Alumna interpretatur

Il dottor Jekyll e Mr. Hyde

“La confessione di Henry Jekyll”, Capitolo 10, Robert Louis Stevenson.

“Il dottor Jekyll e Mr. Hyde” è uno dei più grandi capolavori inglesi esistenti. Scritto dal celebre Robert Louis Stevenson e pubblicato, nel 1886, narra la triste ed infelice storia del noto e stimato dottor Jekyll. Egli, ingerendo una pozione ottenuta da sali particolari, tramuta se stesso in una creatura orrenda e crudele, capace di compiere le più terribili atrocità. Jekyll è inizialmente soddisfatto dell’esperimento riuscito in quanto è stato in grado di scindersi in due esseri ben distinti. Ben presto però la situazione gli sfugge di mano fino

a quando, dopo tormenti patiti e misfatti non compiuti da lui, si identificherà spontaneamente con lo stesso Hyde. Il passo qui proposto, ossia le ultimissime due pagine del capitolo finale del libro, il X, racconta gli ultimissimi momenti di vita di Henry Jekyll il quale confessa come l’efficacia della pozione fosse dovuta all’impurità di uno degli ingredienti adoperati, di come Hyde fosse terribilmente attaccato alla vita e di come, purtroppo, sia costretto, per frenare questo essere malefico, al suicidio.

L’odio invece che Hyde provava per Jekyll era di diversa natura. Il terrore della forca lo spingeva in continuazione a momentanei tentativi di suicidio per riportarlo alla condizione subordinata di parte invece che di persona intera; ma quell’esigenza gli ripugnava come gli ripugnava lo stato di abbattimento in cui in quei casi Jekyll cadeva, e poi gli dava molto fastidio il disprezzo con cui era considerata la sua persona. A questo erano dovuti gli scherzi scimmieschi che mi faceva, quando scarabocchiava bestemmie sulle pagine dei miei libri ricorrendo alla mia grafia, quando mi bruciava le lettere e distruggeva il ritratto di mio padre. E non c’è dubbio che, non fosse stato per la paura che aveva di morire, si sarebbe da tempo rovinato per trascinare anche a me in quella rovina. Ma l’amore che Hyde prova nei confronti della vita è stupendo; dirò di più: ogniqualvolta io, che solo a pensarlo mi sento venir meno e sento il sangue farsi ghiaccio, ricordo l’abiezione e la passione che lo lega alla vita, quando mi rendo conto di quanto tema il potere che io ho di recidere quel suo legame a essa attraverso il suicidio, sento, nel profondo del mio cuore, di avere pietà per lui. Ma prolungare ancora questa descrizione è del tutto inutile e il tempo ormai stringe terribilmente. Nessuno ha mai patito tormenti come i miei, basti dire questo. Anche se poi, persino a questi l’abitudine ha portato, non dico sollievo, ma una certa assuefazione sorda dell’anima, una sorta di acquiescenza della disperazione. La mia punizione sarebbe potuta continuare per anni se non fosse per quest’ultima calamità, giunta improvvisa, che ha infine separato me dal mio volto e dalla mia natura originaria. La provvista che avevo di sali, non più rinnovata dalla data di quel mio primo esperimento, aveva cominciato a scarseggiare. Mandai ad acquistarne altro e lo unii alla droga; l’ebollizione iniziò seguita dal primo cambiamento di colore, ma non dal secondo. La bevvi, ma non ebbe alcun effetto. Poole ti racconterà come abbia setacciato tutta Londra. Invano. Ora sono convinto che fosse la prima scorta ad essere impura e che fosse proprio a quell’impurità di cui non sapevo che si dovesse l’efficacia della pozione. È ormai passata quasi una settimana e sto terminando questo scritto grazie a quanto mi rimane di quei vecchi sali. Questa è quindi l’ultima volta, a meno che avvenga un miracolo, che Henry Jekyll è in grado di pensare i pensieri che sono suoi o di vedere il volto ( ormai tanto tristemente mutato) che gli appartiene, in questo specchio. Né posso tardare troppo a lungo a concludere questo mio scritto, perché se fino a questo momento esso è sfuggito alla distruzione, così è stato unicamente grazie a una felice combinazione di grande cautela e grande fortuna. Se gli spasimi della metamorfosi mi prendessero nel momento in cui scrivo, Hyde lo farebbe a pezzi; se invece sarà passato del tempo dopo che l’avrò terminato e messo da parte, lo stupendo egoismo di Hyde e la sua capacità di concentrarsi solo sull’immediato, salveranno, forse, queste carte dal suo dispetto scimmiesco. E senza dubbio la condanna finale che pende su entrambi ha già trasformato e piegato anche lui. Di qui a mezz’ora, quando avrò di nuovo e per sempre rivestito quell’odiosa personalità, so come me ne starò tremante e in lacrime, seduto nella mia poltrona, oppure in piedi, tutto teso e pieno di terrore nell’estasi dell’ascolto, avanti e indietro per questa stanza (l’ultimo mio rifugio terreno) attento a ogni suono di minaccia. Sarà sul patibolo che morirà Hyde? Oppure troverà il coraggio di liberarsi, all'ultimo istante? Dio solo lo sa. Non mi riguarda. Questa è la mia ultima ora, quella vera, della morte, e ciò che verrà dopo riguarda un altro. Qui dunque, a questo punto, nel momento in cui poso la penna e sigillo la mia confessione, termino la vita dell’infelice Henry Jekyll. 

Giorgia di Massimo