Spf magazine si rinnova e mi viene data l’opportunità di essere ospitato con una rubrica fissa. Devo molto a questo gruppo, meraviglioso contenitore di idee, ed alle persone che ne fanno parte e che, con orgoglio, lo stanno vedendo crescere. Per questo motivo voglio regalare ai lettori del magazine, un inedito. Beh, non proprio inedito, è piuttosto una rivisitazione delle tre biografie mettendo a confronto le diversità ma anche gli intrecci che le loro vite hanno avuto e l’influenza dell’uno sull’altro. Iniziamo? Su il sipario…
I russi sono un popolo di sentimentali.
Lo so, forse non sembra a vederli sempre così poco sorridenti e con quel tipico aspetto burbero che ne definisce lo stereotipo con cui pensiamo a loro. Ma non è così. Dietro l’apparenza di imponenti orsi delle nevi, c’è tanto che ci accomuna. Solo è che bisogna saperlo scoprire. Perché dico questo? Per il modo con cui celebrano i propri eroi, per esempio. Non c’è una navicella, stazione spaziale, un qualsiasi veicolo abitato che abbia dentro dei cittadini russi, che non abbia una fotografia di Gagarin e di Korolev. Così come non c’è città di questo immenso paese che non celebri con una statua o con una targa i padri fondatori della loro strada verso le stelle.
E proprio dalle statue di questi tre pilastri della cosmonautica che voglio partire.
Mosca, parco VDNKha, Viale degli Eroi del Cosmo.
Alla fine di questo vialetto, segnato da cippi bronzei con delle stelle in cui sono scritti i nomi di tutti i cosmonauti da Gagarin ad oggi, c’è una piazzetta. Da un lato i busti di Gagarin, Titov, Tereskhova, Leonov e Belyaev, dall’altro una statua e due busti.
La statua, raffigura Korolev, i busti Celomej e Glushko.
Tre, il numero perfetto: come i Tre Caballeros od i Tre Tenori, Korolev, Celomej e Glushko erano i Tre Progettisti…
Tutto inizia nell’attuale Ucraina…
Il 12 gennaio 1907 a Zhytomyr nasce Sergei Pavlovic Korolev. Il 2 settembre 1908, ad Odessa, nasce Valentin Petrovic Glushko: invece nasce nell’attuale Polonia, il 30 giugno del 1914 a Siedice, all’epoca facente parte della Russia Imperiale, Vladimir Nikolajevic Celomej. Ma solo tre mesi dopo, con l’infuriare della Prima guerra mondiale, la sua famiglia si trasferì a Poltava, nell’attuale Ucraina, appunto.
Korolev e Glushko erano dei precoci autodidatti. Korolev studiava carpenteria ma, sin da giovanissimo si appassionò all’aeronautica, iscrivendosi ad una scuola per alianti e progettandone, nel 1925, uno tutto suo: l’SK-5 “Koktebel”. Glushko, a 14 anni, scrisse un libro sui viaggi spaziali dal titolo: “Sviluppi storici del concetto di viaggi interplanetari ed interstellari”. A 15 anni scrisse a Konstantin Tziolkovskji ricevendo, da questi, incoraggiamenti a continuare a coltivare queste passioni ed intrattenendo col padre fondatore della cosmonautica, una corrispondenza durata ben otto anni.
Celomej, invece, seguì un iter di studi più “canonico”. Trasferitosi con la famiglia a Kiev nel 1926, lì si laureò al locale Politecnico nel 1937 non senza aver pubblicato, nel 1936, un libro dal titolo: “Analisi vettoriale”.
Anche Korolev si iscrisse al Politecnico di Kiev nel 1926, uscendone però l’anno dopo essendo stato ammesso all’Università tecnica statale di Mosca dove si laureò nel 1929 presentando un progetto per un velivolo supervisionato da Andrej Tupolev.
Glushko, invece, entrò, nel 1925, all’Università di Leningrado. Singolare la sua carriera studentesca in quanto arrivò alla discussione della tesi di laurea ma non sostenne l’esame. Non sono chiari i motivi per cui non completò il percorso, forse legati alle ristrettezze economiche in cui versava. Ma lasciò all’ateneo Leningradese il suo progetto della tesi: un veicolo interplanetario a forma di disco che utilizzava un motore elettrico, alimentato da celle solari, per emettere una massa di reazione costituita da un liquido conduttore. Si chiamava Ghelioraketoplan (aerorazzo solare).
Questi studi in ambito aeronautico e missilistico non potevano non suscitare l’interesse dei vertici militari. Korolev entrò al GIRD, Gruppo per lo studio del moto reattivo; Glushko al GDL di Leningrado, Laboratorio di Gas-dinamica. Celomej, invece, entrò all’Istituto Centrale Baranov di costruzioni aeronautiche. Korolev si mise subito in mostra, progettando e realizzando il GIRD-X, il primo razzo a combustibile liquido dell’Unione Sovietica. I due istituti vennero fusi nell’RNII, istituto per la ricerca sui motori a reazione. In questo modo le storie dei due geniali autodidatti Korolev e Glushko vennero ad incontrarsi. Nel 1930 venne dato al mondo un saggio di ciò che queste due menti potevano fare insieme: l’RP318, un aerorazzo progettato da Korolev con i motori a razzo ORM-65 creati da Glushko.
E qui iniziano anche i problemi. A capo dell’RNII, venne messo Korolev. Siamo nel periodo delle cosiddette “purghe” staliniane. Bastava una semplice accusa di attività antisovietica, anche anonima, per far sparire una persona che veniva condannata, nell’ipotesi migliore, ad anni di lager od eliminata, nella peggiore. In questo clima di terrore venne effettuata un’inchiesta interna relativa ad un episodio di malversazione verificatosi nell’RNII. Timorosi che la scure della polizia segreta NKVD potesse abbattersi su di loro, Glushko e Langemak, vice di Korolev, accusarono questi di essere l’autore dell’illecito. Accusa assolutamente infondata ma che bastò alla NKVD per arrestare Korolev ed internarlo nella tristemente nota prigione della Lubjanka. In realtà, oltre al timore che la responsabilità dell’illecito potesse ricadere su di lui, Glushko era anche animato da risentimento nei confronti di Korolev per il fatto che fosse stato messo a capo dell’istituto.
Korolev subì numerose torture volte ad estorcergli una confessione, peraltro preconfezionata, in cui si assumeva qualsiasi colpa. Da queste torture ebbe conseguenze fisiche che, poi, gli si rivelarono fatali. Venne condannato ad otto anni di lavori forzati e spedito a Kolyma, un lager siberiano dove si trova una miniera d’oro.
Ma l’aver “fatto la spia”, non salvò la sorte di Glushko e Langemak. A loro volta vennero arrestati e condannati ai lavori forzati. Furono, però, più “fortunati”: vennero inviati in una Sarashka, una fabbrica-prigione dove le “menti scomode” dell’URSS potevano lavorare a progetti di interesse nazionale. Nel frattempo, a Korolev venne ridotta la pena da otto anni a quattro e poi trasferito nella prigione della Butyrskaya di Mosca ed inserito, anche lui, in una Sarashka.
E Celomej? Beh, lui superò indenne la fase delle “purghe”. All’Istituto Baranov proseguiva i suoi studi cullando l’idea di un missile in grado di volare come un aeroplano: il missile da crociera.
Scoppia la Seconda guerra mondiale e l’attività delle Sarashke è a pieno regime. Glushko progetta e costruisce l’RD-1 (RD sta per “raketa divigatel” cioè motore a razzo: sarà la sigla che contraddistinguerà tutti i suoi motori), il primo motore a razzo a combustibile solido progettato per essere usato sugli aerei. L’idea, poi ripresa dai caccia NATO negli anni ’60 con il nome ZELL (ZEro Length, Launch), era quella di poter far decollare i caccia in brevissimo spazio da piccole piattaforme mobili. Ma le loro vite, indirettamente, si intrecciano con quella di un altro genio che, però, operava dall’altra parte del fronte: Wehrner Von Braun. Celomej, che aveva intuito la possibilità di creare dei missili da crociera, vide concretizzare la sua idea nella V1, Glushko e Korolev videro nella V2 la soluzione ai problemi tecnici a cui stavano lavorando nella realizzazione di un missile balistico.
Da una V1 catturata inesplosa, Celomej realizzò il 10Kh. Poteva essere l’impulso alla creazione di missili da crociera sovietici che avrebbero potuto fiaccare l’esercito tedesco, ma non se ne fece nulla. Intanto, dalla ritirata della Wermacht dall’Europa orientale, l’Armata Rossa mise le mani su molte V2 in vari stadi di costruzione. A capo del gruppo di studio dedicato a queste armi, venne messo Glushko, nel frattempo riabilitato, insignito della laurea in ingegneria per decreto statale e promosso Colonnello. Ma quest’arma sofisticata, anche per la carenza di progettisti tedeschi di rilievo passati (con le buone e non) dalla parte dei sovietici, non riusciva a svelare del tutto i suoi segreti. E fu così che Glushko dovette ingoiare il suo orgoglio e, con l’aiuto di Andrej Tupolev e di Roberto Oros di Bartini, geniale ingegnere italiano rifugiato in URSS con l’avvento del Fascismo che aveva conosciuto Korolev nella Sarashka e che aveva definito “il suo maestro”, chiese di riabilitare questi e farlo assegnare al suo gruppo di studio, nel frattempo elevato al rango di OKB (Ufficio di progettazione), con la sigla OKB-D. Con l’aiuto di Korolev, l’OKB-D venne a capo dei segreti delle V2 e presto riuscì a replicarne una ed a iniziare a sviluppare un missile originale.
Il carisma e la genialità di Korolev lo riportarono, sebbene solo parzialmente riabilitato (la riabilitazione definitiva arriverà solo con Krushev, nel 1957) ai vertici. Dall’OKB-D nacque l’OKB-1 con a capo Korolev, incaricato di dare all’URSS il primo missile balistico intercontinentale (ICBM), e l’OKB-456, con a capo Glushko, destinato a creare i motori per le armi che Korolev avrebbe disegnato.
Intanto Celomej ebbe anche lui il suo OKB: il 51, destinato alla creazione dei missili da crociera. Ma l’idea, ai vertici militari sovietici, non tanto piaceva. L’OKB MiG, anche grazie all’appoggio che ottenne dal potentissimo Lavrentji Berjia, capo dell’NKVD, tolse al 51 tutti gli incarichi di progettazione fino a portarlo allo scioglimento. Celomej ritornò, quindi, alla carriera accademica.
Con la morte di Stalin tutto cambia: Krushev da una parte persegue una politica di distensione con l’occidente, dall’altra rafforza il suo arsenale. L’OKB-1, con Korolev iniziò a sfornare prototipi di quello che dovrà diventare il primo ICBM. Dall’R-1 (R sta per Raketa, cioè razzo. Come RD per Glushko, sarà il marchio di fabbrica di Korolev), all’R-6 è un susseguirsi di miglioramenti e di prestazioni sempre più vicine all’obbiettivo finale. Obbiettivo che verrà raggiunto il 21 agosto 1957 con il “piccolo settimo”, Semjorka, così come affettuosamente aveva chiamato Korolev il settimo prototipo, l’R7. E chi costruì i motori RD107 e 108 del primo e secondo stadio? L’OKB-456 di Glushko.
Korolev voleva i viaggi spaziali. Entusiasta seguace delle idee visionarie di Tziolkovskji, aveva capito che, se voleva le stelle, doveva accontentare i militari con il missile balistico: che fosse pratico da usare o no poco importava. Come detto il 21/8/1957 dal poligono militare di Kapustin Jar venne lanciato il primo R7. L’esercito era accontentato. Korolev ebbe il suo momento di gloria e poté chiedere i fondi per il suo primo satellite che sarebbe arrivato il 4/10 successivo. Anche se era una sfera di soli ottanta Kg e dotata di un semplice trasmettitore radio, il suo “bip-bip” spaventò il mondo molto più del lancio del suo missile come arma tattica.
E, difatti, l’R-7 come ICBM non era un granché: gittata scarsa (solo 8.800 km), tempi di dispiegamento lunghi e complessità delle infrastrutture di terra. Poco pratico. Incassata gloria e primato, l’Urss decise che era il caso di lasciar giocare Korolev con i razzi spaziali e dedicare Glushko, che iniziava a maturare concetti innovativi in merito ai motori, al settore militare. L’OKB-456 iniziò a progettare una rivoluzione: i motori ipergolici e Celomej, che nel frattempo, grazie ai buoni uffici di Krushev del quale aveva assunto il figlio Sergei come vicedirettore, si era preso un nuovo OKB, il 52, non tardò a guardare a Glushko come ad un suo prezioso alter-ego.
Proprio per evitare il problema dei lunghi tempi di dispiegamento di un ICBM con motori a combustibile tradizionale, soprattutto legato al fatto che il rifornimento deve essere effettuato nell’imminenza del lancio, Glushko sviluppò un concetto nuovo. Conoscendo le proprietà di alcuni materiali di innescarsi al contatto (senza cioè il bisogno di dover essere “accesi”), pensò ad un motore che utilizzava UDMH (Dimetilidrazina asimmetrica) e NTO (Tetrossido di azoto). Nacque l’RD-275. Vantaggi? Potenza elevatissima, possibilità di restare rifornito ed in pressione per tempi molto lunghi facendo crollare i tempi di dispiegamento dell’ICBM. Svantaggi? Estrema tossicità e corrosività e, soprattutto, in caso di contatto accidentale la reazione sarebbe stata catastrofica.
Celomej, come detto, intuì questa opportunità. I motori ipergolici diventarono una sua ossessione. Ma, soprattutto, ebbe l’intuizione geniale del “Razzo universale” (Universal’nj Raketa, UR). L’UR-100 fu il primo della serie; con i RD-275 era pronto al lancio in 3 minuti. Gli UR potevano essere validi missili balistici o lanciatori spaziali.
Korolev, intanto, era sulla cresta dell’onda per via dei successi a ripetizione dei suoi R-7 che portarono l’Urss a primeggiare dappertutto: primo satellite artificiale della Terra, Primo uomo nello spazio, primo satellite in orbita Lunare, prima sonda venusiana, prima passeggiata spaziale. Insomma, la strada spianata alla luna. E gli americani, muti…
Ma per la Luna serviva qualcosa di più. Glushko e Korolev, dopo i fatti dell’epoca staliniana, non si amavano. Inoltre, Korolev non voleva usare motori ipergolici per il volo umano. Quindi il programma lunare, per Korolev, prese la strada del motore tradizionale, commissionando nel frattempo all’OKB Kutneszov, che però si era sempre occupato di motori aeronautici, di realizzare un motore a ciclo chiuso. Potendo contare solo su motori NK-15 di tipo tradizionale (NK sta per Nikolai Kutneszov), il gigantesco lanciatore lunare N-1 ne doveva montare ben 30 al primo stadio. E, questa cosa, creò innumerevoli problemi che portarono poi al fallimento del progetto.
Anche Celomej pensava alla Luna. Non tanto per la gloria della scienza, quanto, forse, per accrescere il suo prestigio personale. Nell’era di Krushev, infatti, Celomej aveva acquisito moltissime industrie del settore aeronautico e missilistico per il suo OKB-52. Girava la voce che era arrivato ad essere così potente che persino il Teatro Bol’shoj sarebbe potuto diventare il suo circolo privato. Appoggiato da Krushev, appunto propose il suo programma lunare. Forte della collaborazione stretta con l’OKB-456 di Glushko, propose un profilo di missione ambizioso. Un gigantesco vettore, l’UR-700, con motori ipergolici sia al primo che al secondo stadio avrebbe portato il veicolo LK-1 sulla Luna con una traiettoria diretta. Ed anche per il preparatorio volo circumlunare, sarebbe stato il suo fratello minore, l’UR-500, a portare una navicella in orbita attorno al nostro satellite. In entrambi i casi, i potenti RD-270 avrebbero consentito il successo.
I motori a combustibile ipergolico avevano già mietuto le loro vittime: ben 78 nel disastro che il 24/10/1960 prese il nome del generale che stava collaudando un ICBM con questi motori. Nedelin. Ed anche l’UR-500, che poi sarebbe divenuto il lanciatore più affidabile e produttivo della storia della cosmonautica, ebbe degli esordi tutt’altro che brillanti, con numerosi incidenti anche mortali. Come detto, sia per questo motivo che per la rivalità che affondava le sue radici nel vissuto personale, Korolev non accettò mai di modificare il suo progetto N1/L3 con un lanciatore dotato di motori ideati da Glushko.
Intanto, colui che era stato celato al mondo per proteggerlo da eventuali azioni di intelligence, chiamandolo semplicemente “il Progettista capo”, a causa di complicazioni sopraggiunte ad un banale intervento all’intestino, complicazioni causate anche dalle condizioni fisiche compromesse dovute agli anni di torture e privazioni nei lager, morì il 14 gennaio 1966. Solo due giorni dopo, il 16, il mondo conobbe l’identità del genio dietro i successo della cosmonautica sovietica. Solo dopo la sua morte, il mondo seppe di Korolev. E con la sua morte l’OKB-1 passò nelle mani del suo vice, Vasilj Mishin intraprendendo una spirale involutiva che finirà solo con la destituzione di questi e la sua sostituzione con colui che Korolev meno avrebbe voluto vedere al suo posto: Valentin Glushko.
Nel frattempo, con miope strategia, i vertici politici avevano deciso di dividere in due il programma lunare. Mentre gli americani, superato l’impasse iniziale, con il programma Gemini avevano recuperato terreno, mettendo a segno importanti primati e, con l’Apollo stavano per giungere al traguardo della conquista della Luna, l’Urss fece confluire il lavoro di Celomej, scartati i titanici progetti dell’UR-700 e dell’ancor più titanico UR-900, destinato a Marte, alla missione circumlunare. Un UR-500 avrebbe portato una Sojuz (progettata da Korolev), in orbita lunare prima della fine del 1968. All’OKB-1, invece, venne lasciata la missione L3, lo sbarco, continuando nell’infruttuosa (4 lanci di prova, 4 insuccessi…), strada del lanciatore N1.
Ebbe, l’Unione Sovietica, la possibilità di fare un ultimo colpaccio se avesse rischiato la missione circumlunare nel settembre 1968 con una Sojuz LOK con a bordo Alexei Leonov ed Oleg Makarov. Ma Breznev e Mishin non vollero rischiare, nonostante una petizione firmata da tutti i cosmonauti, Gagarin e Leonov in testa, la vita dell’equipaggio con un lancio dalle molte incognite.
Il 18 settembre 1968, la Zond-5, una Sojuz 7k/L1 lanciata da un UR-500, con a bordo un manichino (forse figlio del famoso “Ivan Ivanovic” …), tartarughe, mosche e vermi della farina, orbitò intorno alla Luna e rientrò nell’Oceano indiano il 21 successivo. Ebbe diversi inconvenienti ma tutte le creature a bordo sopravvissero e, forse, sarebbe stato un brutto colpo per il programma Apollo, già pesantemente rallentato dalla tragedia dell’Apollo-1. Invece la missione Zond mise il fiato sul collo alla Nasa che fece saltare un passo nel calendario delle missioni anticipando alla missione 8 quello che sarebbe stato il compito, mesi dopo, della 9. Alla vigilia del Natale 1968 Borman, Anders e Lovell orbitarono intorno alla Luna.
Se prima eravamo i tre a ballare l’Hullygully, adesso siamo in due…
Mishin viene estromesso ed al suo posto viene Glushko. Celomej, con l’avvento di Breznev e, soprattutto, del ministro della difesa Ustinov, cade in disgrazia e relegato ad incarichi sempre più marginali. Nel frattempo, Glushko unificò l’OKB-1 con il 456 ed il 52 fondando l’NPO Energhia. Abbandonò i motori ipergolici e si dedicò alla combustione a circuito chiuso. I tanto attesi motori NK-33, finalmente arrivarono. Tardi per l’N-1, tanto che ne venne ordinata la distruzione. Ma qualcno ne nascose un’ottantina e poi… Beh, questa è un’altra storia…
Seguendo la strada degli NK-33, Glushko progettò e costruì gli RD-170, motori a combustione a ciclo chiuso destinati ad un grande progetto di Glushko. Dal “Razzo Universale” di Celomej, Glushko concepì il progetto Vulkan: una famiglia di lanciatori universali in grado di servire sia da lanciatori leggeri verso l’orbita bassa, sia verso lo spazio trans-lunare. Celomej, come si è soliti dire, ebbe l’idea giusta ma nel momento, forse sbagliato.
E non fu la sola intuizione geniale di Celomej che Glushko, molto intelligentemente, adottò nella sua azione direttiva all’NPO-Energhia: il veicolo lunare LK-1 aveva una sezione abitativa in due parti: un modulo riutilizzabile di rientro, chiamato VA, e la sezione abitativa vera e propria, molto grande, chiamata FGB. Da queste sezioni venne costruito il TKS, traghetto pesante destinato alle stazioni spaziali militari Almaz, che mai volò con equipaggio ma che effettuò moltissimi lanci automatici verso le stazioni spaziali Saljut-6 e 7, fornendo anche, nella sezione FGB, un notevole incremento di spazio abitativo.
Vi avevo detto del progetto Vulkan. Il primo esemplare di quello che doveva essere il nocciolo del lanciatore universale pensato da Celomej e realizzato da Glushko, fu il vettore Energhia. Potente grazie ai motori RD-170, modulare perché poteva essere implementato a seconda del profilo di missione e capace di lanciare un veicolo innovativo e rivoluzionario, risposta sovietica allo Shuttle americano ma che con il suo omologo d’oltre oceano condivideva solo l’aspetto esteriore: la navetta Buran.
Glushko estese il concetto di modularità anche alla vita nello spazio esterno. Abbandonate, per ora, le ambizioni di conquista della Luna, Con Glushko l’Urss si dedicò ai voli di lunga permanenza con la creazione delle prime (la Saljut-1 è del 1971…) stazioni spaziali permanenti della storia. Un passo indietro? Forse, ma per farne tre avanti. Gli americani, vinta la corsa alla luna, tentarono qualcosa di simile con lo Skylab ma poi lasciarono perdere. Glushko, appunto, sposò in toto l’idea di modularità, concependo due tipi di stazioni: quelle civili, le DOS e quelle militari, le OPS. Con i nomi, rispettivamente di Saljut ed Almaz. E cosa usare per costruire queste stazioni? La sezione FGB del traghetto TKS, derivata, come detto, dal veicolo lunare LK-1 di Celomej. Dalle prime Saljut “monouso”, si è arrivati a quelle modulari: la 6 e la 7. Sempre utilizzando quei moduli FGB.
Ma non solo. Progettò e mise in orbita, con gli oramai affidabilissimi Proton, la prima stazione spaziale permanente modulare: la MIR. Tutti i moduli della Mir sono stati ricavati dalle sezioni FGB.
Nel dicembre del 1984, Vladimir Nikolaevic Celomej ebbe un banale incidente domestico: mentre, sceso dalla sua auto col motore acceso, si apprestava ad aprire il cancello di casa, l’auto, lasciata per distrazione senza freno a mano, lo investì fratturandogli una gamba. Pochi giorni dopo, l’8/12/1984, forse mentre accarezzava il sogno di tornare in auge vista la destituzione del Generale Ustinov alla difesa, morì per un infarto, forse causato da un’embolia dovuta alla frattura. Questo geniale progettista, che non ha avuto la fortuna di veder riconosciute le sue intuizioni nel tempo in cui le ebbe ideate, ci ha lasciato una grande eredità: il concetto di modularità. Una famiglia di lanciatori modulari, come oggi sono gli Angara, possono coprire tutte le esigenze dalle orbite basse ai voli oltre l’orbita terrestre. Un singolo modulo abitativo può costituire la base di una navicella spaziale oppure di una stazione orbitale. Colui che dovette rinunciare ai suoi progetti più ambiziosi per via dei costi esorbitanti dell’epoca, ci ha indicato la via per un utilizzo razionale ed efficiente delle risorse.
Il lanciatore Energhia effettuò due voli: il primo, il 15/5/1987 portando in orbita il satellite da difesa militare Polyus, tra l’altro erede di un'altra geniale intuizione di Celomej: il satellite da difesa in grado di mutare autonomamente traiettoria ed orbita, come i Polyot-1 e 2 che volarono nel 1963 e 1964. Ma il secondo lo consacrò alla Storia. Il 15/11/1988 l’Energhia pose in orbita per uno spettacolare, unico volo automatizzato, la Buran. L’RD-170 aveva fatto il suo dovere, il lanciatore modulare era una realtà, Glushko poteva pensare alla Base Lunare Zvezda, già progettata nei minimi dettagli (un modello in scala 1:1 di alcuni ambienti si trova a Mosca, tra l’altro progettato dall’architetto dello Spazio: Galina Balashova. Ma anche questa è un’altra storia…). L’URSS, di lì a poco, sparirà travolta dalla storia ed implosa sotto il suo stesso peso. Glushko lascerà l’NPO-Energhia e morirà poco dopo, il 10/01/1989.
Ci lascia in eredità un concetto, nato dalla mente di Celomej e ripreso e realizzato con decisione. La modularità. Ed un motore, l’RD-170 che, oggi, col nome di RD-180, equipaggia perfino lanciatori americani: l’Atlas III e V e l’Antares. Non solo. Il lanciatore Universale di Celomej, il Vulkan e l’Energhia di Glushko, oggi sono la famiglia Angara. Con i motori RD-190 evoluzione di quei motori a circuito chiuso che segnarono la svolta modulare.
Ed i moduli FGB, ancora oggi, sono la casa nello spazio di centinaia di astronauti, cosmonauti e Taikonauti: Zarja e Nauka, sulla ISS, Tiangong sulla stazione cinese…
Siamo alla fine di questo lungo racconto…
Se non vi siete addormentati, cari amici, avrete scoperto come queste vicende di fuoco e di acciaio, sono anche storie di cuori e sangue. Di passioni forti come la gelosia ed il risentimento, come quello che divise Glushko da Korolev. Storie di uomini ambiziosi e tenaci, di menti nate dal nulla, autodidatti come Korolev e Glushko e di visionari, fuori tempo direi io, come Celomej.
I russi sono un popolo di sentimentali, ho scritto fiumi di parole fa… Sì sono un popolo passionale che per gelosia e rancore ha perso la corsa alla Luna; che ha rinunciato ad un primato per non rischiare la vita dei suoi cosmonauti. Che ha avuto il coraggio di fermarsi a pensare ai suoi errori per aprire un’altra strada che li avrebbe riportati di nuovo in vetta.
Che tiene una foto dei suoi eroi in ogni posto in cui c’è un cosmonauta nello spazio.
L'aliante progettato e costruito, nel 1925, da Korolev: l’SK-5 “Koktebel”.
Il Ghelioraketoplan, tesi della laurea (mai discussa) di Glushko
Il GIRD-X
L'aerorazzo RP-318 Di Korolev e Glushko
Il missile da crociera 10Kh di Celomej
Il motore RD-275 di Glushko
la "Famiglia" UR
L'N-1
Il veicolo lunare LK-1 di Celomej
l'UR500, oggi chiamato Proton
Sojuz 7K-L1
La TKS
Il complesso di lancio Energhia-Buran
Evoluzione del modulo FGB
Visite