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La follia nel calcio come disturbo mentale: Martin Bengtsson e la sua storia


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Non è mai stato facile adattarsi in un mondo più grande di sé, in cui tutti hanno grandi aspettative e si è obbligati a sacrificarsi e a darsi alle proprie passioni per soddisfare il pubblico. Ma come influisce ciò sulla mente di giovani ragazzi che si approcciano fin da piccoli al mondo del calcio? Che conseguenza ha venire in contatto con questo sport e con tutto ciò che lo circonda? A parlarne è stato il promettente calciatore della primavera dell’Inter Martin Bengtsson che, sottoposto alle pressioni dei suoi allenatori, dei dirigenti della società e soprattutto del pubblico, ha perduto il senno e per evadere da questa realtà che lo stava logorando, ha trovato riparo nel tentato suicidio. Fin dalla giovane età di sette anni, si era avvicinato al mondo del calcio insieme al padre ed aveva così conosciuto la Serie A, prendendo come esempio il calciatore del Milan, Marco Van Basten. Iniziò ad allenarsi per cinque o sei ore al giorno, dedicandosi appieno alla sua passione più grande: il calcio.

Il giovane svedese riuscì così a salire di livello e a migliorare così tanto le sue prestanze che all’età di diciassette anni divenne uno dei calciatori più ricercati in Europa, tanto che a contenderselo c’erano squadre di grandissimo valore come l’Ajax o il Chelsea.

Fu proprio a quest’età che si realizzò il suo sogno: quello di giocare nel campionato italiano. L’Inter lo chiamò per una prova di due settimane e iniziarono gli allenamenti con la Primavera ed emersero le sue tecniche e capacità. Conobbe i più grandi giocatori della prima squadra nero azzurra, tra cui Cambiasso e Materazzi, e rimase stupito nel vedere che poteva reggere il loro stesso livello. L’Inter lo prese ed iniziarono così i problemi: l’ambiente in cui si trovava era ostile, ciò era causato dai rapporti che aveva con i suoi compagni che, a causa delle sue capacità, non lo includevano nel gruppo per paura che fosse tolto loro il posto nella squadra. A peggiorare la sua condizione mentale, fu un infortunio a causa del quale dovette cessare per un periodo con gli allenamenti e le partite. Era attento a tutto ciò che mangiava, passava ore ad allenarsi ed appuntava tutto ciò che faceva nella sua giornata su un diarietto che nel tempo è divenuto la sede delle sue poesie. L'unico posto che aveva dove rifugiarsi era la sua Fiat che aveva comprato per imparare a guidare, dove anche i calciatori che sono gli idoli e i punti di riferimento di tanti giovani ragazzini, possono mostrare le loro fragilità senza pensare al giudizio degli altri.

La pressione diventava ogni giorno più pesante, era difficile tenere il ritmo e restare lucidi mentalmente in un ambiente che si aspetta sempre di più da te: Martin tentò così il suicidio.

Fortunatamente riuscì a salvarsi e da lì imparò ed apprese quanto fosse più importante la salute mentale rispetto al soddisfare le aspettative degli altri. Riprese in mano la sua vita e si dedicò alla scrittura, cosa che fa tutt’ora nel suo paese natale, la Svezia, dove si prende cura della sua famiglia. Ha inoltre molto a cuore la salute mentale dei giovani calciatori per evitare loro ciò che hanno dovuto subire tanti calciatori come lui stesso: tiene infatti delle conferenze nelle quali parla a dei dilettanti professionisti per portarli a conoscenza della sua storia.

In un mondo così maschilista come quello del calcio, è veramente difficile dare spazio alle fragilità degli atleti sottoposti a varie pressioni in quanto per molti è più importante guardare al risultato ottenuto e alla soddisfazione del pubblico che alla salute e al benessere mentale.




Anastasia Merli