Nikita Sergeevic Krushev (1894-1971) è passato alla storia, oltre che per essere stato quello che ha avviato la «destalinizzazione» alla morte del dittatore georgiano, anche per aver guidato l’Urss in quella fase della sua storia chiamata della «distensione».
Fu fautore del dialogo con gli Stati Uniti d’America e con i suoi presidenti: Eisenhower prima e, soprattutto, JF Kennedy.
Non sono mancati, certo, episodi ambigui come quello legato alla crisi dei missili di Cuba nella quale il mondo fu per 13 giorni sull’orlo della Guerra Nucleare, ma tutto sommato il «Compagno Nikita Sergeevic» fu un uomo che cercò di indirizzare l’antagonismo tra i due blocchi in un confronto dai toni quasi sportivi su chi avesse il sistema di vita migliore.
Fu persona dai gesti plateali (famosa la scarpa sbattuta sul tavolo dell’ONU al grido di «Njet! Njet!»), inviso ai «falchi» del regime che, dopo qualche anno, gli gettarono una brutta «polpetta avvelenata».
Singolare come, lui e Kennedy, i fautori di un confronto dai toni goliardico-sportivi sulla supremazia in ambito spaziale, uscirono di scena nello stesso anno, il 1963. Krushev in maniera «incruenta», Kennedy, purtroppo, in modo tragico a Dallas.
Perché vi parlo di lui? Perché, senz’altro Krushev aveva capito una cosa, che capirà e svilupperà molto dopo di lui anche un altro Sergeevic, Mikhail Gorbacev: la propaganda è un’arma fortissima.
Apparire come una nazione florida, votata alla scienza ed al progresso ed all’emancipazione di razza e di genere, metteva il modello socialista sovietico su di un piano di parità rispetto ai ben più smaliziati, in campo di cura dell’immagine e nel «sapersi vendere», americani.
L’URSS non doveva più sembrare come una fortezza invalicabile protetta da una «Cortina di ferro che da Riga nel Baltico a Trieste nell’Adriatico», sono parole di Winston Churchill, era calata nel cuore dell’Europa. Ma doveva apparire come un paese dove un sistema di vita poteva davvero essere preso a modello. Un paese che non temeva il confronto con il «Libero occidente capitalista» anzi lo fronteggiava a viso aperto e ad armi pari (più o meno…).
Ecco perché quella stagione della propaganda delle imprese spaziali sovietiche nacque fiorì e scomparve con Krushev.
Fu la testimonianza pittoresca, naif ma incredibilmente suggestiva di un confronto dai toni più sportivi che militari.
Un Derby piuttosto che uno scontro tra due sistemi contrapposti.
Come fare a parlare esplicitamente di qualcosa che era, all’epoca, pesantemente coperto dal segreto al punto tale che nemmeno il nome del progettista a capo del programma spaziale sovietico era noto?
Con i poster…
I poster ebbero, in questa martellante propaganda ai limiti del fanatismo sportivo, la parte del leone.
Un po’ perché potevano raggiungere tutti i cittadini dell’Unione, anche nei luoghi in cui non c’era la corrente elettrica e quindi la radio, un po’ perché vennero disegnati da artisti di prim’ordine che attiravano l’attenzione della gente con disegni artisticamente molto curati.
Uno dei più famosi e prolifici era Vladimir Berezovskji, ma ve ne furono tantissimi.
I temi chiave di questo variegato mondo sono sostanzialmente questi: esistono dei “santi”, cioè persone che risaltano per le loro gesta, ma c’è un unico “Dio”: il Partito e la Nazione Sovietica che ne è la sua espressione. Gagarin, Titov, Leonov sono dei “cavalieri” che, spinti dalla nazione dei lavoratori e dei contadini, conquistano le stelle nel nome della pace, del progresso, della scienza e del Socialismo. Quindi non Eroi in quanto individui, ma figli della grande madrepatria. In questo senso significativo uno dei primi poster in cui la stessa madre che mostra l’ordine di chiamata alle armi durante la “Grande Guerra Patriottica” (così si chiama la II Guerra Mondiale in Russia), mostri “In nome della Pace” la via delle stelle indicando la Luna appena raggiunta dalla sonda Luna-2 nel 1959.
Lo stesso Krushev, dopo che la commissione per il Premio Nobel gli chiese chi fosse l’artefice dello Sputnik, rispose che non c’era un uomo solo dietro a questo successo, ma tutta la nazione e, pertanto, il premio andava assegnato al Popolo Sovietico.
Ancora più efficace il messaggio di uguaglianza di genere e di razza proclamato dopo la missione Vostok-6 ed il volo di Valentina Tereskhova. Una figlia del popolo, orfana di guerra, operaia, vola come un gabbiano (Cjaika, Gabbiano fu il suo nominativo radio, infatti) nello spazio a dimostrazione della vera uguaglianza che le donne sovietiche potevano vantare nel lavoro. Singolare fu il fatto che, per vederne un’altra, dovremo poi aspettare Svetlana Savitskaja, vent’anni dopo.
Per rimarcare il concetto che esiste un solo “Dio”, il Partito e la Nazione Sovietica, la frase calzata a forza su Gagarin (che invece era credente): Non c’è nessun Dio!
In realtà la frase originale, di Majakovskji, recitava così, più di 40 anni prima:
“Hanno osservato il cielo in lungo ed in largo ma non furono trovati né angeli né Dei”, frase pronunciata, con qualche modifica, da Gherman Titov durante la sua visita negli Stati Uniti.
Insomma, la battaglia a colpi di manifesti fu martellante, intensa e pittoresca. Spesso queste opere, al di là della retorica, erano di un grande impatto visivo, alcuni dei veri capolavori della cartellonistica con colori accesi e contrasti forti. Insomma: dovevano lasciare il segno!
Ancora oggi sono oggetto di culto tra i collezionisti con quotazioni, per gli originali, veramente importanti. Così come lo sono, e forse ancora di più, le migliaia di bellissime cartoline di auguri per il nuovo anno che raffigurano, in delicati acquerelli, Nonno Gelo (la versione russa di Babbo Natale), la sua nipotina Sgnekzushka (fiocchettino di Neve) e l’immancabile piccolo cosmonauta pronto a portare l’albero di Natale, con un’immancabile puntale a forma di stella rossa, a spasso per lo spazio cosmico.
Vi lascio ad una selezione delle immagini più significative. Guardatele a cuor leggero come il retaggio di una stagione di confronto dai toni sì retorici, ma anche di ingenue aspettative di un futuro radioso nelle vie del cosmo.
Nikita Krushev e la famosa scarpa sbattuta sul tavolo all'assemblea generale dell'ONU
La madrepatria chiama! Anno 1940
In nome della Pace! Anno 1959
Quando è l’ora del primo Cosmonauta, Yuri Alexeievich Gagarin, ecco che il nuovo Eroe della madrepatria, come un novello Prometeo con in mano la scintilla della conoscenza, ci dice che «La Favola diventa realtà».
E’ il 12 aprile 1961
Il Mondo ha nuovi eroi:
come Colombo e Magellano i cosmonauti aprono nuovi orizzonti e questo grazie al Grande Partito Comunista dell’URSS
Questo uno dei tanti poster che glorificano le imprese spaziali rese possibili grazie al Partito.
In questo poster, come in una parata del Primo Maggio, le quattro Vostok dalla 1 alla 4 volano orgogliose negli spazi siderali recando le insegne del partito (KPSS Kommunicistija Partja Sovjeskovo Sojuza, Partito Comunista dell’Unione Sovietica).
Sotto, sorridenti, i loro paladini:
Gagarin, Titov, Nikolajev, Popovic
«Gloria al partito Comunista dell’URSS» 1962
«Gloria all’eroina cosmonauta» 1963
«Gloria agli eroi del Cosmo! Gloria al Popolo Sovietico» 1963
«Hanno osservato il cielo, in lungo ed in largo, ma non furono trovati né Dei ne Angeli»
(Majakovskji)
Ded Moroz e la sua nipotina Sgnekzushka (fiocchetto di neve), insieme all’orso, la volpe ed il coniglietto danno il benvenuto al piccolo cosmonauta.
Questa è la mia preferita…
E la Luna no?
Ed ecco il Lunokhod portare l’albero di Natale (sempre con puntale a stella rossa) sulla superficie Selenica…
Visite
Di questo argomento, il 5 ottobre 2022, ne ho parlato insieme agli amici di "Passione Astronomia" in una serata che potrete rivedere su YouTube cliccando nel video presente nel box a fianco.