD-170 ebbero un seguito… Sviluppati nelle versioni RD-180, fanno parte del primo stadio dei lanciatori americani Atlas III e V, mentre nella versione RD-190, equipaggiano i lanciatori della famiglia Angara.
Tornando a Glushko, nel 1989 lasciò la direzione dell’OKB-1, nel frattempo rinominato NPO-Energhia.
Morì il 10/01/1989, poco dopo il suo ritiro dalla direzione dell’NPO.
Su Glushko autodidatta ingegnere per decreto politico, si può dire che fu, nella progettazione di motori, altrettanto geniale quanto Korolev nel disegnare veicoli spaziali.
Sul Glushko uomo, ci sono molte ombre e poche luci. A parte quello che fece a Korolev, che ne minò per sempre i rapporti e condannò l’Unione Sovietica a dover rinunciare ad un duo di geniali costruttori che l’avrebbero portata a primeggiare in ogni campo, fu anche uomo testardo ed isolato politicamente. Non è un caso se, nel piazzale antistante il Museo della Cosmonautica a Mosca, spicchino tre statue. Una, gigantesca, dedicata a Korolev. L’altra, più piccola, dedicata a Celomej e l’ultima, un busto, dedicata a Glushko.
Venne insignito del titolo di Accademico dell’Accademia delle Scienze dell’Unione Sovietica e gli furono conferite due volte le insegne di Eroe del Lavoro Socialista. Cinque volte decorato con l’Ordine di Lenin, gli è stato dedicato il pianeta nano 6357 ed un cratere sulla Luna.
Ho recentemente avuto uno scambio di battute con il figlio di Glushko, Alexandr, il quale asserisce, invece, che tra suo padre e Korolev vi fu sempre rispetto e stima, forse mai amicizia, ma nemmeno odio. Probabilmente entrambi riconoscevano il genio dell'altro e, nell'epoca delle "purghe Staliniane", non era semplice mantenere una condotta adamantina col timore di finire in un lager senza motivo. Il tempo assolverà qualsiasi errore. ciò che rimane è la grandezza di due uomini, due autodidatti, senza i quali la conquista dello spazio non sarebbe stata possibile.