Interamniae Populus 

ANEDDOTI E BILANCI DEI DISORDINI PROVOCATI A TERAMO, DURANTE IL PERIODO DEL GOVERNO FRANCESE.

L’arrivo dei Francesi a Teramo: dicembre 1798. Il 19 dicembre del 1798, le truppe Francesi, guidate dal generale Charles Leimone, fecero irruzione in Teramo, entrando da Porta San Giorgio (l’attuale Corso San Giorgio). Teramo era in festa, era la ricorrenza della morte del Santo Patrono Berardo da Pagliara, deceduto proprio a Teramo nel XII secolo, e la gente del Centro Storico si era unita in Cattedrale, per seguire le funzioni dedicate al Santo. Il generale Leimone fu accolto con reverenza, nella casa del nobiluomo Don Nicola Mariani, di una delle famiglie che avevano fatto parte, fino allo scioglimento del Parlamento Comunale del 1769, del Patriziato e del Governatorato delle Quarantotto, ovvero le quarantotto famiglie che, nella maggior parte dei casi, godevano di titoli nobiliari, delle quali non rimane quasi più nessuna traccia al giorno d’oggi in città. Don Nicola Mariani aveva sposato una gentildonna Napoletana, la Signora Teresa Lombardi, di una nobile famiglia di Napoli, qui trasferitasi da quel di Venezia. L’altro generale delle truppe Francesi, D. Domenico Rusca di Napoli, fu accolto in casa dall’Illustrissimo Barone Patrizio Teramano D. Alesio Tullii-Michitelli, e Rusca chiese al Tullii di entrare a far parte della Municipalità Francese, ma questi rifiutò con fermezza, e subito ci fu rivolta. Venne Saccheggiata la sua casa, che si trovava nell’attuale via Capuani, come vennero saccheggiate anche le dimore di D. Biagiantonio Michitelli, D. Giammichele Thaulero e di D. Gianfrancesco Nardi, la quale era situata in vico del Nardo, il vico che costeggia l’edificio del nostro Liceo, e dalla presenza di tale famiglia Nardi, originaria di Cervaro (Crognaleto), se ne trae la denominazione “Nardo”. Il Barone Tullii fu costretto ad abbandonare Teramo alla volta di Borgo Velino, in provincia di Rieti, dove morì il 30 aprile 1799, lasciando la moglie Angela Quartapelle, nipote del celebre agronomo Berardo, e il figlio Gianfrancesco, che fu sindaco di Teramo nel 1809. Nonostante le tensioni tra i Francesi e la famiglia Tullii, Gianfrancesco riuscì ad accasarsi con la signorina Barbara Pousset-Metzingher di Porto Longone, figlia di un’altra personalità di spicco delle guarnigioni Francesi a Teramo, Leandro Pousset. Altre figure da individuare furono: il Capitano Simone Caraillon di Marsiglia, le guardie di polizia Pietro e Gregorio Bouche’, nati a Napoli, ma di origine Francese, Giovacchino Cugliari di Sant’Onofrio, capitano del Reggimento “Principessa”, Paolo Troiani, capitano di Navelli (L’Aquila), Carlo Gallotti di Napoli, Giuseppe Maria Bruschard, Biase Tampano, Dionisio Petrini, il Conte Prospero Stella di Palermo, e il capitano dei Carabinieri Achille Procida. Nel periodo Francese, fu inoltre istituito un organo di Polizia, che fu incaricata di respingere con la pena di morte, tutti coloro che erano accusati di cospirazione contro il nuovo governo, tra cui i briganti e gente del popolo. Mi piacerebbe raccontare un aneddoto molto particolare, un avvenimento accaduto a Teramo nel giugno del 1807, e che vide coinvolto un fornaio di indole violenta.

LA CONDOTTA TENUTA DAL FORNAIO NICOLA SULPIZII DI TERAMO, E DALLA MOGLIE ANGELA MARIA IMPALONI. Nel mese di giugno del 1807, si presentarono all’Intendente, che oggi chiameremmo Prefetto, il Marchese Pietro De Sterlich, diversi individui, si riempì il portico dell’Intendenza, in quei giorni di giugno. (il cui palazzo Pellicciante è ancora ubicato in via Trento e Trieste). Con tutta la devozione a S.M. il Re, l’Intendente si accinse a ricevere gli individui che mostravano di lamentarsi con un fare piuttosto minaccioso. Il primo che si presentò, il 4 giugno, fu don Nicola Cichetti, che disse di vivere nobilmente (infatti la sua famiglia aveva anche fatto parte del Patriziato delle Quarantotto), e di abitare nel Rione di San Giorgio, nelle vicinanze del piazzale di Sant’Agostino. Egli dichiarò che, il giorno prima, verso le ore sedici e trenta, mandò una sua servetta, che si chiamava Annunziata Santori, nativa di Mosciano, a comprare tre grani di pane dal fornaio Nicola Sulpizii, poiché mancava in casa. La servetta vide, come di solito, le pagnotte esposte sul bancone, chiese di poter acquistarne tre grani, ma la moglie del Sulpizii, che era addetta alla vendita, si rifiutò con fermezza ed ostinatezza, di venderle il pane, poiché farneticava di aver ricevuto ordine dal Sindaco, ma era una bugia a tutti gli effetti, di non vendere assolutamente il pane ai Nobili, e che essi potevano farselo tranquillamente in casa. Fu tanta la tensione tra la donna e la servetta, che il fornaio che abitava dirimpetto, chiamato “Tonnarello”, offrì subito la possibilità di vendere alla servetta i tre grani. Il giorno dopo tali denunce, si presentò all’Intendente, un contadino di Magnanella, Donato Lucidoni, che disse di essere stato cacciato violentemente dalla moglie del fornaio, ancor prima di poter comperare il pane. Avvenimento simile accadde al parroco curato di Magnanella, Don Giuseppe Malaspina, che disse di essersi recato dal Sulpizii, per acquistare sei grani di pane, per poter fare colazione, ma il fornaio stesso lo allontanò con un bastone, insultandolo pesantemente, lanciandogli gravi invettive. Dopo le varie denunce, il fornaro Nicola Sulpizii venne incarcerato, ma negò tutto ciò che gli era stato contestato, e fu rilasciato due giorni dopo l’arresto, per aver dimostrato pentimento, affermando che era stato malinteso.

Fonti: A.S.T.E, archivio di Stato di Teramo, fondo della Polizia Francese, b. 2, anno 1807, fasc. 9.

Francesco di Giuliantonio